Vita Chiesa

Separazioni e cause di nullità: accompagnare le famiglie fragili

«La realtà è superiore all’idea» scrive Papa Francesco in Evangelii Gaudium: e parlando di famiglia, la realtà che abbiamo di fronte è fatta di una grande fragilità». Nel presentare le attività dell’anno 2017, durante il tradizionale «Dies annualis», del Tribunale ecclesiastico regionale Etrusco, il Vicario Giudiziale, monsignor Roberto Malpelo, è voluto partire proprio dalla realtà, presentando alcuni numeri eloquenti. In sette anni, dal 2007 al 2014, in Toscana ci sono state oltre 44mila separazioni. Facendo una proiezione si può immaginare che tra queste poco meno della metà – diciamo circa ventimila – riguardassero matrimoni concordatari, celebrati in chiesa. A fronte di questo dato, i matrimoni di cui è stata riconosciuta la nullità sono 1.232. Il confronto tra queste due cifre ci fa pensare a parecchie migliaia di persone che vivono situazioni matrimoniali di separazione, divorzio, abbandono, o magari di nuova unione (convivenza o matrimonio civile) senza verificare l’effettiva validità del loro matrimonio. Ovviamente, fa notare monsignor Malpelo, non tutti i matrimoni che finiscono con una separazione sono nulli: in molti casi però sarebbe utile per le persone potersi consultare con qualcuno che li aiuti a valutare se ci possono essere le condizioni perché sia riconosciuta dalla Chiesa la nullità del proprio matrimonio, in maniera da chiudere anche formalmente un’esperienza già umanamente finita.

Non è un caso se, nel documento «Amoris Laetitia», Papa Francesco pone il tema delle cause matrimoniali nel capitolo dedicato alle «prospettive pastorali». Durante il Sinodo sulla famiglia, riporta il Papa, «un gran numero di Padri ha sottolineato la necessità di rendere più accessibili ed agili, possibilmente del tutto gratuite, le procedure per il riconoscimento dei casi di nullità». A questi principi di accessibilità (ai quali è ispirata la riforma cui il Papa ha dato vita con il documento «Mitis Iudex») ha risposto in questi anni il Tribunale ecclesiastico della Toscana. A partire dall’applicazione, che si è mostrata pienamente rispondente alle intenzioni del Papa, dei processi in «forma brevior» (applicabile alle cause consensuali e in cui ci sono argomenti di prova particolarmente evidenti) che vengono celebrati a livello diocesano: una prassi ormai avviata nelle Chiese locali della Toscana. Per gli altri processi invece viene fatto ancora riferimento al Tribunale regionale, dove il contributo alle spese che viene richiesto è di 525 euro (ma può essere diminuito o azzerato in caso di situazioni di difficoltà economica) e dove è a disposizione un elenco di «patroni stabili» che forniscono assistenza gratuita, oppure un elenco di avvocati e procuratori che possono fornire assistenza secondo onorari prestabiliti.

La prospettiva è quella di essere sempre più «prossimi alla solitudine e alle sofferenze dei fedeli che attendono dalla giustizia ecclesiale l’aiuto competente e fattuale per poter ritrovare la pace delle loro coscienze»: sono le parole usate dal Papa in un recente discorso alla Rota romana, citate anche dal cardinale Giuseppe Betori, Arcivescovo moderatore del Tribunale, nel saluto che ha inviato ai partecipanti all’incontro (che si è svolto nel Seminario di Firenze).

Si capisce allora che la recente riforma preveda, come elemento decisivo, quello dell’accompagnamento pastorale delle persone che vivono situazioni «irregolari». Anche Amoris Laetitia lo afferma in maniera chiara: «Sarà pertanto necessario mettere a disposizione delle persone separate o delle coppie in crisi, un servizio d’informazione, di consiglio e di mediazione, legato alla pastorale familiare, che potrà pure accogliere le persone in vista dell’indagine preliminare al processo matrimoniale».

Proprio questo è il tema che quest’anno è stato scelto di affrontare durante il «Dies annualis», con l’interessante intervento di monsignor Marino Mosconi, Giudice del Tribunale ecclesiastico della Lombardia e docente di Diritto canonico. I tribunali ecclesiastici, ha sottolineato, sono chiamati a collaborare nelle diocesi con i servizi di pastorale matrimoniale, in modo da avviare quei percorsi di accompagnamento che (dopo aver verificato l’effettiva irreparabilità della crisi coniugale) possono, laddove ce ne siano le condizioni, portare ad avviare una causa per il riconoscimento della nullità del matrimonio.

Un servizio che si pone, quindi, a metà strada tra la pastorale familiare e l’assistenza giuridica. Monsignor Mosconi ha illustrato i diversi modelli con cui questo servizio è stato realizzato nelle diocesi italiane: sottolineano l’importanza del fatto che sia svolto sulla base del contatto personale (e non affidato, ad esempio, a una serie di istruzioni su come aprire una causa di nullità matrimoniale scritte su un sito internet). Rosy Santarelli, che svolge questo servizio di «consulenza previa» per la Diocesi di Firenze ormai da diversi anni, ha raccontato la sua esperienza, nello sforzo costante di pensarlo come «un’esperienza di Chiesa e di carità». Un servizio che secondo lei deve svolgersi al di fuori dei Tribunali, con uno spirito di attenzione umana, di compartecipazione, e di grande cautela soprattutto quando ci sono anche cause civili di separazione o divorzio in corso.

Molto interessante è stato anche il coinvolgimento, al «Dies Annualis» del Tribunale ecclesiastico, della rete regionale toscana dei Consultori familiari: ambienti attraverso cui si esprime l’attenzione della Chiesa per la famiglia, e che potrebbero svolgere una doppia funzione. Da un lato, aiutare la coppia a verificare ogni possibile strada per superare la crisi e ricomporre l’unità del vincolo matrimoniale. Dall’altro, laddove questo si dimostri impossibile, valutare la possibilità di introdurre una causa per il riconoscimento della nullità del matrimonio.

Altri luoghi che possono essere un punto di riferimento da questo punto di vista sono i santuari: la diocesi di Livorno ad esempio confida sull’operato dei monaci di Montenero, visto che molte persone affidano volentieri a loro le proprie situazioni di crisi o di fragilità, anche matrimoniale.

«Informare, sensibilizzare, accompagnare»: sono questi, afferma monsignor Malpelo, i verbi che devono orientare l’operato delle diocesi su questo fronte delicato. Nei confronti del processo canonico per il riconoscimento della nullità matrimoniale ci sono ancora da superare molti pregiudizi, oltre che una naturale diffidenza verso l’idea di affrontare questioni che riguardano la vita coniugale e familiare in un luogo che porta il nome di «tribunale» e che evoca quindi un approccio più sul versante del diritto che su quello umano, pastorale e spirituale. Ecco perché, conclude il Vicario giudiziale, «è importante che le parrocchie e le diocesi non trascurino questo servizio».