Vita Chiesa

Papa Francesco: visita a Chiesa luterana Roma, «Mi piace fare il Papa con lo stile del parroco»

«La cosa che mi piace, sinceramente, è fare il parroco, fare il pastore. Non mi piace fare i lavori d’ufficio. Non mi piacciono questi lavori. Non mi piace fare interviste protocollari – questa non è protocollare, è familiare! – ma devo farlo. Perciò cosa mi piace di più? Fare il parroco». Così, ieri pomeriggio, ha risposto Papa Francesco a un bambino di 9 anni, durante la visita alla Chiesa evangelica luterana di Roma. E un tempo, «mentre ero rettore della facoltà di teologia, ero parroco della parrocchia che c’è accanto alla facoltà, e sai, mi piaceva insegnare il catechismo ai bambini e la domenica fare la Messa con i bambini. C’erano più o meno 250 bambini, era difficile che tutti stessero in silenzio, era difficile. Il dialogo con i bambini… Questo mi piace. Tu sei un ragazzo e forse mi capirai. Voi siete concreti, voi non fate domande campate in aria, teoriche». Ecco, «mi piace fare il parroco e, facendo il parroco, quello che più mi piace è stare con i bambini, parlare con loro, e s’impara tanto. S’impara tanto». Quindi, ha confidato: «Mi piace fare il Papa con lo stile del parroco. Il servizio. Mi piace, nel senso che mi sento bene, quando visito gli ammalati, quando parlo con le persone che sono un po’ disperate, tristi». E ha aggiunto: «Amo tanto andare in carcere, ma non che mi portino in galera!». Perché, ha spiegato, «ogni volta che io entro in un carcere, domando a me stesso: ‘Perché loro e io no?’. E lì sento la salvezza di Gesù Cristo, l’amore di Gesù Cristo per me. Perché è Lui che mi ha salvato. Io non sono meno peccatore di loro, ma il Signore mi ha preso per mano. Anche questo lo sento. E quando vado in carcere sono felice». Dunque, «fare il Papa è fare il vescovo, fare il parroco, fare il pastore. Se un Papa non fa il vescovo, se un Papa non fa il parroco, non fa il pastore, sarà una persona molto intelligente, molto importante, avrà molta influenza nella società, ma io penso – penso! – che nel suo cuore non è felice».

«Condividere la Cena del Signore è il fine di un cammino o è il viatico per camminare insieme? Lascio la domanda ai teologi, a quelli che capiscono. È vero che in un certo senso condividere è dire che non ci sono differenze fra noi, che abbiamo la stessa dottrina – sottolineo la parola, parola difficile da capire – ma io mi domando: ma non abbiamo lo stesso Battesimo? E se abbiamo lo stesso Battesimo dobbiamo camminare insieme». È la risposta che ha dato Papa Francesco a una donna luterana che gli chiedeva cosa fare per partecipare insieme al marito alla Cena del Signore. «Quando Lei si sente peccatrice – anche io mi sento tanto peccatore – quando suo marito si sente peccatore, lei va davanti al Signore e chiede perdono; suo marito fa lo stesso e va dal sacerdote e chiede l’assoluzione. Sono rimedi per mantenere vivo il Battesimo – ha evidenziato il Pontefice -. Quando voi pregate insieme, quel Battesimo cresce, diventa forte; quando voi insegnate ai vostri figli chi è Gesù, perché è venuto Gesù, cosa ci ha fatto Gesù, fate lo stesso, sia in lingua luterana che in lingua cattolica, ma è lo stesso». La domanda: e la Cena? «Ci sono domande alle quali soltanto se uno è sincero con sé stesso e con le poche ‘luci’ teologiche che io ho, si deve rispondere lo stesso, vedete voi. ‘Questo è il mio Corpo, questo è il mio sangue’, ha detto il Signore, ‘fate questo in memoria di me’, e questo è un viatico che ci aiuta a camminare».

Francesco alla domanda della signora ha risposto con una domanda: «Come posso fare con mio marito, perché la Cena del Signore mi accompagni nella mia strada? È un problema a cui ognuno deve rispondere. Ma mi diceva un pastore amico: ‘Noi crediamo che il Signore è presente lì. È presente. Voi credete che il Signore è presente. E qual è la differenza?’ – ‘Eh, sono le spiegazioni, le interpretazioni…’. La vita è più grande delle spiegazioni e interpretazioni. Sempre fate riferimento al Battesimo: ‘Una fede, un battesimo, un Signore’, così ci dice Paolo, e di là prendete le conseguenze». E ha concluso: «Io non oserò mai dare permesso di fare questo perché non è mia competenza. Un Battesimo, un Signore, una fede. Parlate col Signore e andate avanti. Non oso dire di più».

«L’uomo, dal primo momento – se noi leggiamo le Scritture – è un grande costruttore di muri, che separano da Dio» e «c’è una fantasia dietro i muri umani, la fantasia di diventare come Dio. Per me il mito, per dirlo in parole tecniche, o la narrazione della Torre di Babele, è proprio l’atteggiamento dell’uomo e della donna che costruiscono muri, perché costruire un muro è dire: ‘Noi siamo i potenti, voi fuori’». Ma in questo «noi siamo i potenti e voi fuori» c’è «la superbia del potere», ha detto ancora Papa Francesco, rispondendo alla domanda della tesoriera della comunità che porta avanti un progetto a favore dei rifugiati, durante la visita alla Chiesa evangelica luterana di Roma. Per il Pontefice, «il muro è il monumento all’esclusione. Anche in noi, nella nostra vita interiore, quante volte le ricchezze, la vanità, l’orgoglio diventano un muro davanti al Signore, ci allontanano dal Signore. Fare i muri». Ma, «come fare per non fare muri?». La risposta è «servizio. Fate la parte dell’ultimo», come Gesù che lava i piedi e ha dato l’esempio. Dunque, «servizio agli altri, servizio ai fratelli, alle sorelle, servizio ai più bisognosi. Con questa opera di sostenere le 80 giovani madri, voi non fate muri, fate servizio. L’egoismo umano vuol difendersi, difendere il proprio potere, il proprio egoismo, ma in quel difendersi si allontana dalla fonte di ricchezza. I muri alla fine sono come un suicidio, ti chiudono». Secondo il Santo Padre, «è una cosa brutta avere il cuore chiuso. E oggi lo vediamo, il dramma… Mio fratello pastore oggi ha nominato Parigi: cuori chiusi. Anche il nome di Dio viene usato per chiudere i cuori». Per evitare la rassegnazione e non erigere muri, occorre «parlare chiaro, pregare – perché la preghiera è forte – e servire. E servire». Infatti, «sempre col servizio, i muri cadranno da soli; ma il nostro egoismo, il nostro desiderio di potere cerca sempre di costruirli».

«Gesù durante la sua vita ha fatto tante scelte, questa che oggi abbiamo sentito sarà l’ultima scelta. Gesù ha fatto tante scelte, i primi discepoli, gli ammalati che guariva, la folla che lo seguiva e lo seguiva per ascoltare perché parlava come uno che ha autorità, non come i loro dottori della legge che si pavoneggiavano», ha detto ancora Papa Francesco, nell’omelia a braccio, tenuta durante la visita alla Chiesa evangelica luterana di Roma. Ma, ha aggiunto, «possiamo leggere chi era questa gente due capitoli prima, nel 23 di Matteo, no? No, in Lui vedevano autenticità. E quella gente lo seguiva, Gesù con amore faceva le scelte e anche le correzioni. Quando i discepoli sbagliavano nei metodi: ‘Facciamo che venga il fuoco dal Cielo…’ – ‘Ma voi non sapete qual è il vostro Spirito?’. O quando la mamma di Giacomo e Giovanni è andata a chiedere al Signore: ‘Signore, ti voglio chiedere un favore, che i miei due figli, nel momento del tuo Regno uno sia a destra, l’altro a sinistra…’, e Lui correggeva queste cose: sempre guidava, accompagnava». Ma anche dopo la Risurrezione «fa tanta tenerezza vedere come Gesù sceglie i momenti, sceglie le persone, non spaventa. Pensiamo il cammino a Emmaus, come li accompagna. Loro dovevano andare a Gerusalemme ma sono scappati da Gerusalemme per paura e Lui va con loro, li accompagna. E poi si fa vedere, li recupera. È una scelta di Gesù».

Accanto ai più poveri. C’è una «grande scelta» di Gesù, «quando prepara lo sposalizio del figlio e dice: ‘Ma andate all’incrocio dei cammini e portate qui i ciechi, i sordi, gli zoppi…’», che «sempre commuove» Papa Francesco, come ha spiegato ieri pomeriggio, nell’omelia durante la visita alla Chiesa evangelica luterana di Roma. «Buoni e cattivi. Gesù scelse sempre – ha sottolineato il Pontefice -. E poi la scelta della pecora smarrita. Non fa un calcolo finanziario: ‘Ma, ne ho 99, ne perdo una…’. No. Ma l’ultima scelta sarà la definitiva». E, ha proseguito, «quali saranno le domande che il Signore ci farà quel giorno: ‘Sei andato a messa? Hai fatto una buona catechesi?’. No, le domande sono sui poveri perché la povertà è al centro del Vangelo. Lui essendo ricco si è fatto povero per arricchirci con la sua povertà. Lui non ritiene privilegio di essere come Dio ma si è annientato, si è umiliato fino alla fine, fino alla morte di Croce. È la scelta del servizio. Gesù è Dio? È vero. È il Signore? È vero. Ma è il servo e la scelta la farà su quello. Tu, la tua vita l’hai usata per te o per servire? Per difenderti dagli altri con i muri o per accoglierli con amore? E questa sarà l’ultima scelta di Gesù». Per il Santo Padre, «ci dice tanto sul Signore questa pagina del Vangelo».

«Ma noi, luterani e cattolici, da che parte saremo, a destra o a sinistra? Ma ci sono stati tempi brutti fra noi… Pensate alle persecuzioni… fra noi! Con lo stesso Battesimo! Pensate a tanti bruciati vivi. Dobbiamo chiederci perdono di questo, dello scandalo della divisione, perché tutti, luterani e cattolici, siamo in questa scelta, non in altre scelte, in questa scelta, la scelta del servizio come Lui ci ha indicato essendo servo, il servo del Signore», ha chiesto il Papa. «A me piace, per finire, quando vedo il Signore servo che serve, mi piace chiedergli che Lui sia il servo dell’unità, che ci aiuti a camminare insieme – ha affermato il Pontefice -. Oggi abbiamo pregato insieme. Pregare insieme, lavorare insieme per i poveri, per i bisognosi; amarci insieme, con vero amore di fratelli». A chi potrebbe obiettare: «Ma, padre, siamo diversi, perché i nostri libri dogmatici dicono una cosa e i vostri dicono l’altra», il Santo Padre ha risposto: «Ma un grande vostro [esponente] ha detto una volta che c’è l’ora della diversità riconciliata. Chiediamo oggi questa grazia, la grazia di questa diversità riconciliata nel Signore, cioè nel Servo di Jahveh, di quel Dio che è venuto tra noi per servire e non per essere servito».