Toscana

Maltempo: geologi, «maggior cura del reticolo idrogeologico per prevenire disastri a ogni pioggia»

«La strage strisciante continua, 50 anni dal disastro del Vajont sono serviti se non a nulla, a poco. Anche in Toscana». Inizia la stagione delle piogge, ed è subito emergenza alluvioni. Maria Teresa Fagioli, presidente dell’Ordine dei Geologi della Toscana, parla di necessità di interventi di manutenzione e di prevenzione. «Il cinquantesimo anniversario della strage di Longarone, viene celebrato in Toscana e Puglia con l’apertura delle stagione dei disastri idrogeologici, anche se di minor rilevanza». I morti, in Toscana, sono arrivati da piccoli corsi d’acqua, fossi, che all’improvviso si gonfiano. «Nuovamente a far vittime è stata quella rete minore  della quale spesso è complicato anche individuare il soggetto responsabile della manutenzione. Manutenzione nei secoli curata da contadini e montanari, la cui cultura si è rarefatta ed estinta quando queste operose generazioni di nostri antenati hanno avuto la possibilità di sfuggire alla miseria cui erano state costrette».

Attenzione politica. Ecco che quindi occorre un doppio livello di attenzione. Primo tra tutto politico, poi mediatico. Ma «forse allora è il caso di dirlo chiaro: se non c’è la volontà politica di investire in manutenzioni che non ripagano in ritorni elettorali, se i geologi li si coinvolge sempre solo dopo che le scelte urbanistiche sono state fatte e finanziate, o quando il danno è avvenuto, se si preferisce incolpare il cielo (meteorologicamente parlando) per non ammettere l’assenza di vigilanza e tutela sul territorio, allora ad ogni pioggia si dichiari lo stato d’assedio, si chiudano la porte dell’Urbe e si attenda il sereno».

Parola d’ordine, manutenzione. Quello che pesa è la mancanza di cura del reticolo di regimazione delle acque. «Come per il Vajont, noi geologi sappiamo perfettamente che la rete idrografica minore, la meno curata, è un vero e proprio campo minato, che si innesca a ogni temporale intenso». C’è bisogno di una maggiore attenzione al problema, anche, soprattutto prima che accada un disastro. «È importante parlare di manutenzione dei fossi, di pulizia degli alvei, di segnalazioni agli automobilisti a non avvicinarsi neppure ai ponti quando il torrente, anche piccolino, li sormonta, di informazione ai cittadini, che non tentino di salvare la macchina dal box quando l’acqua lo sta invadendo, pena fare la fine del topo».

Attenzione mediatica. Oltre alla volontà politica, spesso manca la comunicazione del pericolo. «Almeno, si abbia il buon senso di segnalare la pericolosità di ponticelli e chiaviche, quando l’acqua li sormonta, perché  i cittadini, quelli che vivono in città, non ne conoscono il pericolo, e finisce che ci rimettono la vita». Purtroppo «come negli anni che precedettero il disastro del Vajont, anche oggi ci si guarda bene dall’informare, educare, avvisare l’opinione pubblica e le future potenziali vittime sullo stato di rischio in cui si trovano. Salvo poi lanciarsi sulla salma fresca, che “la morte in diretta” si sa, fa audience».