Arte & Mostre

150 anni fa l’arrivo del David di Michelangelo alla Galleria dell’Accademia

L'otto agosto 1873 il David di Michelangelo fu trasportato alla Galleria dell’Accademia a Firenze. Intervista al direttore Cecilie Hollberg.

Cecilie Hollberg, direttore della Galleria dell'Accademia a Firenze (foto Giancarlo Gori)

Il trasporto che avvenne nel 1873 fu un’operazione eccezionale, d’avanguardia, una vera e propria impresa che racconta l’importanza di questa scultura. Ne parliamo con Cecilie Hollberg, dal 2015 direttore della Galleria.

Direttore Hollberg, che importanza ha questo anniversario per la Galleria dell’Accademia?

“Ha un’importanza essenziale perché con il trasporto del David nasce la Galleria dell’Accademia come museo, perché è stato costruito proprio per il David di Michelangelo. Per motivi conservativi era stato deciso di toglierlo dalla sua collocazione davanti a Palazzo Vecchio in piazza della Signoria e non trovando luogo dove poterlo posizionare all’interno di una qualche struttura, si decise di costruirvi un museo, e quindi a museo non ancora fatto si cominciò con questo trasporto che iniziò il 30 luglio del 1873. Il David fu trasportato in una cassa di legno, fissato su delle rotaie in legno e trasportato da piazza della Signoria, attraverso via dei Calzaioli e piazza del Duomo, via Martelli fino a piazza San Marco. E poi da dietro, da quella che oggi è via Cesare Battisti, entrò dentro le Belle Arti: avevano fatto un buco nella parete del muro perché altrimenti non sarebbe passato, poi l’hanno portato all’interno di una struttura che era ancora da costruire, quindi era circondato da una tribuna in cui erano appena stati preparati i fondamenti. La base originale, su cui si voleva posizionare il David, era in pessime condizioni e ne fu costruita una nuova. Tutto questo trasporto avveniva dalle quattro della mattina perché era fine luglio, inizio agosto e faceva un caldo pazzesco. Finalmente l’otto agosto il David venne ricondotto, come dicono le fonti, e calato sulla base, dove starà finché Dio vorrà, e poi costruirono attorno la bellissima tribuna, la completarono, misero il lucernario sopra per dare l’illuminazione naturale della luce del giorno e lì si trova ed è il centro di questo museo che è stato concepito proprio per lui. Il museo però è stato inaugurato solo nel 1882, quindi 9 anni dopo”.

Cosa rappresenta il David di Michelangelo per Firenze e per l’arte?

“Innanzitutto il David è l’icona del Rinascimento a livello mondiale, è il capolavoro di un giovanissimo Michelangelo che ha cominciato questa statua a 26 anni, l’ha terminata in soli tre anni, ha fatto un lavoro pazzesco su una statua alta 5 metri e 17, quindi uno si deve immaginare che l’artista magari le arrivava fino al ginocchio. Il risultato è un corpo perfetto, un corpo rinascimentale, dove l’uomo è proprio al centro dell’attenzione come la creazione di Dio che è perfetta in questo pastore, questo giovanotto che non ha nessun simbolo di aggressione perché è nudo, ha solo la sua fionda che si vede solo da dietro perché il marmo è lavorato benissimo: si vede proprio il pezzo di cuoio della fionda che gli passa sopra la schiena e rappresenta con molta tensione la concentrazione su un nemico, Golia, che è tante volte più grande di lui. Questo ragazzo nudo vuole significare l’innocenza del pastore che è stato scelto da Dio per un compito preciso. Alla fine diventa il re degli ebrei ed è una figura biblica molto importante che per la città di Firenze poi sarà il simbolo dell’indipendenza cittadina. Originariamente era stato creato per essere posizionato sopra uno sprone del Duomo di Santa Maria del Fiore a Firenze, in verità non è mai stato collocato lì ma nel 1504 una commissione decise di metterlo davanti al centro politico della città, Palazzo Vecchio. Questa è la forza che il David emana e che attrae milioni di turisti ogni anno”.

La statua del David è sicuramente la maggiore attrazione dell’Accademia, con il rischio che molti visitatori vengano solo per lei. Non è così?

“Il David è il re, direi, non solo dell’Accademia, ma di sicuro di Firenze. Le dirò che questo atteggiamento l’ho trovato quando sono arrivata e in questi ultimi anni abbiamo fatto un sacco di lavori perché volevo far conoscere la Galleria dell’Accademia oltre il David, perché abbiamo nomi che spaziano da Lorenzo Monaco, a Botticelli, a Perugino, Allori e via dicendo. E poi abbiamo anche la Gipsoteca di Lorenzo Bartolini, che praticamente è stata riscoperta con il nuovo allestimento, come tante altre parti del museo, che è completamente rinnovato. Sicuramente il David è il punto attraente del museo. Lui ci fa da comunicatore, lui è il mio ufficio di comunicazione e il mio ufficio di marketing. La Galleria dell’Accademia è un museo pieno di capolavori e i lavori che abbiamo fatto avevano proprio lo scopo di presentare, rendere visibili, valorizzare tutte le altre opere”.

La Galleria dell’Accademia è il secondo museo italiano, dopo gli Uffizi, per numero di visitatori. Come sta andando il flusso turistico?

“La Galleria dell’Accademia è sempre andata alla grande, anche negli anni del Covid abbiamo avuto tanti visitatori. In confronto al 2019, l’ultimo anno, diciamo normale, prima della pandemia, ora siamo a un 20% in più, già da gennaio a oggi abbiamo comodamente superato il milione di visitatori. Nel 2019 a fine anno ne avevamo 1 milione e 700mila. Quello che è importante è la qualità della visita nel museo e su quello abbiamo lavorato molto. Per poter venire incontro al pubblico ho allargato l’orario di apertura del museo. Adesso, durante il periodo estivo fino a tutto ottobre compreso, abbiamo due aperture serali, il martedì dalle 8,15 alle 22 e il giovedì dalle 8,15 alle 21. Sono veramente tantissime ore. È una cosa abbastanza eccezionale, però mi sembra importante perché così riusciamo a distribuire i flussi turistici, non solo valorizzando dentro al museo le singole collezioni, ma anche diversificando sia all’interno del museo che anche con gli orari e allargando le possibilità di visita per le persone. Perché anche la visita deve essere gradevole senza spingere e calpestarsi i piedi gli uni degli altri”.