Toscana

GORGONA: SETTANTA DETENUTI A SCUOLA DI AGRICOLTURA

A Prato le vigne girano all’interno dei muri della casa circondariale, inframezzate agli orti. E quello che producono finisce nei negozi della città. A Volterra l’Arsia, ovvero l’agenzia regionale per lo sviluppo in agricoltura, organizza da un paio di anni con Slow food le “cene galeotte”. Alla Gorgona, dove oggi si è recato in visita istituzionale il presidente della Regione Claudio Martini, si producono vino, olio e formaggi. Si allevano anche pesci ed animali da cortile. E un ex detenuto, dopo aver frequentato i corsi organizzati all’interno del carcere sempre da Arsia l’anno scorso, ha già trovato lavoro in un’azienda di Greve in Chianti. L’agricoltura nelle carceri, come possibile percorso per il reinserimento dei detenuti nella società, non è una novità assoluta. Esperienze simili ci sono anche in altre parti d’Italia e fuori Italia. Il modello messo in pratica alla Gorgona sarà però ora replicato in tutta la regione. Arsia e Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria per la Toscana hanno infatti firmato un accordo che mira ad estendere la formazione sull’agricoltura e sulla ruralità a tutto il sistema carcerario toscano. In modo strutturato, a partire dagli istituti di Sollicciano, Prato, San Gimignano e Volterra, dove i prodotti, anziché coltivati, potrebbero essere lavorati e trasformati. Ovunque con un duplice obiettivo: aiutare il recupero dei detenuti, facilitare la loro integrazione e sostenere lo sviluppo rurale. Lo hanno spiegato nel corso di una conferenza stampa sull’isola, insieme al presidente Martini, l’amministratore dell’Arsia Maria Grazia Mammuccini, il provveditore regionale dell’Amministrazione penitenziaria Maria Pia Giuffrida e il direttore della Casa di reclusione di Gorgona Carlo Mazzerbo. Alla Gorgona mediamente non abitano più di duecento persone. Quasi tutte legate al carcere: tra i settanta e gli ottanta detenuti (ma in passato sono stati anche 160), una trentina di poliziotti e i pochissimi abitanti, alcune decine, che vivono nelle case del demanio del vecchio villaggio dei pescatori. Luisa, 80 anni passati, ci vive tutto l’anno. Gli altri, eredi dei Citti, Dodoli e Frascati che nell’Ottocento furono i primi colonizzatori, tutti originari di Bagni di Lucca, spesso vanno e vengono. A questi si aggiungono i familiari in visita ai carcerati, d’estate le famiglie dei poliziotti, qualche turista giornaliero che arriva due o tre volte la settimana da Rosignano e lavoratori di passaggio. In futuro potrebbero forse arrivare anche scolaresche, per gite di tre giorni. La colonia penale a indirizzo agro-zootecnico – così è definito l’istituto di pena della Gorgona – mette in pratica di fatto quanto sancito dall’articolo 27 della Costituzione, che prevede il recupero dei carcerati e non solo la repressione dei reati. Non tutti i carcerati però possono scontare la pena alla Gorgona. Lo spiega il direttore dell’istituto Carlo Alberto Manerbo. Si deve anzitutto fare una domanda. Si deve passare una successiva e severa selezione, per la natura di regime aperto dell’istituto e l’autodisciplina che dunque è richiesta. Non vengono accettati tossicodipendenti e alcolizzati, stupratori, chi si è macchiato di crimini verso i bambini o chi appartiene alla criminalità organizzata. Il fine pena non deve inoltre essere superiore ai dieci anni.