Vita Chiesa

La Chiesa e il piano sanitario regionale

DI RICCARDO BIGINella sanità toscana arrivano le «Società della Salute»: viene ridimensionato il potere delle aziende sanitarie, cresce il ruolo dei Comuni e del volontariato. È questa la novità più importante del nuovo piano sanitario regionale, varato dalla Giunta e sottoposto adesso all’esame del Consiglio, che ha avviato il giro delle consultazioni per raccogliere pareri e osservazioni.

Il piano è stato illustrato da Federico Gelli, presidente della commissione del Consiglio Regionale che si occupa di politiche sociali e sanitarie, all’ultima riunione della consulta di pastorale sanitaria della Conferenza Episcopale Toscana. «La tutela della salute – ha commentato il vescovo di Massa Marittima Giovanni Santucci, delegato per la sanità – è da sempre al centro degli interessi della Chiesa. Ma la nostra attenzione adesso deve essere ancora maggiore, dopo che la riforma federalista ha affidato enormi responsabilità in questo campo alle regioni. Se prima quindi era la Cei a esercitare una funzione di vigilanza e di collaborazione a livello nazionale, adesso questo compito spetta alle Chiese della Toscana».

Santucci ha sottolineato anche la competenza della Chiesa in materia sanitaria: «Assistiamo i malati da sempre, ben prima della nascita degli ospedali pubblici. Nella Chiesa ci sono strutture, competenza, generosità, conoscenza del territorio. Realtà come le Misericordie e la San Vincenzo offrono un servizio pubblico che va considerato pari a quella statale; il vecchietto che ha bisogno di assistenza deve poter scegliere tra la Rsa pubblica e l’istituto delle suore, senza costi aggiuntivi».

Da parte sua, Gelli ha ribadito che il nuovo piano punta proprio in questa direzione, attraverso le «Società della Salute»: organismi locali in cui saranno rappresentati le aziende sanitarie, le conferenze dei sindaci, il mondo del volontariato e del no profit, i medici di famiglia. «In questo modo – spiega Gelli – si potranno programmare le politiche sanitarie rispondendo ai reali bisogni del territorio, e utilizzando al meglio tutte le risorse presenti». Un esempio: se ci si accorge che in una certa zona è necessaria una residenza per anziani, ma la Asl non ha le risorse sufficienti, potrebbe diventare possibile realizzarla con il contributo dei comuni o di altri enti interessati a investire sul territorio (come le fondazioni bancarie) e coinvolgendo nella gestione il volontariato, in modo da diminuire le spese offrendo un servizio migliore.

Il nuovo piano, secondo Gelli, valorizza anche il ruolo delle strutture sanitarie nate in ambito ecclesiale: «So che a volte ci sono state tensioni con la sanità privata. Il piano però vuole valorizzare soprattutto il no profit, rispetto a chi opera in campo sanitario a scopo di lucro. In campo sanitario ci sono molti interessi, e in commissione abbiamo anche subito molte pressioni da parte di lobbies. Un “assalto alla diligenza” al quale cercheremo di resistere: il nostro compito è quello di offrire il servizio sanitario migliore con le risorse che abbiamo, e che sono limitate. Vogliamo evitare anche gli sfondamenti di bilancio che altre regioni hanno fatto, e che con le nuove norme federaliste ricadrebbero sulle tasche dei contribuenti toscani».

Tra le novità del piano, anche la scomparsa delle «zone»: resteranno solo i «distretti sanitari», che potranno avere più punti di erogazione dei servizi ma avranno una gestione unica dal punto di vista amministrativo. Un modo, anche questo, per evitare sprechi senza penalizzare gli utenti. Cresce anche il ruolo delle tre «aree vaste» in cui è divisa la Toscana: la zona litoranea, che comprende le provincie di Pisa, Livorno, Lucca e Massa; la zona metropolitana (Firenze – Prato – Pistoia) e l’area senese-maremmana (Siena e Grosseto). Attività come la gestione dei magazzini farmaceutici, l’organizzazione di concorsi, l’informatizzazione saranno gestiti a livello di «area vasta» in modo da razionalizzare le risorse.

Da parte dei membri della consulta, non sono mancate le sollecitazioni: la prima è quella di mettere al centro di ogni servizio sanitario l’attenzione alla persona, il rispetto per la dignità umana, le necessità delle famiglie degli ammalati. Un’altra richiesta che viene dalle strutture sanitarie ecclesiali è quella di mettere a disposizione risorse per la riqualificazione di istituti che hanno una grande tradizione, ma che hanno bisogno di aggiornarsi continuamente per continuare a offrire un servizio adeguato.