Cultura & Società

Baldassarre Audiberti, un «martire» della Rivoluzione

Viaggiando per la Toscana troviamo frequentemente croci con i simboli della passione di Cristo. La massima parte di queste croci fu collocata nella prima metà dell’Ottocento da un «pellegrino penitente», molto amato dai suoi contemporanei che lo considerarono un santo. Questo pellegrino diceva di chiamarsi Baldassarre Audiberti.

Comparve nelle nostre zone ormai trentenne, nel 1795, quando proveniente da Firenze arrivò nel Casentino e si recò a La Verna. Lo ritroviamo nel 1798 e nel 1802 ricoverato nell’ospedale di Arezzo. Nel gennaio 1818 entrò nel Monastero di Camaldoli in qualità di oblato e vi rimase fino alla fine dell’aprile 1819 quando, per motivi di salute, se ne uscì cambiando «lo stato di Solitario in quello di Divoto Pellegrino». Fu così che Baldassarre iniziò a percorrere tutte le strade del Centro Italia, facendosi conoscere ed apprezzare non solo dal popolo, ma anche da sacerdoti, religiosi e vescovi. Era conosciuto anche come «il santo delle croci» a motivo delle tante croci che faceva erigere, inoltre – come scrisse il Granduca Leopoldo II nelle sue memorie – era considerato un «uomo santo, noto per grazie miracolose». Veniva chiamato al capezzale dei moribondi e lo stesso Leopoldo, nel 1831 lo chiamò a Palazzo Pitti, per ottenere la guarigione di sua moglie, la Granduchessa Nanny di Sassonia.

Passò gli ultimi cinque anni della sua vita «inchiodato in letto» nella canonica di Ottavo, nei pressi di Castiglion Fiorentino, ospite del parroco. Lì venivano pellegrini e devoti da tutto il Centro Italia. E lì, nel 1848, si recarono anche i messi del Granduca Leopoldo, per chiedere consiglio all’Audiberti.

Baldassarre morì l’8 luglio 1852 in fama di santità. Fu fatto imbalsamare e fu esposto per quattro giorni ad una fiumana ininterrotta di persone, arrivate ad Ottavo da ogni dove per rendergli l’estremo saluto. Fu poi seppellito nella locale chiesa, dove ancor oggi riposa.

Anche se non è mai stato canonizzato, ho rintracciato molte «reliquie» di Baldassarre, anche in luoghi significativi. E se un plico con i suoi capelli era conservato tra le reliquie della Cattedrale di Arezzo, una sua camicia era custodita dalle suore clarisse cappuccine di Siena.

Quando Baldassarre arrivò in Toscana aveva oltre trent’anni. Ma le sue origini non erano chiare se persino il parroco di Ottavo, che lo aveva ospitato per più di cinque anni, fece scrivere sulla lapide sepolcrale «apparve nelle nostre contrade uomo misterioso nomato Baldassarre Audiberti». Il misterioso pellegrino diceva di chiamarsi Baldassarre Onorato Audiberti, di essere figlio di Giacomo e di essere nato intorno al 1760 nell’inesistente Annotone, in provincia di Vercelli. Per il resto, non dava informazioni e quindi, fece nascere molti dubbi e fantasiose ipotesi. Infatti, c’era chi lo immaginava un ufficiale napoleonico, che disgustato dalle violenze avrebbe cambiato vita. Altri lo volevano vescovo scismatico francese che, membro della Convenzione, avrebbe votato per la condanna a morte di Luigi XVI.

In molti, hanno cercato di fare luce sul mistero di Baldassarre e anch’io, per anni ho cercato invano sue tracce. Quando ormai avevo smesso di ricercare, Baldassarre si è fatto scoprire, come un ago che fuoriesce da un immenso pagliaio.

Adesso so che il suo vero nome era Balthazar Honnoré Audibert. Figlio di Jacques André e di Margueritte Sauvan, nacque ad Annot, nelle Basses Alpes (oggi Alpes de Haute Provence) il 6 gennaio 1761.  Balthazar Audibert entrò nel seminario di Glandèves (oggi Entrevaux) e negli Anni Ottanta del Settecento diventò prêtre. Nel 1788 era desservant (cappellano) della piccola chiesetta di un borgo quasi al confine con il comune di Annot: Rouainette. Balthazar rimase cappellano di Rouainette fino al marzo 1791, quando giurò fedeltà alla Costituzione Civile del Clero, approvata dalla Convenzione nel luglio 1790. Un mese dopo Pio VI emanò il Breve Charitas quae, con cui condannava la Costituzione Civile, vietava ai sacerdoti francesi di giurare fedeltà ad essa e obbligava coloro che avessero già giurato – come il prêtre Balthazar – ad abiurare entro 40 giorni. Ma il non giurare, o abiurare il giuramento, esponeva i sacerdoti a grandi pericoli, come l’arresto, violenze, la deportazione nella Guyana francese e perfino la morte.

Molti preti e vescovi fuggirono all’estero. Altri furono cacciati dalla Francia. Dai documenti, nel Dipartimento delle Basses Alpes risultano emigrés tre vescovi e quasi duecento sacerdoti! Da aprile 1791, nei documenti di Rouainette compare un altro sacerdote e non c’è più il prêtre Balthazar Audibert. Da successivi documenti, Balthazar appare in una lista degli émigrés del Dipartimento e per questo ai suoi genitori furono sequestrati i beni immobili. Probabilmente, come il suo vescovo ed altri ecclesiastici della sua diocesi anche Balthazar fuggì in Piemonte, forse proprio nel territorio di Vercelli, italianizzando il nome, il cognome e il luogo di nascita: «Annotone» è alquanto vicino nella pronuncia ad Annotains, come si chiamano gli abitanti di Annot. Da Vercelli, Balthazar, ormai diventato Baldassarre, iniziò a muoversi peregrinando verso Roma e nel 1795 è documentato per la prima volta nella nostra diocesi.

Quindi, – come ha affermato un mio amico monsignore – adesso sappiamo che Baldassarre è stato «a suo modo un martire della rivoluzione (come i tanti suoi confratelli ricusanti massacrati dai giacobini in odio alla fede e ora canonizzati)».