Toscana
Angoscia per le due operatrici rapite in Iraq

La sorpresa è stata totale. Sulla porta della villetta a due piani c’è un cartello bianco e rosso con la scritta: qui le armi sono proibite. “Le due Simone detestano le armi”, ha spiegato più tardi un loro collaboratore. “Un’azione ben preparata e frutto di un’attività non casuale”, ha commentato il generale Carlo Cabigiosu, ex consigliere militare dell’ambasciata italiana in Iraq. “Nell’area dove è stato compiuto il sequestro – ha spiegato – c’è la polizia locale, ci sono posti di blocco, ci sono militari americani e vigilantes privati. Certo non è facile penetrare in questa zona e poi uscirne, dopo aver prelevato degli ostaggi. Per questo dico che l’azione è stata ben preparata, certo non casuale”.
Insieme a Simona Pari e a Simona Torretta sono stati sequestrati anche un ingegnere che lavora per l’ong, Raad, e una donna che lavora per l’organizzazione Intersos, di nome Mhanaz. Un quinto ostaggio, un iracheno, è riuscito a fuggire dai rapitori, dileguandosi sul tetto. Due giorni fa due razzi avevano colpito un muro adiacente l’edificio che ospita l’organizzazione.
Torretta, 29 anni, romana, in Iraq da dieci anni, è la responsabile di «Un ponte per…» a Baghdad, mentre Pari, 29 anni, di Rimini, è arrivata un anno fa ed è una coordinatrice di progetto. Un terzo volontario italiano era rientrato proprio ieri in Italia.
Un appello per il rilascio delle due operatrici di pace italiane è stato lanciato anche dall’Admi (associazione donne musulmane in Italia) che in un comunicato chiede con forza l’immediato rilascio di Simona Pari e Simona Torretta e di tutti gli operatori di pace e giornalisti nelle mani delle bande armate.
Anche il Papa, durante l’udienza del mercoledì, ha chiesto la liberazione degli ostaggi e ha invitato a pregare per loro e per la tragedia dell’Ossezia. Per i bambini di Beslan, strappati alla vita con efferata violenza mentre si apprestavano ad iniziare l’anno scolastico, e per i loro genitori, parenti ed amici con essi trucidati – recitava la preghiera letta da uno speaker -: perché Dio nella sua misericordia spalanchi loro le porte della sua casa, preghiamo. Per i feriti, per le famiglie delle vittime e per tutti i componenti della comunità di Beslan, che con cuore straziato piangono la morte dei loro cari; perché, sorretti dalla luce della fede e confortati dalla solidarietà di tante persone nel mondo, sappiano perdonare quanti hanno fatto loro del male, preghiamo. Per tutti i bambini che, in tante parti della terra, soffrono e muoiono a causa della violenza e delle sopraffazioni degli adulti: perché il Signore faccia loro sentire il conforto del suo amore e pieghi la durezza di cuore di chi è causa dei loro patimenti, preghiamo.
Un mese fa è stata loro «ospite» nella casa-ufficio a Baghdad dove oggi le due volontarie sono state rapite. «Sono andata a Baghdad – ha raccontato Lisa Clark, che vive a Firenze – con una piccola delegazione del comitato ‘Fermiamo la guerra’, in tutto eravamo cinque persone. Siamo andati in Iraq per un progetto con ‘Ponte per ’, finalizzato a prendere i primi contatti per una conferenza della società civile irakena da organizzare a Roma. Simona Pari e Simona Torretta ci hanno fornito aiuto e assistenza e noi abbiamo potuto anche beneficiare della varietà del loro impegno e delle loro conoscenze. Ci hanno facilitato molto il lavoro grazie ai tanti contatti e alle tante relazioni che hanno con le associazioni delle donne e degli studenti irakeni, con le altre associazioni per i diritti umani e di assistenza. Sono davvero riuscite a creare una rete di solidarieta con la popolazione.
«Simona Pari – ricorda Lisa Clark – stava lavorando ad un progetto per l’animazione estiva nelle scuole per i bambini delle zone piu povere della città, Simona Torretta ad un progetto per la ricostruzione della biblioteca di Baghdad. Nell’ultima e-mail che ho ricevuto da loro, Simona Torretta mi faceva il resoconto dell’invio di acqua potabile a Najaf. Delle ‘Simone’ Lisa Clark parla di due ragazze «serene e prudenti», che con lei «non avevano mai manifestato paure». «Quando siamo stati lì – spiega però Lisa Clark – ci hanno raccomandato una sorta di codice di comportamento, che era il loro, per evitare rischi. Quindi nessuna passeggiata in strada e se dovevamo uscire, solo con autisti dell’ong. Mai avuto da loro timori per un assalto nella loro casa-ufficio, dove invece sono state rapite. «Sto cercando di mettermi in contatto con altre rappresentanti delle ong che sono lì a Baghdad per avere altre notizie. Ma è impossibile. Il rapimento delle Simone davvero non ha senso: loro hanno sempre operato in favore della popolazione».
Il blog delle due operatrici italiane
Il sito dell’ong Un ponte per…
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