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40° CARITAS, MONS.CROCIATA: NUOVA ETICA PUBBLICA PER UNA CITTADINANZA RESPONSABILE

(Fiuggi, dall’inviata Sir) “In presenza di palesi limitazioni della giustizia e dell’uguaglianza, si rende urgente il rilancio di un concetto di legalità che non si riduca alla pur necessaria osservanza delle norme giuridiche, ma implichi una nuova etica pubblica come indispensabile cornice entro cui le leggi stesse devono essere fatte e osservate”. Lo ha affermato oggi mons. Mariano Crociata, segretario generale della Cei, intervenendo a Fiuggi al 35° Convegno nazionale delle Caritas diocesane in corso fino al 23 novembre, per celebrare i 40 anni di attività dell’organismo pastorale voluto da Paolo VI. In passato, ha osservato il vescovo, la cosiddetta “questione morale” passava “per il tema della legalità”: “Oggi questa battaglia appare ancora quanto mai necessaria, ma insufficiente”. A suo avviso “bisogna che i cittadini si impegnino a rispettare” le leggi e “che esse siano conformi alle reali esigenze del bene comune e della giustizia”. “Per una rinnovata legalità – ha sottolineato – è necessaria un’educazione al bene comune che è compito di tutti i cristiani, e a un titolo speciale della Caritas”. Da questa formazione a una “cittadinanza responsabile” potranno venire “cittadini capaci di esprimere una classe politica sempre più attenta alla dignità di ogni persona e alle esigenze della vita intera di tutti e di ciascuno”.Mons. Crociata ha rivolto poi un invito a “recuperare il senso della bellezza del bene, della carità, e del bene e della carità come fonte della vera bellezza”. “Il grande compito che abbiamo dinanzi – ha detto – è quello di superare la dissociazione tra carità e bellezza. Una dissociazione tutta moralistica, che ha fatto percorrere strade separate ad un bene privo di fascino e ad una bellezza ridotta a vuota esteriorità”. “Le persone che amano – ha precisato – sono anche belle persone, e le persone che vivono la pienezza d’amore nella carità conoscono e conducono una vita buona, una vita buona che è anche bella. L’attrazione di una tale vita mette sulla strada di una vera educazione non solo alla carità, ma anche alla riuscita personale in tutti i suoi aspetti”. Proprio nella sua concreta operatività, la carità ha perciò “un’altissima funzione educativa”, soprattutto “in un tempo molto spesso pieno di parole vuote a cui non corrispondono scelte concrete”. “Si imparano i gesti dell’amore – ha osservato il segretario generale della Cei – non solo ascoltando dei discorsi, ma soprattutto trovandosi coinvolti in impegno concreto che altri prima di noi e insieme a noi costruiscono ogni giorno con tali gesti”. In una prospettiva profetica, ha continuato il vescovo, educare a una “cultura della carità” significa “non fermarsi ad astratti discorsi, ma aprire nella nostra società spesso senza misericordia, dove gli individui si agitano e si scontrano come solitari atomi impazziti, degli spazi di reale comunicazione fra le nostre povertà”. “Non si tratta soltanto di realizzare la carità in specifiche iniziative a favore di determinate categorie di persone – ha sottolineato mons. Crociata -, ma di contribuire a creare un clima, una mentalità e uno stile, diffusi a livello collettivo, che siano ‘caritatevoli’ e che si riflettano sui singoli orientandone i pensieri, i sentimenti, le scelte, così da sviluppare, a tutti livelli, un tessuto di relazioni umane caratterizzate dalla fraternità”. Compito degli operatori Caritas sarà dunque quello di “essere costantemente in ascolto delle voci degli uomini e delle donne del nostro tempo, innanzi tutto di coloro che sembrano non averne”. Il campo d’azione privilegiato sarà “la parrocchia, crocevia di età, condizioni sociali, esperienze, etnie e culture diverse”.Mons. Crociata ha esortato gli operatori Caritas ad “essere efficaci nell’educazione” attraverso “la propria diretta testimonianza”, “uno stile di vita sobrio ed essenziale” e “un clima di vita fraterno”. “Il vostro messaggio ai poveri – ha concluso – non può e non deve essere la prospettiva di diventare ricchi, almeno come lo sono coloro che oggi hanno questa qualifica, perché in questo modo essi passerebbero solo da una forma di disumanità a un’altra”. Ciò “che la Caritas annuncia è una radicale liberazione da logiche sbagliate, che sono alla radice della cattiva povertà e della cattiva ricchezza di cui è fonte la nostra società. Qui più che mai dovrà esercitarsi, nella concreta impostazione della vita personale e di quella relazionale, l’inventiva e la creatività”. (Sir)