Giubileo 2025
Giubileo sport: Malagò, ponte tra mondi diversi
Nel cuore di un anno giubilare che invita credenti e non credenti a mettersi in cammino come “Pellegrini di speranza”, anche lo sport si fa protagonista con due giornate – il 14 e 15 giugno 2025 – dedicate al Giubileo dello sport. In rappresentanza del mondo sportivo italiano, il Sir ha incontrato Giovanni Malagò, presidente del Coni-Comitato olimpico nazionale italiano dal 2013, guida in una fase di trasformazione. “Il Giubileo in assoluto è un'opportunità di dare valore aggiunto al mondo dello sport”

Nel cuore di un anno giubilare che interpella credenti e non credenti a mettersi in cammino come “Pellegrini di speranza”, anche lo sport si fa protagonista con due giornate – il 14 e il 15 giugno – dedicate al Giubileo dello sport. In rappresentanza del mondo sportivo italiano, abbiamo incontrato Giovanni Malagò, presidente del Coni-Comitato olimpico nazionale italiano dal 2013, guida del movimento sportivo nazionale in una fase di trasformazione. Dalle sue parole si evince come il ruolo dello sport in Italia e nel mondo oggi sia preponderante, riconosciuto come strumento di coesione sociale, salute, benessere e partecipazione, dove i grandi eventi sportivi non sono solo spettacolo, ma diventano simboli di unità, successo, geopolitica, talvolta anche strumenti di protesta e affermazione di diritti. Come capitato ad esempio con la decisione presa dal Cio-Comitato olimpico internazionale, che, dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, ha prima escluso gli atleti russi e bielorussi dai Giochi di Parigi 2024, permettendo loro in seguito di partecipare come atleti individuali neutrali (Ains), senza bandiera, inno o simboli nazionali. Nel suo studio le pareti, la scrivania, il divano, le sedie ed i tavoli, ma anche il pavimento è piastrellato di foto dediche e ricordi sportivi, ma le due persone che Malagò tiene nella testa e nel cuore e che menziona con ammirazione, sono Jesse Owens e Nelson Mandela: Owens per quello che rappresentò nel 1936 davanti a Hitler; Mandela, pur non essendo un atleta, per come usò lo sport per unire un Paese diviso. Nel Giubileo dello sport si celebreranno anche queste memorie vive che parlano a tutta l’umanità, per ricordare come il mondo dello sport possa essere una parafrasi della vita, perché come ricorda Malagò le regole dello sport servono a tracciare un confine chiaro per distinguere chi i valori li onora con il sacrificio onesto e chi li vilipende barando attraverso corruzione e doping.
Qual è il legame tra lo sport italiano e internazionale, il Vaticano in particolare e la Chiesa più in genere?
Il Cio da sempre è particolarmente vicino a tutto quello che sono ovviamente le più importanti fedi religiose, tra cui il cattolicesimo. C’è una storia che ci accompagna praticamente dall’inizio della fondazione del Cio, con l’epoca delle Olimpiadi moderne nel 1896. E spessissimo, ovviamente, chi rappresenta il Cio viene invitato in Vaticano per dare la propria testimonianza, a confronto anche con quelle che sono le altre religioni. E su questo il Cio è particolarmente orgoglioso e le rappresenta tutte in un modo uniforme, tenendo presente che conosce i valori della comunità cristiana e del cattolicesimo.
In questo Anno santo quanto è importante un Giubileo dello sport e come pensa che questo possa essere un’occasione per riflettere sul ruolo dello sport nella vita delle persone e nella società? Pensa che questa possa essere un’occasione per promuovere valori come la speranza e l’inclusione?
L’occasione di celebrare quest’anno il Giubileo in assoluto è un’opportunità di dare valore aggiunto al mondo dello sport. È un momento in cui si incontrano i due valori, quelli che sono rappresentati dalla propria fede e quelli di chi ovviamente è dentro e vicino o si occupa del mondo dello sport. Noi dobbiamo utilizzare, sfruttare, nel senso buono della parola che so essere inelegante, questa opportunità per divulgare, per promuovere e per sostenere, tramite il mondo del cattolicesimo a raccolta nell’anno del Giubileo, i valori altrettanto universali dello sport.
Visti gli scenari di guerra che si affacciano anche alle porte dell’Europa, se possibile, cosa deve o può fare lo sport per contribuire alla pacificazione?
Cosa fa lo sport per contribuire alla pacificazione è sotto gli occhi di tutti. Ho partecipato ad esempio come rappresentante della Fondazione Milano Cortina 2026 al board (Consiglio di amministrazione ndr) della tregua olimpica, che è il capostipite di quello che sono gli elementi che compongono la carta olimpica che è la nostra Bibbia, il nostro statuto, la nostra carta costituente. La tregua olimpica significa che durante le Olimpiadi e le Paralimpiadi non ci devono essere attività belliche e su questo noi siamo particolarmente attenti a farlo rispettare. Tanto è vero che l’esclusione della Russia nasce proprio nel momento in cui cominciavano le Paralimpiadi di Pechino e loro invadevano l’Ucraina. Questo nel passato ha avuto grandissimi altri elementi analoghi su quali sono state prese delle posizioni. Noi chiediamo la pace, sempre e comunque in modo particolare quando si accende il braciere olimpico e paralimpico e continuiamo sulla base di quello che dice la Risoluzione delle Nazioni Unite. Vorrei ricordare che il Cio è membro permanente, ovviamente non votante ma come ospite durante l’Assemblea, per promuovere proprio le finalità della pace universale.
Considerando anche le sue origini familiari, per le quali scorre nelle sue vene un po’ di sangue cubano, e del fatto che sempre più lo sport italiano si stia arricchendo di successi provenienti da atleti nati da genitori di altri Paesi o provenienti loro stessi da altri Paesi, cosa ne pensa del fenomeno migratorio e del valore aggiunto che può essere per la società in generale e per lo sport in particolare?
È un dato di fatto che Paesi, chiamiamoli occidentali, democratici, come Europa, Nord America, mi sento di dire nessuno escluso, oggi hanno questa opportunità, questa valenza in cui persone che decidono, chi per scelte molto difficili e dolorose, chi invece per questioni di altra natura, sentimentali, professionali, gli aspetti tecnici nel caso degli atleti, di venire da noi, poi è normale che dopo un certo periodo acquisiscono, sempre nel rispetto delle norme e delle regole, l’opportunità anche di vestire la maglia azzurra. Non è che siamo in buona compagnia, è un discorso che riguarda tutti. Per ciò che riguarda il fenomeno della migrazione, sapete benissimo che chi è legato a certi valori cattolici, ovviamente ha un approccio molto disponibile ad aiutare il prossimo, fermo restando che c’è sempre un distinguo tra chi si occupa di sport e chi si occupa di politica. Secondo me non devono far sì che chi si occupa di sport, per questioni strumentali dello sport, a quel punto si sostituisce a chi ha responsabilità politica.
Ci sono progetti o iniziative specifiche su cui il Coni sta lavorando per coinvolgere i giovani nello sport e promuovere uno stile di vita attivo?
Noi con le nostre attività territoriali siamo molto impegnati a divulgare, tramite tutti i comitati regionali, quello che sono i cardini degli stili di vita. Da tempo abbiamo messo in piedi tramite la filiera delle federazioni, delle Dsa, degli Enti di promozione, un vademecum con quelle che chiamerei regole del gioco che ovviamente hanno una finalità: cercare il più possibile di allontanare soprattutto le nuove generazioni da quelle che sono devianze sociali che ben conosciamo. Credo che questo ruolo oggettivamente ci viene riconosciuto.