Toscana

Chi ha paura di quel Bambino?

Invece della consueta rappresentazione di Natale, la favola di Cappuccetto Rosso. «Virtù» al posto della parola «Gesù» in una canzoncina natalizia. «Stella» di Venditti invece di «Tu scendi dalle stelle». Capita anche questo nella nostra Italia. Ma capita anche che quelli che invitavano a non dare l’8 per mille alla Chiesa, perché «dalla parte degli immigrati», oggi reclamino a gran voce il presepio in ogni luogo pubblico e paventino l’assalto islamico alle nostre tradizioni cristiane. Discorsi che si mescolano anche alla recente sentenza della Consulta sull’esposizione del Crocifisso nelle scuole.

Anche in Toscana ci sono scuole dove un malinteso senso di rispetto verso le altre culture ha portato a decisioni assurde sul piano educativo e culturale, oltre che a situazioni paradossali. Se nella recita natalizia non si può spiegare che cosa ricorda quella festa, a prescindere da qualsiasi questione di fede religiosa, chi ci rimette prima di tutto è la scuola che non aiuta gli alunni a capire. E che senso ha rinunciare al Presepio e invece addobbare un albero o far vestire qualcuno da Babbo Natale? Non son forse anche quest’ultimi dei simboli dell’evento della nascita di Gesù? O forse questi hanno più cittadinanza perché se ne è impossessata la società dei consumi?

Per fortuna non mancano anche episodi in netta controtendenza. A Prato, alla «Cesare Guasti», la scuola più multietnica della Toscana (è straniero un bambino su tre), il presepio l’allestiscono tutti insieme, bambini italiani, musulmani, cinesi. E nessuno protesta, perché questa attività rientra a pieno nel percorso educativo di integrazione culturale che quella scuola si è data. Anche a Firenze, all’Istituto tecnico agrario, all’interno di un progetto di cooperazione che dura da tempo con l’antica Efraim, in Terra Santa, gli auguri di Natale li faranno insiene il rabbino di Firenze Levi, l’imam Iezzin e un rappresentande della diocesi.

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