Toscana

“Restare umani”, la Fondazione Maffi per Gaza

Il vicepresidente mons. Antonio Cecconi lancia un appello all’Arcidiocesi di Pisa, alle parrocchie, alle associazioni cattoliche e ai cittadini: tenere viva l’attenzione, pregare, riflettere, agire

Nel febbraio 2023, una piccola delegazione della Fondazione Casa Cardinale Maffi di Pisa, insieme alla Fraternità francescana, si è recata in Terra Santa per un viaggio che è stato, allo stesso tempo, pellegrinaggio spirituale e immersione concreta nella realtà quotidiana di Betlemme e dei territori palestinesi della Cisgiordania.

Un’esperienza intensa, breve ma profonda, che ha lasciato un segno indelebile nella coscienza di chi vi ha partecipato. È da lì che nasce oggi, in un contesto segnato da distruzione e silenzi assordanti, l’appello della Fondazione: «Restare umani».

Il viaggio del 2023 ha permesso infatti alla delegazione della Maffi di conoscere da vicino le difficoltà della popolazione palestinese: dai checkpoint quotidiani per raggiungere il lavoro, ai servizi sospesi, fino alla visita di una struttura per disabili nella zona di Betlemme.

È stato lì, “dall’altra parte del muro” – come spiega il vicepresidente mons. Antonio Cecconi – che è nata una sintonia profonda con chi soffre in silenzio, lontano dalle telecamere e dalle agende politiche.

A distanza di due anni da quel viaggio, la situazione nella Striscia di Gaza è precipitata. Milioni di persone vivono in condizioni disumane, tra fame, bombardamenti e disperazione. «Gaza è umanità dolente», dice Cecconi.

E si interroga: cosa può fare, nel suo piccolo, un’istituzione che si dedica alla cura di anziani, disabili e persone fragili?

«Mi colpisce – aggiunge il sacerdote – quanto poco si parli di Gaza oggi, anche nelle chiese. Ricordo le mobilitazioni contro la guerra in Vietnam, contro la guerra del Golfo. E oggi? Sembra che sia calato il sipario».

Per questo la Fondazione lancia un appello esplicito all’Arcidiocesi di Pisa, alle parrocchie, alle associazioni cattoliche e ai cittadini: tenere viva l’attenzione, pregare, riflettere, agire.

La mobilitazione della Maffi non è un gesto isolato. È parte di una visione che mette al centro l’essere umano, ovunque esso sia, e qualunque sia la sua condizione.

«Se ci prendiamo cura di chi è fragile qui, dobbiamo sentirci vicini a chi è fragile altrove», afferma mons. Cecconi.

Gaza è anche un simbolo: un grido che interpella ogni coscienza, ogni comunità, ogni istituzione. È il luogo in cui la dignità umana viene negata, ma dove può ancora accadere, con il contributo di tutti, il miracolo della solidarietà.

La prima risposta è semplice, ma radicale: «Restare umani», il motto che fu di Vittorio Arrigoni, giornalista e attivista ucciso a Gaza nel 2011. È anche il sottotitolo del volume in corso di pubblicazione della Fondazione: «La nostra rivoluzione. Cambiare e restare umani».

Restare umani significa non cedere all’indifferenza, non distogliere lo sguardo da chi soffre, significa “vedere con il cuore”, come nel Vangelo del Buon Samaritano.

Il presidente e il vicepresidente della Fondazione, insieme al Consiglio di amministrazione, ribadiscono un impegno non solo simbolico, ma radicato nella missione quotidiana dell’ente: prendersi cura.

Nelle strutture Maffi – da Pisa a Rosignano, da Volterra a Cecina – ogni giorno si accolgono e si accompagnano persone fragili. Proprio da questa prossimità quotidiana nasce la sintonia con chi, come il popolo palestinese, oggi non ha più nemmeno le condizioni minime per essere curato, accolto, considerato umano.

L’iniziativa della Fondazione non si esaurisce in un richiamo etico. Si traduce in azioni concrete di solidarietà, con l’adesione a campagne promosse da Caritas e molte altre realtà impegnate nell’aiuto umanitario a Gaza.

Ma non solo: la Fondazione chiede un sussulto della società civile e della Chiesa, un impegno che non si limiti alla beneficenza ma diventi anche denuncia pubblica delle violenze in atto, in particolare delle responsabilità del governo israeliano nell’attuale offensiva militare.

Una posizione chiara e netta, che distingue tra il popolo ebraico – con la sua storia e spiritualità – e le scelte di potere che oggi mettono a rischio la sopravvivenza stessa di un’intera popolazione.

E allora la risposta alla domanda «Cosa possiamo fare per Gaza?» è chiara: «Restare umani», conclude mons. Cecconi. Sempre, ovunque, con chiunque.