Opinioni & Commenti

Scandalo politico-giudiziario: fare chiarezza e darsi una regolata per il bene del Paese

di Andrea Fagioli

Il mondo cattolico chiede che si faccia chiarezza e la si faccia al più presto. Vorrebbe chiedere anche un’inversione di rotta o almeno un sussulto di dignità. La politica, o quel che resta della politica, sta diventando uno spettacolo insopportabile. E la colpa non è solo dei politici. Al teatrino dello squallore offre il suo contributo anche l’informazione, o quel che resta dell’informazione. Non è possibile che un telegiornale come il Tg3, che in passato si è anche fatto apprezzare nonostante la chiara impostazione politica, dedichi quasi ogni sera i primi 20 minuti al «gossip berlusconiano», con tanto di interviste stile «Iene» sulla misteriosa «Dama bianca», e magari releghi in coda la morte del giovane alpino in Afghanistan, mentre il Tg1 la metta in apertura ma solo per far retrocedere le vicende giudiziarie del presidente del Consiglio per altrettanta scelta politica. Nessuna scaletta segue più la priorità delle notizie e le stesse notizie non rispondono più ai criteri di un sano giornalismo. Anche la maggior parte dei quotidiani sta piegando le proprie pagine all’essere berlusconiani o antiberlusconiani. Per non parlare della magistratura, le cui inchieste, sia pure legittime, saltano fuori con tempismo e schieramento di forze impressionanti, con i soliti verbali distribuiti a destra e a manca.

Fatto sta che l’ennesimo scandalo politico-giudiziario, come ha scritto l’agenzia Sir, «impazza, in forme inusitate», con un’unica cosa certa: «Bisogna che si faccia chiarezza in termini stringenti, che la questione sollevata dalla procura di Milano abbia delle celeri risposte, così da non tenere sul filo la politica, le istituzioni, più ampiamente la governabilità».

Roberto Ruffilli a suo tempo, da valente storico delle istituzioni politiche, sottolineò che lo Stato italiano si caratterizza per essere «fragile sul piano della legittimazione», anche se resistente e capace di ottime performances di fronte alle emergenze. Ruffilli fu ucciso dalle Brigate Rosse, ma probabilmente avrebbe ripetuto lo stesso giudizio. Sono ormai più di vent’anni, per chi ha la memoria lunga, che le iniziative delle procure configgono con il sistema politico e con la stessa figura di Berlusconi, con esiti processuali diversi, e comunque trasmettendo un senso di conflittualità permanente e dunque di precarietà.

Anche questa volta non sappiamo come andrà a finire. Certo è che i reati che Berlusconi avrebbe commesso secondo i pubblici ministeri sono davvero pesanti. E sappiamo che sul piano delle possibili conseguenze penali, come ha scritto il direttore di «Avvenire» Marco Tarquinio, il primo reato ipotizzato – la concussione – è il più grave, ma il secondo reato – la prostituzione minorile – sul piano della valutazione morale è addirittura insopportabile.

Un presidente del Consiglio, come qualsiasi altra persona che ricopra «incarichi di visibilità», non può andare avanti lasciando i cittadini con questo dubbio, tenendo conto che in questi casi «il contegno è indivisibile dal ruolo». Crediamo però che tutti – politici, magistrati, giornalisti, ma anche imprenditori e sindacalisti (si veda qui accanto l’altro editoriale dedicato alle vicende della Fiat) – debbano darsi una regolata se ancora a qualcuno interessano le sorti di questo Paese.