Vita Chiesa
Aree interne: Vaccari, “Formare laici”
“Si assumano maggiori responsabilità. Superare i campanilismi”. La diocesi di Massa Carrara-Pontremoli è suddivisa in due zone pastorali: la zona “Costa” e la zona “Lunigiana”. Proprio quest’ultima è costituita anche da piccoli paesini con comunità anche di 50-100 abitanti. Il vescovo parla al Sir delle soluzioni adottate

Ripensare una pastorale e una prassi per le aree interne. È una sfida che riguarda anche la diocesi di Massa Carrara-Pontremoli. Il territorio diocesano si estende su 1.186 kmq ed è suddiviso in 6 vicariati: Aulla, Carrara, Fivizzano, Massa, Pontremoli, Villafranca in Lunigiana. Sono 244 le parrocchie appartenenti alla diocesi, che è suddivisa in due zone pastorali: la zona “Costa” e la zona “Lunigiana”. La zona pastorale “Costa” comprende i due vicariati di Massa e di Carrara, mentre le parrocchie sono comprese nei comuni di Massa, Carrara e Montignoso, per un totale di 62 parrocchie. La zona pastorale della “Lunigiana” comprende i vicariati di Aulla, Fivizzano, Pontremoli e Villafranca in Lunigiana, mentre le parrocchie sono nei comuni di Aulla, Bagnone, Casola in Lunigiana, Comano, Filattiera, Fivizzano, Fosdinovo, Licciana Nardi, Mulazzo, Podenzana, Pontremoli, Tresana, Villafranca in Lunigiana e Zeri. In questa zona sono, inoltre, comprese 3 parrocchie in provincia di Parma, nel comune di Albareto, per un totale di 182 parrocchie. Ed è proprio nella Lunigiana che la diocesi si confronta con i problemi che affliggono le aree interne, come spiega al Sir il vescovo di Massa Carrara-Pontremoli, mons. Mario Vaccari.
Nel territorio diocesano avete sia zona costiera sia aree interne?
Sì, la zona costiera è costituita da Massa, Carrara e Montignoso, anche se poi questi tre comuni hanno comunque dei paesini a monte che vanno verso le Alpi Apuane; poi c’è la grossa aree interna della Lunigiana. Qui troviamo centri più vitali, per esempio Pontremoli, Aulla, Fivizzano, che sono un po’ più abitati e quindi hanno anche parrocchie più vive e frequentate. Poi ci sono tanti piccoli paesi con piccole parrocchie, anche di cinquanta-cento abitanti, che chiedono di essere comunque animate, ma i parroci sono sempre meno e quindi già da anni che non possiamo garantire per ogni parrocchia un parroco. Ci sono parroci che hanno dieci, dodici, fino a venti parrocchie.
Quali sono i problemi principali di fronte a una situazione come questa?
Il problema è come, da una parte, animare la comunità cristiana, ma dall’altra non rinunciare all’opera di evangelizzazione, che comunque dovrebbe avere la priorità quando parliamo della Chiesa dei giorni nostri, quindi occuparci delle persone che non vengono in chiesa, a cui annunciare il Vangelo, penso ad esempio i giovani.Perciò, stiamo cercando delle forme per garantire la formazione permanente e l’animazione delle comunità, le messe, le celebrazioni liturgiche, la catechesi, la carità, la vicinanza agli ammalati, dall’altra anche forme di annuncio, di evangelizzazione.
Come si concretizza questo?
Stiamo mettendo in campo dei percorsi dove ci sono due aspetti fondamentali: c’è una maggiore collaborazione tra i preti, i quali si costituiscono in piccole équipe, che sono poi le unità pastorali, quindi due, tre, quattro parroci, con un moderatore che anima tutto il processo; c’è, poi, soprattutto l’intento di risvegliare la coscienza dei laici perché assumano maggiori responsabilità all’interno dell’animazione della comunità, per esempio mantenendo le chiese aperte, facendo delle manutenzioni, fino addirittura anche alla dimensione più amministrativa, contabile, economica. Vogliamo favorire anche un impegno dei laici nella catechesi, affinché la portino avanti, avendo ricevuto un’adeguata formazione.Finora i laici hanno sempre seguito quello che il parroco diceva e hanno avuto un ruolo più passivo, adesso viene richiesto loro un ruolo di maggiore responsabilità, però vanno formati, quindi il percorso che stiamo facendo un po’ dappertutto, ma soprattutto in questa zona dell’aria interna è questo. Inoltre, invitiamo i centri sulla costa a occuparsi anche delle parrocchie a monte, che sono quelle più piccole, che nessuno segue più magari da anni.
Come formate i laici per un impegno più intenso in parrocchia?
Abbiamo una scuola diocesana che è adatta per i laici con incontri due sere alla settimana.Si tratta di una scuola diocesana di formazione pastorale, teologica, che ha già diversi anni; proprio per dare un segno forte alla diocesi ho voluto essere io il preside, poi ho i vicepresidi che sono professori. Insegnano sacerdoti, che hanno fatto gli studi, licenze, dottorati, una suora, una laica che sta finendo il dottorato in Bibbia a Milano, anche altri laici formati. Noi la proponiamo proprio ai laici che vogliono non solo approfondire la fede, ma che sono disponibili a dare il loro contributo in questi percorsi, quindi anche a coloro che entrano nelle nuove équipe delle unità pastorali.
Che tipo di abitanti ci sono in queste zone più interne?
Sono per lo più anziani e questo ci obbliga a seguirli, non lasciarli soli, essere vicini, essere prossimi alla loro anzianità e alle infermità. I giovani ci sono, sono pochi, diminuiscono, ci sono ancora delle scuole, ma non in tutti i paesi, per questo molti vanno a studiare fuori, però ritornano il sabato e la domenica, quindi si tratta di trovare delle forme per coinvolgere anche loro.
Eccellenza, tutta la diocesi è divisa in unità pastorali?
Ancora tutta no, perché stiamo procedendo un po’ dal basso, saranno una trentina attualmente, però pian piano stiamo andando vicariato per vicariato, perché ogni zona è un po’ diversa, quindi ha bisogno anche di forme diverse; per esempio in alcune zone abbiamo istituito un moderatore con parroci in solido, in altre il parroco con i viceparroci, quindi individuiamo la configurazione che ogni volta che consideriamo la migliore per quella realtà specifica.
Mi diceva che ci sono parroci che hanno 10-12, addirittura 20 parrocchie. È complicato, immagino.
I parroci sono molto tirati, perché seguire anche tante piccole comunità vuol dire garantire le celebrazioni, le feste, il catechismo, l’iniziazione cristiana. In questi casi ci sono due sacerdoti che se ne occupano, con la collaborazione anche dei laici che pian piano si formano ed entrano un po’ nella conduzione delle parrocchie, quindi dobbiamo fare questi passaggi che, alle volte, non sono facili.
Ci sono anche momenti comunitari di più parrocchie insieme?
Sì, ci sono delle assemblee dove si ritrovano più comunità insieme, ma questo è più facile nei paesi della costa o a Massa Carrara; nella Lunigiana, quindi nelle aree interne, c’è molto campanilismo ed è più difficile che si mettano insieme più comunità. Però, come diceva Papa Francesco, iniziamo processi, che saranno lunghi perché cambieranno un po’ il volto della Chiesa. Ci vuole tempo perché le persone si rendano conto, capiscano il valore di aprirsi ad altre comunità, superino i campanilismi: in fondo, non si perde l’identità, cosa di cui hanno paura, ma ci si arricchisce in un modo più fraterno, in una Chiesa da pensare un po’ più in grande.
La necessità di ripensare una pastorale delle aree interne ma anche nelle altre zone dipende anche da un clero più anziano e da un minor numero delle vocazioni. Nella sua diocesi come va da questo punto di vista?
Abbiamo un centinaio di sacerdoti, l’età media è sui 68-70 anni, ma abbiamo anche dei giovani. Grazie a Dio, da quando sono vescovo, quindi da tre anni, ho fatto ben tre ordinazioni, la ritengo una grazia. Sono già impegnati e molto bravi questi giovani che ho ordinato. Altri stanno facendo un percorso, pochi sempre, si parla di due-tre, adesso inizierà il percorso un giovane, un altro è incerto. Piccoli numeri, ma sempre un segnale di speranza. Noi lavoriamo non nella pretesa di avere tante vocazioni, ma, proprio desiderandole, lo chiediamo al Signore. Oggi non è facile dedicarsi a questa vita, la vita presbiterale non è semplice per un giovane di oggi, quindi sono proprio grazie di cui ringraziare il Signore quando ci sono.
