Giubileo 2025
Giubileo giovani: Giulia ed Edoardo (Opera La Pira), “la pace è possibile solo accogliendo l’altro”
Giulia Passaniti ed Edoardo Martin dell’Opera per la Gioventù “Giorgio La Pira” hanno portato la loro testimonianza nell’ambito delle “12 parole per dire speranza” nella chiesa di San Gregorio VII

La realizzazione della pace e dell’unità dei popoli “non è possibile se non percorsa insieme, varcando la soglia di sé e accogliendo l’altro nelle sue differenze etniche, religiose e culturali”. Davanti a giovani italiani, provenienti da diverse diocesi, partecipanti al Giubileo dei Giovani, Giulia Passaniti ed Edoardo Martino dell’Opera per la Gioventù “Giorgio La Pira” hanno portato la loro testimonianza nell’ambito delle “12 parole per dire speranza” nella chiesa di San Gregorio VII a Roma. Al centro dell’incontro il tema “La famiglia educa a varcare la soglia dell’alterità” proposto dall’Ufficio Cei per la Famiglia.
Giulia ed Edoardo hanno parlato dell’“Opera La Pira” che si fonda sulla vocazione particolare di Giorgio La Pira, “sindaco santo e politico cristiano che ha incarnato un impegno sociale e politico profondo, e che ha vissuto la fede in una forma concreta di servizio verso i più fragili, impegnandosi per l’unità dei cristiani e per la fratellanza delle famiglie abramitiche”. Parlando della loro esperienza i due giovani hanno illustrato il metodo educativo seguito nei campi scuola che mira ad una “educazione integrale della persona: l’incontro con se stessi, con Dio e con l’altro, percorsi inseparabili e complementari”. Questo approccio affonda le sue radici nella vicenda personale di Pino Arpioni, fondatore dell’Opera, che “dall’esperienza traumatica del campo di concentramento ha tratto la vocazione all’educazione integrale dei giovani, affinché quella completa negazione di umanità non fosse ripetibile”. In questo contesto si inserisce l’esperienza del campo internazionale, organizzato dall’Opera da oltre 40 anni e che si svolge ogni anno presso il Villaggio La Vela a Castiglione della Pescaia: questa esperienza rappresenta “un esempio – hanno detto – concreto di come giovani di diverse fedi e nazionalità vivono insieme momenti di confronto, studio, preghiera e festa, formando relazioni autentiche e imparano a riconoscersi reciprocamente fratelli e sorelle”. I due testimoni hanno infine condiviso la personale esperienza del campo internazionale e cosa ha significato nella loro vita e nella loro crescita: “un’occasione in cui l’incontro con l’altro diventa strumento di scoperta di sé, impegno e responsabilità. Il messaggio centrale è chiaro: uscire dalla propria soglia e camminare insieme è un impegno che coinvolge ogni giovane cristiano chiamato a costruire ponti e non muri”. Durante l’incontro il ricordo anche di un giovane palestinese ucciso qualche giorno fa a Gaza. Aveva, negli anni scorsi, partecipato, al campo internazionale convinto dell’importanza del dialogo e della conoscenza.