Mondo
Ucraina: la vice premier al card. Zuppi: “Il Papa venga a Kiev”
Iryna Vereshchuk ha incontrato Zuppi a Roma con 30 familiari di prigionieri. Apprezzamento per il ruolo umanitario della Santa Sede e invito formale a Leone XIV per una visita

“Sono stati presentati gli elenchi dei prigionieri e sono state discusse le possibili misure che il Vaticano potrebbe adottare per facilitarne il rilascio. Ringraziamo sinceramente il Cardinale Zuppi per la compassione, l’umanità e il sostegno cristiano dimostrati, così importanti per l’Ucraina in questo momento di prova”. Con questo post, Iryna Vereshchuk, vice premier dell’Ucraina, dà notizia dell’incontro che giovedì ha avuto a Roma con il card. Matteo Zuppi, inviato speciale della Santa Sede per la missione umanitaria in Ucraina. Insieme all’ambasciatore russo presso la Santa Sede Andrii Yurash, la vice premier ha accompagnato dal cardinale un gruppo di 30 donne che hanno familiari detenuti nelle prigioni russe. “Durante la conversazione – scrive la vice premier -, le famiglie dei prigionieri hanno avuto l’opportunità di esprimere direttamente alla Santa Sede il loro dolore e le loro ansie, nonché di condividere le loro aspirazioni e speranze per il rapido ritorno dei loro familiari”. Il Sir e il quotidiano Avvenire l’hanno intervistata.
Ci sono le condizioni per un vertice con Vladimir Putin?
Il presidente Zelensky intende incontrare i leader di ogni Paese che possono contribuire a una svolta. Ma non può andare in Russia, lo Stato che giorno dopo giorno bombarda il nostro territorio e i civili. Certo, la sua apertura indica che l’Ucraina vuole fermare la guerra. Il popolo lo sostiene in ciò che sta facendo. Diciamo “sì” ai negoziati, ma “no” alla capitolazione. In questo, Zelensky è fermo e coerente. L’Ucraina è una nazione che conta milioni di persone che soffrono e muoiono per preservare la propria libertà. L’Ucraina veramente vuole la pace, combatte per avere la pace. Nessuno più dell’Ucraina desidera la pace”.
Leone XIV ha proposto la Santa Sede come spazio di incontro per Ucraina e Russia. Mosca ha rifiutato. E Kiev?
Spetta al nostro presidente decidere dove inviare le delegazioni. Sicuramente attendiamo Papa Leone in Ucraina. Lo abbiamo invitato.
Perché vi sta a cuore la visita del Papa?
Perché il Pontefice è l’uomo della speranza che sa essere vicino a chi soffre e mostra che cosa sia la misericordia. Inoltre non va dimenticato che la Chiesa cattolica, con il diritto canonico, è alla radice del diritto internazionale umanitario: quello che la Russia continua a violare. L’Ucraina vuole riunirsi intorno al Papa, come era accaduto con Giovanni Paolo II nel 2001. C’ero anche io, giovane studentessa all’Istituto militare. Milioni di persone assieme al Pontefice: un evento straordinario. Oggi il Paese guarda con fiducia a Leone XIV. Lo ringrazia per i suoi appelli alla pace e i suoi sforzi. Ed è consapevole che lui mostrerà al mondo che in questa guerra c’è un aggressore e un aggredito, che le vittime vanno sostenute e che il conflitto va fermato.
Quali i frutti della diplomazia umanitaria della Santa Sede che guarda al rimpatrio dei prigionieri, alla restituzione dei bambini portati in Russia e alla riconsegna dei corpi dei caduti?
Sono fermamente convinta che il Vaticano abbia svolto e continuerà a svolgere un ruolo molto importante in ambito umanitario. Il cardinale Zuppi è impegnato in iniziative significative e sostiene le nostre istanze. Lo ha dimostrato l’incontro con le donne che hanno i familiari prigionieri: le ha ascoltate e ha assicurato ogni azione possibile. Il nostro obiettivo è rafforzare gli sforzi internazionali. Ecco perché serve un ulteriore slancio nei rapporti fra Santa Sede e Ucraina. Infatti la voce della Chiesa rimane imprescindibile. Fin dai primi giorni della guerra mi occupo degli scambi. Ho visto tornare i primi bambini, i primi civili, i primi militari: si tratta di emozioni uniche. Sono quindi la prima testimone di quello che succede quando si ha fede. Al cardinale Zuppi ho raccontato che con la mia famiglia seguiamo la Regola benedettina “Ora et labora”. Un motto che in questi anni di guerra tutta la popolazione ucraina ha trasformato in “Prega e lotta”.