Vita Chiesa

La figura del Papa come vescovo di Roma

Una riflessione di mons. Giovanni Roncari sul significato ecclesiologico del papato

La basilica di San Giovanni in Laterano

Il 21 aprile scorso, lunedì dell’ottava di Pasqua, muore papa Francesco; l’8 maggio viene eletto papa Leone XIV. Tutto sommato pochi giorni sono bastati per celebrare due avvenimenti molto importanti per la vita della Chiesa.
Quell’immensa piazza San Pietro piena di persone di ogni nazione, tribù, popolo e lingua (Ap. 7,9) ci testimonia l’incontro tra il vescovo e il suo popolo necessari l’uno all’altro. Senza popolo il vescovo non ha scopo, ma anche il popolo senza vescovo non è il gregge radunato ma un gregge disperso. È questo il senso più profondo del ricordare il nome del vescovo durante la celebrazione eucaristica. Ma prima del nome del vescovo si ricorda il nome del papa, cioè del vescovo di Roma. Perché?

Trascorso un po’ di tempo da quegli avvenimenti e calmatosi, almeno un po’, il clamore mediatico, che rischia di appiattire tutto su parametri politici trascurando ogni altro aspetto, culturale, religioso ecc., è bene riflettere sul ministero del papa e della sua importanza per la Chiesa cattolica. Sempre nell’intento di rendere ragione della speranza che è in voi (1Pt.3,15).
Chi è il Papa? Il sovrano della Città del Vaticano… il capo della Chiesa cattolica… il vicario di Gesù Cristo… tutte queste espressioni contengono una parte di verità ma non esprimono il fondamento storico-teologico del ministero del papa: essere vescovo di Roma.

Ricordiamo la consuetudine del Papa, poco dopo la sua elezione, di prendere possesso della cattedrale di Roma, san Giovanni in Laterano, come ogni vescovo prende possesso della sua cattedrale.
Non dimentichiamo che la cattedrale di Roma è appunto la basilica lateranense, non san Pietro in Vaticano: questa basilica, eretta prima da Costantino e poi, nel ‘500 dai papi rinascimentali, è costruita sulla tomba dell’apostolo Pietro, il famoso trofeo di Gaio, vicino al circo di Nerone… storia quanto mai interessante, da approfondire.

I papi dei nostri giorni si sono sempre presentati in piazza san Pietro come vescovi di Roma. Chi non ricorda Giovanni Paolo II: i cardinali hanno chiamato un nuovo vescovo di Roma, lo hanno chiamato da un paese lontano…
E papa Francesco: compito del conclave era eleggere un nuovo vescovo di Roma…
E papa Leone XIV: con voi e per voi sono romano…
Anche un recente documento del dicastero per l’unità dei cristiani (2024) sulla figura e il ministero del papa è intitolato «Il vescovo di Roma».
Allora il Papa è papa perché è vescovo di Roma o è vescovo di Roma perché è papa? Può sembrare un gioco di parole, un indovinello… ma è poi così importante che il Papa sia vescovo di Roma? Non è sufficiente affermare che è il vicario di Gesù Cristo?
Sì, è importante perché evidenzia la struttura sacramentale della Chiesa che non è una semplice società che, come ogni società, si organizza con dei capi, presidenti, direttori, con statuti ecc… il Papa non è l’amministratore delegato dell’ente Chiesa cattolica… il Papa non è il segretario generale dell’Onu ecclesiastica…

La Chiesa nasce dall’accoglienza della Parola di Dio, dalla predicazione del Vangelo, dal ricevere il battesimo, dal celebrare l’eucaristia, e tutto questo è garantito dalla successione apostolica.
Sfogliando gli Atti degli Apostoli, anzi tutto il Nuovo Testamento e i più antichi scritti delle prime generazioni cristiane emerge questa realtà.
Qui possiamo solo indicare i testi biblici ai quali la tradizione cattolica ha sempre rivolto una particolare attenzione considerandoli il fondamento scritturistico della posizione speciale dell’apostolo Pietro: Matteo 16,13-19 (Tu sei Pietro…); Luca 22,31ss (conferma i tuoi fratelli…); Giovanni 21,15-17 (mi ami… pasci le mie pecore..). E anche altri passi neotestamentari che vedono Pietro prendere importanti iniziative come la sostituzione di Giuda (Atti 1,15ss), il battesimo dei primi pagani (Atti 10, 34ss) ecc.
È molto diversa l’interpretazione cattolica e quella sia delle Chiese orientali che del mondo protestante. Al di fuori del mondo cattolico si ammette una preminenza di Pietro, ma del tutto personale e non trasmissibile ad altri. Il citato documento del dicastero per l’unità dei cristiani propone una rilettura dei cosidetti testi petrini per cercarne il senso profondo non condizionato da letture successive con intenti apologetici e ideologici.

La figura e il ministero del papa è essenziale per comprendere la chiesa cattolica, il suo insegnamento, il suo modo di vivere la fede in Gesù Cristo. Vogliamo presentare il vescovo di Roma e il suo ministero partendo dalla storia della chiesa.
Possiamo intanto domandarci:
Perché il vescovo di Roma e non un altro vescovo, per es. quello di Gerusalemme, luogo della passione e resurrezione del Signore, o quello di Antiochia, dove «per la prima volta i discepoli furono chiamati cristiani» (Atti 11,26), e che poteva vantare una presenza dell’apostolo Pietro (Gal.2,11); o quello di Alessandria, Chiesa nata, secondo una radicata tradizione, dalla predicazione di san Marco? Ancora oggi il patriarca alessandrino viene denominato papa.
Per qualcuno la risposta è molto semplice: Roma è la capitale dell’impero, di conseguenza il suo vescovo è il primo vescovo dell’impero, un alter ego ecclesiastico dell’imperatore. Infatti quando, nel 330, Costantino trasferì la capitale dell’impero a Bisanzio, ribattezzata Costantinopoli, la Nuova Roma, il vescovo locale pretese un primato almeno sulla chiesa orientale. Il can. 28 del concilio di Calcedonia (451) tentò di ufficializzare tale aspirazione provocando la decisa reazione negativa di papa Leone Magno (440-461).

È una lettura molto ideologica che si concentra solo su un aspetto, che non è neanche il più importante, trascurando tutto il resto: la realtà è molto più complessa e convincente!
Vi è però un altro pericolo ideologico più sottile: quello di leggere con la situazione e la mentalità di oggi situazioni, idee, avvenimenti e persone del passato.
In altre parole, partire dalla figura papale e del suo ministero attuale per leggere il papa delle prime generazioni cristiane e dei primi secoli cristiani. Il citato documento del dicastero per l’unità dei cristiani chiede: «evitare una proiezione anacronistica ti tutti gli sviluppi dottrinali e istituzionali riguardante il ministero papale nei testi petrini e a riscoprire una diversità di immagini, interpretazioni e modelli nel Nuovo testamento». (n.36).

Dobbiamo partire dalla prima comunità cristiana dove sono stati posti i fondamenti irrinunciabili del futuro sviluppo del cristianesimo.
Non dobbiamo isolare la figura del papa da tutto il contesto ecclesiologico delle prime generazioni cristiane e dei padri della chiesa. Solo così possiamo capire e accogliere sviluppi successivi.
Il papa non è al di sopra e tanto meno fuori della chiesa ed è comprendendo la chiesa che possiamo capire il ministero papale, anzi ogni ministero (cfr. il rito delle Ordinazioni e i primi tre capitoli della Lumen Gentium).
Sfogliando le pagine del Nuovo Testamento non troviamo la struttura della chiesa cattolica così come la vediamo oggi: sarebbe una pretesa anacronistica. Non dobbiamo tanto cercare la struttura storica quanto quella sacramentale, che pur vive nella storia.

Nel Nuovo Testamento leggiamo il comando di Gesù dato ai dodici di andare in tutto il mondo e di predicare il vangelo a tutti gli uomini e battezzare i credenti: Mt. 28, 16-20. Potremmo considerarlo l’atto di nascita della chiesa.
Predicare il Vangelo consiste anche nel celebrare l’eucarestia (Lc.22,19; 1Cor.11, 24-25); nel perdonare i peccati Gv. 20,23. Il Vangelo va poi vissuto insieme: «perseveranti nell’insegnamento degli apostoli, nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere» (Atti 2,42).
Questa prima comunità si trova ad affrontare enormi problemi e complicate situazioni che qui possiamo solo elencare: il ritardo del ritorno del Signore, il rapporto con il mondo giudaico e con il mondo pagano.
Ma soprattutto il problema della tradizione apostolica e il modo di viverla e trasmetterla (canone delle sacre scritture) e la professione di fede.

Giovanni Roncari
Vescovo emerito di Pitigliano-Sovana-Orbetello e di Grosseto

(1-continua)