Vita Chiesa

Card. Betori: no alla divisione tra «città dei turisti» e «città della gente»

«Sogno un nuovo umanesimo fiorentino, un costante cammino di umanizzazione, cui servono memoria, coraggio, sana e umana utopia», le parole di Betori sulla scorta di quelle pronunciate dal Papa per il conferimento del Premio Carlo Magno: «Sogno una Firenze giovane, capace di essere ancora madre: una madre che abbia vita, perché rispetta la vita e offre speranze di vita. Sogno una Firenze che si prende cura del bambino, che soccorre come un fratello il povero e chi arriva in cerca di accoglienza perché non ha più nulla e chiede riparo. Sogno una Firenze che ascolta e valorizza le persone malate e anziane, perché non siano ridotte a improduttivi oggetti di scarto». «Sogno una Firenze, in cui essere migrante non è delitto – ha proseguito il cardinale – bensì un invito ad un maggior impegno con la dignità di tutto l’essere umano. Sogno una Firenze dove i giovani respirano l’aria pulita dell’onestà, amano la bellezza della cultura e di una vita semplice, non inquinata dagli infiniti bisogni del consumismo; dove sposarsi e avere figli sono una responsabilità e una gioia grande, non un problema dato dalla mancanza di un lavoro sufficientemente stabile. Sogno una Firenze delle famiglie, con politiche veramente effettive, incentrate sui volti più che sui numeri, sulle nascite dei figli più che sull’aumento dei beni. Sogno una Firenze che promuove e tutela i diritti di ciascuno, senza dimenticare i doveri verso tutti. Sogno una Firenze di cui non si possa dire che il suo impegno per i diritti umani è stato la sua ultima utopia».

Firenze è «pericolosamente tentata di scindersi in un duplice volto: la città dei turisti, da cui pur dipende parte considerevole della vita economica, e la città della gente, che rischia di sentirsi espropriata della propria patria, che fatica a sopportare i disagi della modernizzazione e i segni di deterioramento, in alcuni casi anche di imbarbarimento, così difficili da controllare». Questo il grido di allarme lanciato dal cardinale Giuseppe Betori, che nella seconda parte dell’omelia della Messa celebrata oggi per la solennità di san Giovanni Battista ha esortato a reagire ad «ogni chiusura negli schemi precostituiti del pensiero politicamente corretto e delle ideologie consumistiche che si nutrono di egoismo e divisioni».

A proposito di «chiusure», il cardinale ha commentato a braccio: «Mi ha riempito di gioia vedere ieri in Piazza San Pietro accanto al Papa un gruppo di giovani rifugiati che noi abbiamo accolto e che sono ospiti dell’Istituto Universitario Europeo. La loro accoglienza è sostenuta e organizzata dalla nostra Caritas diocesana, lo hanno detto loro stessi a Papa Francesco ed è stato un momento molto bello».

Sempre a braccio, parlando dei segni di imbarbarimento di cui soffre a volte anche Firenze l’Arcivescovo ha detto: «Voglio esprimere la mia vicinanza al giovane animatore dell’oratorio dei Salesiani di via Gioberti, vittima nei giorni scorsi di un’aggressione a quanto sembra proprio per aver compiuto un gesto educativo».

«Giovanni – ha poi spiegato riferendosi all’esempio del Battista – ci insegna che non si vive per se stessi, ma con gli altri e per gli altri, nella relazione e nella responsabilità, come segno e richiamo della presenza di Dio nel mondo». «Di questa proiezione verso gli altri, del sentirsi realizzati non nella chiusura nei propri tornaconti ma nei legami con gli altri – la tesi del cardinale – abbiamo particolarmente bisogno oggi, in una società così frammentata da interessi contrapposti», perché «è sulle relazioni che si fonda l’unità e anche la coesione di una città». In concreto, per Betori, «vanno ricostruite le condizioni che permettano di vivere al tessuto minuto della società fiorentina, come pure dobbiamo pensare che chi viene da fuori non esaurisca la sua presenza tra noi tra shopping e selfies, ma gli venga fornito l’alfabeto per poter leggere la nostra bellezza».