Toscana

Quel laboratorio di Cascina che ha dato ragione ad Einstein

Albert Einstein aveva ragione: le onde gravitazionali esistono davvero, proprio come il grande fisico tedesco aveva predetto nella sua Teoria della relatività generale esattamente un secolo fa. La conferma sperimentale delle onde gravitazionali, singolari increspature dello spaziotempo che corrono alla velocità della luce e dall’ampiezza infinitesimale, suscitando comprensibile clamore mediatico, è avvenuta lo scorso 14 settembre 2015 nei laboratori Usa di Ligo. Sono arrivati primi gli americani, ma la scoperta coinvolge in pieno la ricerca italiana e un pezzo di Toscana, visto che la prova sperimentale delle onde gravitazionali è stata confermata da «Virgo», il rilevatore laser italiano all’interno dell’Osservatorio gravitazionale europeo (Ego) sito nella base di Cascina, in provincia di Pisa. E non a caso, congratulazioni ai ricercatori sono venute direttamente dal presidente del Consiglio Matteo Renzi ed il Governatore della Toscana Enrico Rossi ha da pochi giorni visitato la base scientifica di Cascina. Costato 78 milioni di euro, finanziato al 50% dall’Istituto nazionale di Fisica nucleare (Infn) e al 50% dal suo omologo francese Cnrs, «Virgo» è un gigantesco rivelatore laser costruito per catturare onde graviazionali, costituito da due bracci gemelli perpendicolari di 3 km lungo i quali, all’interno di grandi tubi a vuoto, viaggiano due fasci laser. I due fasci distinti sono stati creati dividendo un fascio laser unico iniziale usando uno specchio separatore. I due fasci sono poi riflessi, avanti e indietro per centinaia di volte, da speciali specchi in modo da aumentarne il percorso, allungando così virtualmente i bracci fino a 300 km.

L’Italia è presente in «Virgo» sin dall’ideazione del progetto e oggi vi lavorano cento ricercatori dell’Istituto nazionale di Fisica nucleare, impegnati 24 ore su 24 nella costruzione di «Advanced Virgo», il potenziamento di «Virgo» che partirà nella seconda metà del 2016 e afferenti alle sezioni Infn di Firenze-Urbino, Genova, Napoli, Padova, Perugia, Pisa, Roma, Trento.

Andrea Viceré è docente associato di Fisica all’Università di Urbino, associato all’Istituto nazionale di Fisica nucleare e all’interno di «Virgo» responsabile del gruppo di ricerca Infn Firenze e Urbino. I ricercatori del gruppo di Firenze-Urbino sono parte della collaborazione «Virgo» sin dalla sua fondazione negli anni ‘90 e attualmente guidano il progetto di potenziamento della base di Cascina.

Professore, nella stazione di «Virgo» di che cosa si occupa il suo team di scienziati?

«Siamo specializzati nella realizzazione delle fibre di silicio ultra resistenti che sostengono il sistema di specchi all’interno del rilevatore. Consideri che specchi del peso di oltre 40 Kg sono sostenuti da fili sottolissimi meno di mezzo millimetro. Immagini la tecnologia presente, il segnale che ci è giunto dallo spazio corrisponde ad un movimento degli specchi che è un milione di volte più piccolo delle dimensioni di un protone. La superficie degli specchi è così levigata che le dimensioni di eventuali irregolarità sono minori di un miliardesimo di metro e disperdono meno di un milionesimo della luce incidente. Il livello di tecnologia in Virgo è ai massimi livelli e per realizzarlo sono state sviluppate tecnologie avanzatissime alla cui costruzione hanno partecipato ditte altamente specializzate».

Che cosa realmente è accaduto nei laboratori americani e confermato poi nel centro ricerche «Virgo» di Cascina?

«Il segnale che abbiamo udito corrisponde molto bene a quello che ci aspettavamo. In pratica, è stata rilevata l’emissione di onde gravitazionali prodotte nell’ultima frazione di secondo del processo di fusione di due buchi neri, di massa equivalente a circa 29 e 36 masse solari, in un unico buco nero ruotante più massiccio di circa 62 masse solari: le 3 masse solari mancanti al totale della somma si sono convertite in onde gravitazionali, ed equivalgono ad una potenza 50 volte superiore la somma totale della potenza di tutte le stelle dell’universo. Il processo di fusione dei due buchi neri responsabile delle onde gravitazionali rivelate risale a quasi un miliardo e mezzo di anni fa, quando sulla Terra facevano la loro comparsa le prime cellule evolute in grado di utilizzare l’ossigeno».

Una cosa enorme…

«Assolutamente, che intanto ci consente di dimostrare in modo diretto l’esistenza di buchi neri nell’universo, cosa che fino ad oggi potevamo inferire solo indirettamente, con il movimento di stelle e gas nello spazio circostante, poiché la luce non può emergere da un buco nero e quindi questo è di fatto invisibile. Inoltre, trovano una conferma empirica alcune teorie astrofisiche sull’origine dell’universo, in cui si ipotizza l’esistenza di numerose grandi stelle composte di idrogeno ed elio. Insomma, avremo informazioni sull’universo primordiale a un tempo molto prossimo a quello del Big Bang».

Oltre alle teorie fisiche quali altre ricadute potrebbe avere questa sensazionale scoperta?

«È come avere a disposizione una nuova finestra sul mondo grazie ad una serie di informazioni complementari sulla formazione, l’evoluzione e l’origine dell’universo. Insomma, un altro modo di studio dell’universo, complementare a quello delle onde elettromagnetiche. Potremo leggere e misurare eventi che nessun telescopio potrebbe oggi rilevare. Faccio solo un esempio: capiremo qualcosa di più su quale potrebbe essere la sorgente dei gamma ray burst o lampi di raggio gamma, potenti esplosioni che accadono nell’universo. L’origine di queste esplosioni potrebbe nascere proprio dalla collisione di stelle di neutroni, secondo un meccanismo simile a quello dei buchi neri».

Altro?

«Ad oggi è impossibile pianificare tutte le ricadute di una simile scoperta. D’altronde, quando siamo in presenza di scoperte scientifiche così grandi e significative, è impossibile pretedendere una pianificazione al dettaglio. Ma certo una scoperta del genere spinge ancora più all’estremo la costruzione di strumenti di precisione e di calcolatori sempre più potenti per l’analisi dei dati».

Peccato che «Virgo» fosse spento, altrimenti….

«Non proprio spento, ma in fase di messa a punto. Stiamo ancora lavorando a migliorare le caratteristiche dell’interferometro pisano, dal disegno ottico alla qualità degli specchi, dalla potenza dei laser al sistema di compensazione termica delle aberrazioni, dall’isolamento sismico al sistema di monitoraggio ambientale. Il nuovo progetto avrà una sensibilità dieci volte maggiore del precedente, ampliando di mille volte il volume di universo osservabile».