Firenze
Firenze: l’arcivescovo Gambelli per il Corpus Domini, “Dio non moltiplica, ma spezza e dona”
L’omelia dell'arcivescovo nella solennità del Corpo e Sangue di Cristo: “La vera guarigione del mondo non viene dalla crescita illimitata, ma dalla condivisione”

«Gesù prese a parlare loro del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure». Parte da questa frase del Vangelo l’omelia pronunciata dall’arcivescovo di Firenze, mons. Gherardo Gambelli, nella solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo, celebrata il 19 giugno in Cattedrale. Una riflessione intensa che ha intrecciato il mistero eucaristico con le domande più profonde dell’umano, con la fame del cuore e con la sete di senso, ma anche con la fame concreta, quella del pane e della giustizia.
L’uomo, ha ricordato Gambelli, è una creatura “mancante”, attraversata da una fame di parole vere, di guarigione, di senso. Ma anche da un bisogno di pane, cioè di sostegno concreto. Il Vangelo racconta che i discepoli, di fronte alla folla affamata, volevano rimandarla via. Ma Gesù li spiazza: «Voi stessi date loro da mangiare». Un comando che attraversa i secoli, ha detto l’arcivescovo, e interpella ancora oggi la Chiesa, chiamata a fidarsi non della quantità, ma della benedizione.
Spesso, ha osservato, pensiamo che la soluzione a ogni mancanza sia produrre di più, aggiungere, crescere. Un approccio che ha contagiato anche la lettura di questo brano evangelico, da sempre noto come “la moltiplicazione dei pani”. Ma Gesù non moltiplica, spezza. Non aggiunge, ma condivide. Una logica profondamente diversa da quella dell’accumulo o dello sfruttamento.
In questo senso, Gambelli ha richiamato le parole di papa Francesco nell’enciclica Laudato si’, dove si denuncia la “distorsione concettuale dell’economia” fondata sulla crescita a ogni costo, a danno dell’ambiente e delle persone. «Se il taglio di una foresta aumenta la produzione – ha citato – nessuno misura la perdita di biodiversità o l’aumento dell’inquinamento». È lo stesso spirito che Gesù rovescia nell’Eucaristia: dare tutto senza trattenere nulla.
Nell’ultima cena, ha detto ancora Gambelli, Gesù non lascia un semplice rito da ripetere, ma una forma di vita: “Prendere, benedire, spezzare, dare”, i verbi eucaristici che diventano lo stile della Chiesa. Una Chiesa che, se vuole davvero essere “memoria viva” del Signore, è chiamata a farsi pane spezzato per gli altri, in particolare per i più poveri, i dimenticati, gli esclusi.
Il vero miracolo, ha spiegato l’arcivescovo, non è la moltiplicazione, ma la fiducia nel poco, la scelta di non trattenere, la decisione di farsi dono. È così che si compie la guarigione più profonda: non quella che riempie le dispense, ma quella che converte i cuori.
«Gesù prende e benedice il nostro poco – ha concluso – e lo rende sufficiente per tutti. Alla fine, non manca nulla. Anzi, ne avanza». Dodici ceste, come dodici sono le tribù di Israele, come dodici sono gli apostoli, segno che la condivisione genera pienezza e che, dove c’è comunione, nessuno è escluso.
Una festa del Corpus Domini che diventa invito a una Chiesa “eucaristica”, non solo nella liturgia ma nella vita: capace di spezzarsi e donarsi, per annunciare il Regno di Dio in un mondo che ha fame e sete di giustizia, di amore e di verità.