Vita Chiesa

Vaticano, il 9 e il 10 dicembre incontro dei sindaci con il Papa. Sei proposte per non innalzare i muri

«Attirare l’attenzione internazionale sulla minaccia alla stabilità mondiale rappresentata dal crescente numero di rifugiati sul nostro pianeta, un numero che al momento supera i 125 milioni», lo scopo dell’iniziativa, che parte dalla constatazione che «tre quarti di tutte le odierne emergenze umanitarie sono la diretta conseguenza di una guerra», mentre il restante quarto «sono provocate dai disastri naturali, in larga parte derivanti da crisi ambientali come carestie, alluvioni, gravi anomalie metereologiche», molte delle quali «di origine antropica, come dimostrano gli ormai chiari effetti di un uso sconsiderato da parte dell’uomo di combustibili fossili, di pratiche agricole aggressive e deforestazioni». «Mentre oggi molte persone sono costrette all’esodo per ‘cause naturali’, molte altre non sono che vittime innocenti di azioni e decisioni prese da altri, ovvero di circostanze totalmente evitabili», si legge nella presentazione dell’iniziativa: di qui la necessità di agire sulla prevenzione, come ha cercato di fare l’Accordo di Parigi Cop 21 e come raccomanda il Papa nella «Laudato sì». Durante il Summit, si cercheranno «nuove strade per costruire la pace, strade che mettano in evidenza la dignità umana di tutti i rifugiati e che permettano di affermare la loro identità».

Degli ottanta sindaci convocati in Vaticano, 20 sono italiani, la delegazione più numerosa dopo quella tedesca, che conta 21 «primi cittadini», capitanati dal sindaco di Berlino, Michael Müller. Ad aprire i lavori del Summit dal titolo «Europa: i rifugiati sono i nostri fratelli», dopo i saluti iniziali, sarà la sindaca di Roma, Virginia Raggi. Questi, in ordine di intervento cominciando da venerdì 9, gli altri sindaci italiani: Luigi De Magistris (Napoli), Leoluca Orlando (Palermo), Giorgio Gori (Bergamo), Federico Pizzarotti (Parma), Giusi Nicolini (Lampedusa), Matteo Biffoni (Prato), Giuseppe Sala (Milano), Franco Balzi (Santorso), Giovanni Giachino (Chiesanuova), Riccardo Poletto (Bassano del Grappa), Paolo Omoboni (Borgo San Lorenzo), Stefano Ioli Calabrò (Sant’Alessio in Aspromonte), Enrico Ioculano (Ventimiglia), Alberto Panfilio (Cona), Domenico Lucano (Riace), Antonella Leone (Pedivigliano), Dario Nardella (Firenze), Antonio De Caro (Bari), Enzo Bianco (Catania). Spagna, Svizzera, Polonia, Portogallo, Irlanda, Grecia, Austria, Belgio, Regno Unito, Romania, Lettonia, Olanda gli altri Paesi rappresentati. Saranno presenti anche la Libia, con due sindaci – Abdulrauf Beitelmal (Tripoli) e Hamed Rafed Ali Alhiali (Sebha) – e la Tunisia, con il sindaco di Tunuisi, Saifallah Lasram.

Gli 80 sindaci saranno chiamati a valutare sei proposte, che «puntano a ridurre i rischi di una spirale di reazioni catastrofiche nel breve termine, e anche a massimizzare e consolidare i benefici delle riforme nel lungo termine». La prima proposta, si legge nel comunicato dell’organismo pontificio, è «fermare all’origine l’ondata di rifugiati, mettendo immediatamente fine alla guerra in Siria». Secondo proposta, «non sanzionare la Gran Bretagna per la sua uscita dall’Ue», per pensare invece «a una forma di unione più creativa e feconda, finanche a una ‘sana disunione’», accordando «maggiore indipendenza e libertà ai paesi della Ue in generale» e, in particolare per la questione dei rifugiati, «pattugliare le frontiere nazionali e dell’Unione Europea al fine di accogliere i migranti così come arrivano»; in quanto «la priorità deve essere data a salvare vite».

Fondamentale, inoltre, «creare un robusto sistema di assistenza per i rifugiati, consentendo loro di chiedere asilo, accogliendo in modo equo le loro richieste, ricollocando i più vulnerabili e soddisfacendo i bisogni primari come l’istruzione e la salute». «Creare corridoi umanitari sicuri e certi, riconosciuti a livello internazionale non solo dai paesi membri della Ue; offrire l’amnistia o altri tipi di soluzioni per le vittime della schiavitù moderna e la tratta di esseri umani che vengono sottoposti a forme di lavoro forzato, prostituzione e traffico di organi; ripristinare un senso di giustizia e di eque opportunità nelle disilluse classi lavoratrici, nei giovani disoccupati e in tutti coloro la cui condizione economica è stata indebolita dalle crisi finanziarie e dall’esternalizzazione e precarizzazione del lavoro; concentrare le risorse, compresi eventuali aiuti aggiuntivi, nel promuovere lo sviluppo economico dei paesi a basso reddito, piuttosto che nella guerra».

Queste la altre quattro proposte, per «passare da un strategia basata sula difesa e la guerra, a una più focalizzata sullo sviluppo sostenibile e globale, specialmente nel caso dei paesi sviluppati». «Innalzare altri muri e recinzioni – la conclusione del comunicato – non fermerà i milioni di migranti in fuga. Solo la cooperazione internazionale per il raggiungimento della giustizia sociale può essere la soluzione».