Toscana

LIBIA: MONS. LAHHAM (TUNISI), “PERCORSO VERSO STABILITÀ NON SARÀ SEMPLICE”

“E’ troppo presto per dire come cambierà la situazione. La Libia non è una nazione con un unico popolo, è composta di tante tribù. Il percorso verso la democrazia e la stabilità non sarà semplice. Il terreno è meno preparato di quello della Tunisia”. E’ il parere di mons. Maroun Lahham, arcivescovo di Tunisi, che commenta al SIR la morte del leader libico Gheddafi e i cambiamenti che seguiranno. Secondo mons. Lahham le immagini mostrate in tv sono “troppo dure”, viste le modalità della cattura e uccisione: “Certo, Gheddafi non era padre Pio – osserva, con un pizzico di ironia -, ma umanamente non si fa così. Se l’avevano catturato ferito dovevano tenerlo vivo e processarlo”. In Tunisia – in affitto, in alberghi o presso amici – vivono migliaia di libici in fuga dal conflitto: “Ieri hanno fatto festa tutto il pomeriggio e tutta la sera – racconta l’arcivescovo -, ma se fossi libico aspetterei un po’ prima di rientrare in patria”. Intanto al confine tra Tunisia e Libia, vicino al valico di Ras Jedir, è ancora aperto il campo Echoucha, che ospita ancora circa 3.000 richiedenti asilo, soprattutto eritrei, somali, etiopi e africani sub-sahariani che lavoravano in Libia. “La responsabile del campo mi ha detto che sperano di chiudere verso Natale – annuncia mons. Lahham -. Dicono che ogni mese partono 500 rifugiati eritrei e somali, anche se i conti non tornano. Forse ora qualcosa cambierà”. Intanto in Tunisia si avvicina la data delle elezioni, domenica 23 ottobre. Oggi è il penultimo giorno della campagna, domani ci sarà il silenzio elettorale. I risultati, con i nomi dei 217 membri che faranno parte dell’Assemblea Costituente, saranno dati 48 ore dopo le elezioni e il 9 novembre il governo attuale passerà le consegne al nuovo governo, che sarà stato eletto dalla Costituente. Durerà in carica fino alla pubblicazione della nuova Costituzione, poi si terranno le elezioni presidenziali e parlamentari. “Oggi siamo preoccupati per il nostro Paese – conclude mons. Lahham -, poi a novembre ci saranno le elezioni in Egitto. Solo dopo si potrà dire se avremo fatto qualche passo in avanti verso la democrazia”.