Vita Chiesa

Vaticano: documento sui rapporti con gli ebrei. Un «punto di partenza» per continuare a dialogare insieme

S’intitola «Perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili (Rm 11,29)» il nuovo documento della Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo che è stato pubblicato in occasione del 50º anniversario di «Nostra Aetate» e presentato questa mattina a Roma dal cardinale Kurt Koch, presidente della Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo insieme al rabbino David Rosen, International Director of Interreligious Affairs, American Jewish Committee (Ajc).

«Il testo – si legge in una nota della Sala Stampa Vaticana – non è un documento magisteriale o un insegnamento dottrinale della Chiesa cattolica, ma una riflessione preparata dalla Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo su questioni teologiche attuali, sviluppatesi a partire dal Concilio Vaticano II. Esso vuole essere un punto di partenza per un ulteriore approfondimento teologico, teso ad arricchire e a intensificare la dimensione teologica del dialogo ebraico-cattolico». Dopo aver ripercorso brevemente la storia dell’impatto di «Nostra Aetate» nel corso degli ultimi 50 anni, il documento riafferma «lo statuto teologico speciale del dialogo ebraico-cattolico» e «la relazione tra Antico e Nuovo Testamento e tra Antica e Nuova Alleanza».

Il documento tiene a ribadire che «anche se i cattolici, nel dialogo con l’ebraismo, rendono testimonianza della loro fede in Gesù Cristo, essi si astengono da ogni tentativo attivo di conversione o di missione nei confronti degli ebrei». Al termine, vengono tracciate vie per il futuro: ebrei e cattolici sono chiamati a impegnarsi «insieme nella promozione della giustizia, della pace e della tutela del creato, a lottare efficacemente contro ogni forma di antisemitismo. Essi devono intensificare la loro collaborazione in campo umanitario in favore dei poveri, dei deboli, degli emarginati, per diventare così, insieme, una benedizione per il mondo».

«La presenza di rappresentanti ebrei è già di per sé potente ed eloquente testimonianza di una riscoperta fraternità» fra cattolici ed ebrei. Lo ha detto oggi in sala stampa vaticana Rabbi David Rosen. Nell’evidenziare il lungo cammino di riconciliazione percorso negli ultimi cinquant’anni, Rosen ha tuttavia fatto notare che «per il pieno rispetto dell’autocomprensione ebraica è necessario valorizzare la centralità che la Terra di Israele occupa nella vita religiosa, passata e presente, del popolo ebraico». Importante, ha aggiunto, anche il riferimento alla «pace in Terra Santa come pertinente alle relazioni ebraico-cristiane». «I popoli – ha detto – vivono lì nella reciproca alienazione e delusione, e credo che la Chiesa cattolica possa svolgere un ruolo importante nel ricostruire la fiducia». Di qui la sottolineatura dell’iniziativa della preghiera per la pace promossa da Papa Francesco in Vaticano. «Permettetemi di esprimere – ha concluso – la speranza che ci siano presto ulteriori iniziative per consentire la religione ad essere una fonte di guarigione piuttosto che il conflitto».

«Su molte questioni importanti, ebrei e cattolici si ritrovano dalla stessa parte, di fronte alle stesse sfide, nell’insolita posizione di cercare di affrontarle insieme». A farlo notare è stato oggi Edward Kessler, Woolf Institute of Cambridge founder director. Prendendo la parola alla presentazione del Documento della Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo, Kessler ha osservato che «gli ultimi 50 anni hanno visto un notevole cambiamento da un ‘monologo’ pre Nostra Aetate sugli ebrei a un dialogo istruttivo (e talvolta difficile) con gli ebrei. Un monologo in genere non riesce a capire la realtà dell’Altro, mentre un dialogo richiede un rispetto per l’Altro. La sfida di rendere il passaggio dal monologo al dialogo rimane immensa». Oggi, secondo Kessler, «molte delle principali questioni divisive sono state eliminate o portate al punto in cui un accordo è possibile». Negli ultimi 50 anni, ebrei e cristiani hanno assistito a un grande cambiamento e, «come il nuovo documento dimostra, sono stati compiuti passi da gigante ma stiamo parlando di un processo dinamico e senza sosta». «Non potremo mai – il monito del relatore – sederci e dire: ‘Il lavoro è svolto. L’ordine del giorno è stato portato a  termine’»; occorre proseguire la riflessione «tra cristiani ed ebrei, in realtà fra tutti gli uomini e le donne di fede». Di qui l’annuncio di un incontro di teologi ebrei e cattolici, promosso l’anno prossimo a Cambridge dal Woolf Institute e dalla Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo.

«Il dialogo con l’ebraismo, dopo cinquant’anni, poggia ora su un solido terreno, poiché molto è stato realizzato in questo arco di tempo»Kurt Koch, presidente della Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo, presentando oggi in sala stampa vaticana il nuovo Documento della Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo. Nel richiamare l’invito di Papa Francesco – lo scorso 28 ottobre in occasione dell’udienza ai partecipanti del convegno sull’importante anniversario – al dialogo tra religioni davanti ai gravi problemi e alle sfide del tempo presente, Koch ha auspicato che «il presente documento sia ben recepito da tutti coloro che sono impegnati nel dialogo ebraico-cristiano o che ad esso sono interessati, e possa fornire loro uno stimolante spunto per la riflessione, per le conversazioni e per gli scambi futuri». Non si tratta, la precisazione del card. Koch, «di un documento ufficiale del magistero della Chiesa cattolica, ma di un documento di studio della nostra Commissione, il cui intento è quello di approfondire la dimensione teologica del dialogo ebraico-cattolico. Il documento non vuole dunque presentare affermazioni dottrinali definitive, ma fornire uno spunto ed un impulso per ulteriori discussioni teologiche».