Vita Chiesa

Francesco chiede perdono ai Valdesi

«Con grande gioia mi trovo oggi tra voi». Sono le parole che ha scelto Papa Francesco per iniziare il suo discorso nel Tempio Valdese di Torino. È il primo successore di Pietro a varcarne la soglia, in ottocento anni. Per augurare «grazia e pace» ai suoi ospiti, usa le parole di Paolo secondo la traduzione interconfessionale della Bibbia in lingua corrente. Poco dopo, il «mea culpa» per il quale sarà ricordato questo evento già storico: «Da parte della Chiesa cattolica vi chiedo perdono. Vi chiedo perdono per gli atteggiamenti e i comportamenti non cristiani, persino non umani che, nella storia, abbiamo avuto contro di voi. In nome del Signore Gesù Cristo, perdonateci!». Nelle parole di Papa Francesco, c’è la voglia di far prevalere la «fraternità», su tutte le colpe, gli errori, le divisioni del passato. I suoi interlocutori lo ricambiano chiamandolo «fratello», la parola maggiormente risuonata nel Tempio. Ogni volta che un esponente della comunità valdese finisce il suo saluto, Papa Bergoglio si alza per avvolgerlo in un caldo abbraccio, seguito da un applauso tributato dalle 400 persone presenti, oltre a 40 giornalisti ammessi al «pool» ristretto. Alla fine dell’incontro, il Papa ringrazia nuovamente per l’invito: «Vorrei ci confermasse in un nuovo modo di essere gli uni con gli altri: guardando prima di tutto la grandezza della nostra fede comune e, soltanto dopo, le divergenze che ancora sussistono».

Accoglienza tra amici. «La cordiale accoglienza che oggi mi riservate mi fa pensare agli incontri con gli amici della Chiesa Evangelica Valdese del Rio della Plata, di cui ho potuto apprezzare la spiritualità e la fede, e imparare tante cose buone». Per declinare la parola «accoglienza», il Papa si rivolge al suo amico argentino che l’ha appena preceduto nel saluto: «Nel Rio de La Plata negli ultimi decenni abbiamo fatto tante cose insieme», ricorda Oscar Oudri, moderador della Mesa Valdense di Uruguay e Argentina, «lottando fianco a fianco, imparando dal prossimo, al di là del proprio credo, per migliorare le condizioni di vita dei nostri popoli». Poi la proposta al «fratello Francesco»: «Un evento simile a questo in una delle nostre Chiese riformate». Il pastore Paolo Ribet, a nome della comunità ospitante, definisce il Papa «un nuovo fratello del nostro percorso». L’ecumenismo è «la fine dell’autosufficienza delle nostre Chiese», dice il moderatore della Tavola Valdese, Eugenio Bernardini, al suo «fratello in Cristo»: dell’Evangelii Gaudium, il pastore saluta con favore la visione dell’unità cristiana come «diversità riconciliata». Tra gli impegni comuni: il «no» a guerre che si combattono «nel nome di Dio» e «l’urgenza di proseguire e intensificare la testimonianza a favore dei profughi che bussano alla nostra porta».

La riscoperta della fraternità. «Uno dei principali frutti che il movimento ecumenico ha già permesso di raccogliere in questi anni è la riscoperta della fraternità», che «ci consente di cogliere il profondo legame che già ci unisce, malgrado le nostre differenze», assicura Francesco: «Si tratta di una comunione ancora in cammino – e l’unità si fa in cammino», fino alla «piena e visibile comunione nella verità e nella carità». Unità non è «uniformità». «L’unità che è frutto dello Spirito Santo non significa uniformità», precisa il Pontefice: «I fratelli sono accomunati da una stessa origine ma non sono identici tra di loro». «Purtroppo – la denuncia – è successo e continua ad accadere che i fratelli non accettino la loro diversità e finiscano per farsi la guerra l’uno contro l’altro». «Riflettendo sulla storia delle nostre relazioni, non possiamo che rattristarci di fronte alle contese e alle violenze commesse in nome della propria fede», le parole del Papa, che chiede «la grazia di riconoscerci tutti peccatori e di saperci perdonare gli uni gli altri»: «È per iniziativa di Dio, il quale non si rassegna mai di fronte al peccato dell’uomo, che si aprono nuove strade per vivere la nostra fraternità, e a questo non possiamo sottrarci». Poi la richiesta di perdono.

I frutti del dialogo. Le relazioni tra cattolici e valdesi oggi «sono sempre più fondate sul mutuo rispetto e sulla carità fraterna», sottolinea Francesco tracciando un bilancio delle «occasioni che hanno contribuito a rendere più saldi tali rapporti», come la recente redazione di un appello congiunto contro la violenza alle donne. Poi un esempio dal territorio: «Lo scambio ecumenico di doni» – il vino e il pane – compiuto, in occasione della Pasqua, a Pinerolo, dalla Chiesa Valdese e dalla diocesi.

«Incoraggiati da questi passi, siamo chiamati a continuare a camminare insieme». È la consegna del Papa, secondo il quale «un ambito nel quale si aprono ampie possibilità di collaborazione tra valdesi e cattolici è quello dell’evangelizzazione»: «Andiamo insieme incontro agli uomini e alle donne di oggi, che a volte sembrano così distratti e indifferenti, per trasmettere loro il cuore del Vangelo». Altro ambito per «lavorare sempre di più uniti» è quello del «servizio all’umanità che soffre, ai poveri, agli ammalati, ai migranti», per «testimoniare il volto misericordioso di Dio che si prende cura di tutti e, in particolare, di chi si trova nel bisogno». «La scelta dei poveri, degli ultimi, di coloro che la società esclude, ci avvicina al cuore stesso di Dio, che si è fatto povero per arricchirci con la sua povertà e, di conseguenza, ci avvicina di più gli uni agli altri», assicura il Papa: «Le differenze su importanti questioni antropologiche ed etiche, che continuano ad esistere tra cattolici e valdesi – il suo auspicio – non c’impediscano di trovare forme di collaborazione in questi e altri campi. Se camminiamo insieme, il Signore ci aiuta a vivere quella comunione che precede ogni contrasto».

*inviata Sir a Torino