Cultura & Società

Augias su Gesù, un attacco frontale alla fede cattolica

di Rodolfo Doni

E’ in cima alla classifica dei libri più venduti, ciò anche probabilmente ad opera degli stessi lettori cattolici, il volume Inchiesta su Gesù, nel quale discutono il giornalista Corrado Augias e il prof. Mauro Pesce, docente di Storia del cristianesimo all’Università di Bologna. In sintesi il pensiero di Pesce, secondo il commento-stroncatura che ne fa padre De Rosa sulla Civiltà Cattolica del 2 dicembre scorso, è così riassunto da lui stesso (riportiamo brani sia del libro che del commento): Gesù era un ebreo che non voleva fondare una nuova religione[…] «È ebreo, non cristiano». Ma chi è stato l’«ebreo» Gesù storicamente, cioè liberato dalle incrostazioni dogmatiche con cui il cristianesimo lo avrebbe rivestito? Il termine «Figlio di Dio» – osserva Pesce – ai tempi di Gesù era piuttosto corrente. Figlio di Dio era un titolo che si poteva dare agli imperatori romani, come Augusto, ai re d’Israele, ai filosofi come Platone e Pitagora. «Insomma il termine in quanto tale non esprime la natura divina di Gesù» (p. 91). Né tale espressione è «connessa in modo privilegiato né esclusivo al messia né indica di per sé un ruolo messianico» (p. 91). È il Vangelo di Marco il più insistente nell’applicare a Gesù questo appellativo… Il termine «figlio di Dio» è stato interpretato come se egli volesse davvero alludere a «Dio», solo dopo che il suo vangelo, inserito nel Nuovo Testamento, venne letto alla luce del Vangelo di Giovanni, per il quale Gesù era la «parola di Dio fatta carne» (p.92). Segue un capitolo, prosegue il commentatore, in cui Augias, con un’insistenza un po’ morbosa, riporta le insinuazioni e le ipotesi fatte da taluni che i discepoli di Gesù coltivassero tra loro «rapporti omosessuali» (p.123); che tra Gesù e il discepolo che Gesù «amava» ci fosse «una vera e propria amitié amoureuse […] anche se non sempre completata in una relazione esplicitamente erotica» (p.120); che Gesù avesse un particolare rapporto con Maria Maddalena fino a baciarla sulla bocca, come è detto nell’apocrifo Vangelo di Filippo (cfr p.121) e, infine, che, prima dell’arresto avesse passato la notte col ragazzo che sfuggì all’arresto, lasciando in mano a quelli che volevano prenderlo il lenzuolo da cui era ricoperto (cfr p.124): ipotesi e insinuazioni che Pesce ritiene «senza fondamento» (p.123), «assurdità» (p.124) o «interpretazioni errate del testo» (p.129), ma sulle quali Augias insiste ancora alla fine del volume…. Circa la risurrezione di Gesù, Pesce rileva che «le sue “prove” consistono nelle apparizioni avvenute dopo la morte in croce» (p.175), che – come nel caso dell’apparizione di Gesù a Maria di Magdala – potrebbero essere definite come «visioni isteriche» o allucinazioni: in altre parole, «un portato del desiderio, una potente proiezione dell’inconscio» (p.177). Del resto, «oggi alcuni studiosi cattolici interpretano le apparizioni di Gesù risorto come stati alterati di coscienza» (p. 182). In conclusione «le apparizioni del risorto sono solo delle visioni» (p. 184). Gesù perciò non sarebbe risorto «realmente», ma sarebbero stati i suoi discepoli a credere di averlo «visto»: in realtà si è trattato di allucinazioni. Chi è allora Gesù, per il prof. Pesce? Non è certamente il Figlio di Dio fatto uomo, quale la Chiesa professa sulla scorta della testimonianza dei discepoli che hanno vissuto con lui: testimonianza che è contenuta nei quattro Vangeli canonici, i quali perciò sono la fonte essenziale della nostra conoscenza di Gesù. Così, secondo Pesce, Gesù non è il Salvatore degli uomini che consapevolmente va incontro alla sofferenza e alla morte «per dare la sua vita in riscatto per molti» (Mt 20,28). Egli si sottomette a una morte atroce, perché così vuole Dio ma non sa perché. Gesù è un «uomo solo», che prega Dio affinché gli riveli che cosa deve fare. In conclusione, afferma padre De Rosa viene negato nel volume il cristianesimo nella sua totalità. Sono negate, infatti, tutte le verità cristiane essenziali, quali la divinità di Gesù, la sua incarnazione, la sua concezione verginale, il carattere redentivo della sua morte, la sua risurrezione. Queste realtà di fede – dice in sostanza Pesce – sarebbero incrostazioni con cui la Chiesa ha ricoperto la figura storica di Gesù, facendone un essere divino, il Logos fatto carne di cui parla il Vangelo di Giovanni. Compito dell’esegesi è quella di liberare da tali incrostazioni, che la falsano, la figura storica di Gesù…. Quale valore storico hanno questi Vangeli? Per il prof. Pesce, si tratta di testi «lacunosi, contraddittori, manipolati», che la Chiesa ha scelto tra molti Vangeli per ragioni «non chiare», rigettando altri Vangeli come «apocrifi» e in tal modo condannandoli all’oblio. In realtà, la «scelta» dei quattro Vangeli è avvenuta per ragioni chiare. La prima è che soltanto nei quattro Vangeli «canonici» la primitiva comunità cristiana ha riconosciuto la «tradizione apostolica», cioè quello che hanno insegnato i Dodici, i discepoli che sono stati con Gesù durante tutto il tempo della sua predicazione, dal Battesimo alla Risurrezione, che hanno ascoltato la sua predicazione e hanno assistito ai suoi miracoli e alla sua attività di esorcista, nonché alle sue dispute con gli scribi. La seconda è che, mentre i quattro Vangeli canonici sono stati scritti tutti nel primo secolo (approssimativamente Marco tra il 65 e il 70 d. C., Matteo e Luca tra l’80 e il 90, Giovanni tra il 90 e il 100), i Vangeli «apocrifi» sono posteriori e in buona parte dipendono dai Vangeli canonici, cioè non apportano elementi nuovi per la conoscenza di Gesù, se si eccettua il Vangelo di Tommaso. Il terzo motivo è che molti Vangeli cosiddetti «apocrifi» esprimono tendenze gnostiche, come appare da alcuni detti del Vangelo di Tommaso. Per esempio, nel n. 114 è detto: «Simon Pietro disse a lui [Gesù]: “Maria deve andare via da noi! Perché le femmine non sono degne della vita”». Gesù disse: “Ecco, io la guiderò in modo da farne un maschio, affinché ella diventi uno spirito vivo uguale a voi maschi. Poiché ogni femmina che si fa maschio entrerà nel Regno dei cieli”». Il sapore «gnostico» di questo detto è evidente. Ciò che si può dire di molti altri «detti» di questo Vangelo apocrifo.