Vita Chiesa

Papa Francesco: udienza, «un popolo capace di fare bambini ha un futuro»

Il popolo colombiano è «un popolo gioioso, tra tante sofferenze ma gioioso, un popolo che ha speranza». Lo ha detto, a braccio, il Papa, ripercorrendo durante l’udienza di oggi, davanti a 13mila fedeli, le tappe del suo viaggio in Colombia.  «Una delle cose che mi ha colpito in tutte le città – ha proseguito Francesco sempre fuori testo – è la folla e, dentro la folla, i papà e le mamme con i bambini, che alzavano i bambini perché il Papa li benedicesse. Ma anche con orgoglio facevano vedere i loro bambini, come dicendo: ‘Questo è il nostro orgoglio, questa è la nostra speranza’». «Un popolo capace di fare bambini, e capace di farli vedere con orgoglio, come una speranza, è un popolo che ha futuro, e questo mi è piaciuto tanto!», ha esclamato il Papa ancora braccio, dopo aver espresso «un ringraziamento speciale al popolo colombiano che mi ha accolto con tanto affetto e tanta gioia».

«In questo viaggio ho sentito la continuità con i due Papi che prima di me hanno visitato la Colombia: il beato Paolo VI, nel 1968, e san Giovanni Paolo II, nel 1986. Una continuità fortemente animata dallo Spirito, che guida i passi del popolo di Dio sulle strade della storia», ha osservato il Papa. Al centro del suo ventesimo viaggio internazionale, come recita il motto «Demos El Primer Paso», c’è stato il «processo di riconciliazione che la Colombia sta vivendo per uscire da mezzo secolo di conflitto interno, che ha seminato sofferenze e inimicizie, procurando tante ferite, difficili da rimarginare». «Con l’aiuto di Dio il cammino è ormai avviato», il bilancio di Francesco: «Con la mia visita ho voluto benedire lo sforzo di quel popolo, confermarlo nella fede e nella speranza, e ricevere la sua testimonianza, che è una ricchezza per il mio ministero e per tutta la Chiesa». «La testimonianza di questo popolo è una ricchezza per tutta la Chiesa», ha ripetuto a braccio il Papa.

«La Colombia – come la maggior parte dei Paesi latinoamericani – è un Paese in cui sono fortissime le radici cristiane. E se questo fatto rende ancora più acuto il dolore per la tragedia della guerra che l’ha lacerato, al tempo stesso costituisce la garanzia della pace, il saldo fondamento della sua ricostruzione, la linfa della sua invincibile speranza». Ne è convinto il Papa, che si è soffermato sulla storia del Paese dilaniato da oltre 50 anni di guerriglia: «È evidente che il Maligno ha voluto dividere il popolo per distruggere l’opera di Dio, ma è altrettanto evidente che l’amore di Cristo, la sua infinita misericordia è più forte del peccato e della morte», ha affermato. «Questo viaggio è stato per portare la benedizione di Cristo, la benedizione della Chiesa sul desiderio di vita e di pace che trabocca dal cuore di quella nazione», la testimonianza di Francesco: «Ho potuto vederlo negli occhi delle migliaia e migliaia di bambini, ragazzi e giovani che hanno riempito la piazza di Bogotá e che ho incontrato dappertutto; quella forza di vita che anche la natura stessa proclama con la sua esuberanza e la sua biodiversità». «La Colombia è il secondo Paese al mondo per biodiversità», ha poi ricordato a braccio. «A Bogotá ho potuto incontrare tutti i vescovi del Paese e anche il Comitato direttivo della Conferenza episcopale latinoamericana», ha proseguito: «Ringrazio Dio di averli potuti abbracciare e di aver dato loro il mio incoraggiamento pastorale, per la loro missione al servizio della Chiesa sacramento di Cristo nostra pace e nostra speranza».

«La giornata dedicata in modo particolare al tema della riconciliazione, momento culminante  di tutto il viaggio, si è svolta a Villavicencio», ha ricordato il Papa. «La mattina c’è stata la grande celebrazione  eucaristica, con la beatificazione dei martiri Jesús Emilio Jaramillo Monsalve, vescovo, e Pedro  María Ramírez Ramos, sacerdote; al pomeriggio, la speciale Liturgia di Riconciliazione, simbolicamente orientata verso il Cristo di Bocayá, senza braccia e senza gambe, mutilato come il suo popolo», il racconto di Francesco ai 13mila fedeli presenti. «La beatificazione dei due martiri ha ricordato plasticamente che la pace è fondata anche, e forse soprattutto, sul sangue di tanti testimoni dell’amore, della verità, della giustizia, e anche di martiri veri e propri, uccisi per la fede, come i due appena citati», ha affermato Francesco, che ha poi rivelato: «Ascoltare le loro biografie è stato commovente fino alle lacrime: lacrime di dolore e di gioia insieme. Davanti alle loro reliquie e ai loro volti, il santo popolo fedele di Dio ha sentito forte la propria identità, con dolore, pensando alle tante, troppe vittime, e con gioia, per la misericordia di Dio che si stende su quelli che lo temono». «Misericordia e verità s’incontreranno, giustizia e pace si baceranno», ha detto il papa citando il Salmo 85, che «contiene la profezia di ciò che è avvenuto venerdì scorso in Colombia; la profezia e la grazia di Dio per quel popolo ferito, perché possa risorgere e camminare in una vita nuova. Queste parole profetiche piene di grazia le abbiamo viste incarnate nelle storie dei testimoni, che hanno parlato a nome di tanti e tanti che, a partire dalle loro ferite, con la grazia di Cristo sono usciti da sé stessi e si sono aperti all’incontro, al perdono, alla riconciliazione».

«Ciascun colombiano possa fare ogni giorno il primo passo verso il fratello e la sorella, e così costruire insieme, giorno per giorno, la pace nell’amore, nella giustizia e nella verità». Si è conclusa con questo augurio la catechesi dell’udienza di oggi, durante la quale, di fronte a 13mila fedeli, il Papa ha ripercorso le tappe del suo viaggio in Colombia. «A Medellín la prospettiva è stata quella della vita cristiana come discepolato», ha ricordato: «Quando i cristiani si impegnano fino in fondo nel cammino di sequela di Gesù Cristo, diventano veramente sale, luce e lievito nel mondo, e i frutti si vedono abbondanti». «Uno di questi frutti sono gli Hogares, le Case dove i bambini e i ragazzi feriti dalla vita possono trovare una nuova famiglia dove sono amati, accolti, protetti e accompagnati», ha proseguito Francesco citando la visita all’Hogar San Josè: «E altri frutti, abbondanti come grappoli, sono le vocazioni alla vita sacerdotale e consacrata, che ho potuto benedire e incoraggiare con gioia in un indimenticabile incontro con i consacrati e il loro familiari». Infine a Cartagena, la città di san Pietro Claver, apostolo degli schiavi, il «focus» è andato sulla promozione della persona umana e dei suoi diritti fondamentali: «San Pietro Claver, come più recentemente santa Maria Bernarda Bütler, hanno dato la vita per i più poveri ed emarginati, e così hanno mostrato la via della vera rivoluzione, quella evangelica, non ideologica, che libera veramente le persone e le società dalle schiavitù di ieri e, purtroppo, anche di oggi», il tributo del Papa. «Fare il primo passo», ha spiegato, «significa avvicinarsi, chinarsi, toccare la carne del fratello ferito e abbandonato. E farlo con Cristo, il Signore divenuto schiavo per noi. Grazie a Lui c’è speranza, perché egli è la misericordia e la pace».