Toscana

Porto S. Stefano: pesca in ribasso

DI MARIANO LANDINIIl porto del capoluogo argentarino di Porto Santo Stefano si può considerare un vero «bazar» di attività che, negli anni, hanno avuto ognuna i loro alti e bassi. Dopo il rifacimento completo del dopoguerra – Porto S. Stefano fu raso al suolo dalle bombe alleate e, quindi, dalle mine dei tedeschi in ritirata – ci fu, negli anni ’60, il periodo del boom turistico, con gli yachts dei grandi personaggi dello spettacolo e della politica ed i potenti «Riva» che imperversavano divertendosi a far imprecare pescatori e bagnanti con le loro devastanti ondate. Quindi, con la costruzione del porto turistico di Cala Galera, dall’altra parte del Promontorio, con il calo del numero degli yachts e, contemporaneamente, con la creazione del nuovo molo di levante dell’ex «acqua purgativa», venne il periodo delle navi mercantili, che venivano a scaricare soprattutto componenti chimici per la fabbrica di concimi Sitoco di Orbetello. Con la chiusura della Sitoco, e siamo a una decina di anni fa, ci fu la riscoperta della flotta peschereccia, che sempre è stata florida in queste acque e che, specie in quel periodo, raggiunse livelli di primissimo piano nel Tirreno, facendo concorrenza anche alle agguerrite e potenti flotte adriatiche.

Oggi anche la pesca è in crisi, sia per l’invasione sul mercato del pesce di allevamento, sia per la difficoltà sempre maggiore di reperire mano d’opera fra i giovani per un mestiere così duro ed impegnativo. Per un certo periodo hanno supplito gli extracomunitari: oggi anche loro preferiscono lavori meno pesanti. E così molti armatori, approfittando dei periodici incentivi governativi che non incoraggiano certo questa attività, hanno preferito rottamare i pescherecci.

Attualmente sta andando per la maggiore la cantieristica. Non tanto quella della costruzione di nuove barche (anche questa attualmente in crisi), quanto quella di restauro di navi d’epoca, nella quale arte i «maestri d’ascia» di Porto S. Stefano si sono fatti un nome in tutto il mondo. E che si tratti di un’arte vera e propria ne è prova la recente mostra-museo nei locali della Fortezza spagnola, che ha raccolto foto ed arnesi utilizzati nei secoli dai maestri d’ascia santostefanesi.

Concludendo, possiamo affermare che oggi quello di Porto di S. Stefano, comprendendo anche il «porto vecchio» della Pilarella, è un porto «di tutto, di più»: turistico (specie per le imbarcazioni da diporto); peschereccio (per gli armatori che non si rassegnano al pesce allevato); mercantile (per le sempre più rare navi da carico, ma soprattutto per i traghetti che collegano l’Isola del Giglio); cantieristico (di qualità più che di quantità) e, infine, anche militare, per la presenza delle vedette della Finanza, della Capitaneria e dei Carabinieri e per le petroliere che, periodicamente, vengono a rifornire il locale Deposito dell’Aeronautica militare. Insomma, un vero e proprio «porto di mare»!I servizi• Livorno, un sogno durato poco• Piombino, la parola d’ordine è diversificazione• Viareggio, silenzio sul fronte del porto• Il marmo è la forza di Carrara• Le maglie nere delle spiagge toscane