Il film: “Il maestro e Margherita”, quando il maestro torna a insegnare
Avversato in patria nonostante l'enorme successo di pubblico, diretto da un giovane regista inviso al regime di Putin, arriva anche in Italia «Il maestro e Margherita», nuovo spettacolare adattamento del capolavoro di Bulgakov.

Il romanzo-capolavoro di Mikhail Bulgakov «Il maestro e Margherita», nonostante diversi adattamenti sia cinematografici che televisivi all’attivo (uno di coproduzione italiana, con Ugo Tognazzi nel ruolo del Maestro), aveva da tempo fama di “infilmabile”. Complesso, stratificato, potentemente allegorico, dalla fortissima carica morale, politica e teologica, il romanzo ha sempre perso qualcosa nella trasposizione sullo schermo, a volte consapevolmente, con registi che hanno adattato la parte biblica dell’incontro tra Pilato e Gesù/Yeshua Ha-Nozri, e altri che invece hanno preferito limitarsi alla storia d’amore che dà il titolo al libro.
Michail Lokšin, russo di origine ma di cittadinanza americana, ha l’ambizione di trasporre tutto il romanzo, e non solo, di aggiungere delle sezioni che trasformino la vicenda del Maestro, scrittore disconosciuto e mandato in disgrazia dai censori del partito per aver scritto un romanzo (un’opera teatrale nel film) “reazionario e anti-sovietico”, in un riflesso di quella di Bulgakov stesso, anche lui ostracizzato per l’avversione al regime.
Ironicamente, il film ha finito per rappresentare anche il destino dello stesso Lokšin, critico molto vocale dell’invasione dell’Ucraina e inviso alla corte putiniana, che ha provato a screditarne il nome e, durante la consegna dei Nika, ha proibito ai sette premiati di menzionare il regista durante il discorso di ringraziamento.
Il motivo c’è e si vede. Come ha modo di ribadire anche il viscido Alojzij Mogaryč a proposito del «Pilato» del Maestro, “Ma questa non è l’antica Giudea, è l’oggi!”. Impossibile infatti non scorgere nella deriva antidemocratica e nella progressiva erosione di libertà e diritti nell’URSS, al nascere della censura di stato ma poco prima del Grande Terrore, un riflesso deformato ma non più di tanto della Russia di oggi, richiamata a volte esplicitamente, nei versi di Bezdomny che reclamano la Crimea per i lavoratori, nella monumentale parata militare per il 1 maggio, e soprattutto nel pacchiano musical che sostituisce «Pilato» e che immagina il futuro del paese (guardacaso) nel 2022 come un’utopia socialista di benessere condiviso, mentre tra il pubblico il diavolo in persona ride sguaiatamente della rappresentazione.
Se la storia come rappresentata segue fedelmente il romanzo, la cornice narrativa introdotta da Lokšin introduce un ulteriore livello di lettura che invece la modifica radicalmente, fino a vedere il protagonista, un Evgenij C’īgardovič reso fisicamente simile a Bulgakov, sdoppiarsi letteralmente in autore e personaggio, così come la sua amata, la Margherita di Julija Snigir’ che è invece modellata sull’amata terza moglie Elena Sergeevna Šilovskaja. Lo stesso destino di sdoppiamento lo subisce la terza grande protagonista del film, Mosca: quando vista “ad altezza uomo”, la città è un tripudio di cantieri e lavori in corso, di interni angusti e di esterni che conservano la bellezza dell’epoca imperiale, ma si fa megalopoli colossale e distopica che realizza alcuni dei più ambiziosi progetti architettonici rivoluzionari quando contemplata dall’alto.
Al centro di questo vortice visivamente impressionante e intellettualmente stimolante di simbolismi, allegorie e rimandi, resta granitica la denuncia contro ogni forma di potere autoritario, che soffoca la libertà di artisti e persone comuni e schiaccia sotto il proprio tallone vite e voci.
Guardando «Il maestro e Margherita», Mogaryč probabilmente esclamerebbe: “Ma questa non è la Mosca sovietica, è l’oggi!”.
IL MAESTRO E MARGHERITA di Michail Lokšin. Con Evgenij C’īgardovič, Julija Snigir’, August Diehl, Daniil Steklov. Russia, 2024. Fantastico.