Vita Chiesa

Papa Francesco, udienza: «aprite i vostri cuori, e la forza di Dio farà cose miracolose»

«Il Dio che si rivela ad Abramo è il Dio che salva, il Dio che fa uscire dalla disperazione e dalla morte, il Dio che chiama alla vita». Lo ha detto il Papa, che ha dedicato l’udienza di oggi a questa figura, partendo dall’interpretazione che ne dà San Paolo nella Lettera ai Romani. «Siamo abituati a riconoscere in Abramo il nostro padre nella fede», ha esordito Francesco: «Oggi l’apostolo ci fa comprendere che Abramo è per noi anche padre nella speranza, e questo perché nella sua vicenda possiamo già cogliere un annuncio della Risurrezione, della vita nuova che vince il male e la stessa morte». Nel testo, infatti, si dice che Abramo credette nel Dio «che dà vita ai morti e chiama all’esistenza le cose che non esistono» e poi si precisa: «Egli non vacillò nella fede, pur vedendo già come morto il proprio corpo e morto il seno di Sara» . «Questa è l’esperienza che siamo chiamati a vivere anche noi», l’invito di Francesco, secondo il quale «nella vicenda di Abramo tutto diventa un inno al Dio che libera e rigenera, tutto diventa profezia. E lo diventa per noi, per noi che ora riconosciamo e celebriamo il compimento di tutto questo nel mistero della Pasqua». Dio, infatti, «ha risuscitato dai morti Gesù», come scrive San Paolo, «perché anche noi possiamo passare in lui dalla morte alla vita». «E davvero allora Abramo può ben dirsi ‘padre di molti popoli’», ha commentato il Papa, «in quanto risplende come annuncio di un’umanità nuova, riscattata da Cristo dal peccato e dalla morte e introdotta una volta per sempre nell’abbraccio dell’amore di Dio».

«La nostra speranza – ha spiegato il Papa – non si regge su ragionamenti, previsioni e rassicurazioni umane

«Quando Dio promette – ha assicurato il Papa, parlando a braccio -, porta a compimento quello che promette. E allora la nostra vita assumerà una luce nuova, nella consapevolezza che Colui che ha risuscitato il suo Figlio risusciterà anche noi e ci renderà davvero una cosa sola con Lui, insieme a tutti i nostri fratelli nella fede», ha proseguito, concludendo la catechesi ancora a braccio: «Noi tutti crediamo, canteremo il Padre Nostro, riceveremo la benedizione, ma questo passa», ha detto ai 13mila fedeli presenti oggi all’appuntamento del mercoledì. «Se oggi abbiamo il cuore aperto, tutti noi ci incontreremo nella piazza del cielo, per sempre, che non passa mai! E questa è la promessa di Dio». «Questo è il paradosso e nel contempo l’elemento più forte, più alto della nostra speranza», aveva spiegato poco prima Francesco: «Una speranza fondata su una promessa che dal punto di vista umano sembra incerta e imprevedibile, ma che non viene meno neppure di fronte alla morte, quando a promettere è il Dio della Risurrezione e della vita». «E questo non lo promette uno qualunque, quello che lo promette è il Dio della Risurrezione e della vita!», ha sottolineato il Papa fuori testo: «Chiediamo oggi al Signore la grazia di rimanere fondati non tanto sulle nostre sicurezze, sulle nostre capacità, ma sulla speranza che scaturisce dalla promessa di Dio, come veri figli di Abramo».

Appello per la pace in Iraq. «Pregare affinché l’Iraq trovi nella riconciliazione e nell’armonia tra le sue diverse componenti etniche e religiose, la pace, l’unità e la prosperità», e «impegnarsi con tutte le forze nella protezione dei civili, quale obbligo imperativo e urgente», a partire dai quartieri occidentali di Mosul. È il doppio appello rivolto dal Papa, al termine dell’udienza, prima dei saluti ai fedeli di lingua italiana. «Sono lieto di salutare la delegazione di sovraintendenze irachene composta da rappresentanti di diversi gruppi religiosi», accompagnata dal card. Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, ha esordito Francesco, che stamattina, prima dell’appuntamento con i fedeli in piazza San Pietro, ha ricevuto nell’Auletta Paolo VI i partecipanti alla riunione del Comitato permanente per il dialogo tra il Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso e le Sovrintendenze irachene. «La ricchezza della cara nazione irachena sta proprio in questo mosaico che rappresenta l’unità nella diversità, la forza nell’unione, la prosperità nell’armonia», ha proseguito. Poi l’appello: «Cari fratelli, vi incoraggio ad andare avanti su questa strada e invito a pregare affinché l’Iraq trovi nella riconciliazione e nell’armonia tra le sue diverse componenti etniche e religiose, la pace, l’unità e la prosperità». «Il mio pensiero va alle popolazioni civili intrappolate nei quartieri occidentali di Mosul e agli sfollati per causa della guerra, ai quali mi sento unito nella sofferenza, attraverso la preghiera e la vicinanza spirituale», ha proseguito Francesco: «Nell’esprimere profondo dolore per le vittime del sanguinoso conflitto, rinnovo a tutti l’appello ad impegnarsi con tutte le forze nella protezione dei civili, quale obbligo imperativo ed urgente».