Cultura & Società

Gli 80 anni della Rai

di Ennio CicaliIl fascismo è al potere da due anni quando da una piccola stazione di Roma vanno in onda le prime trasmissioni dell’Uri (Unione radiofonica italiana) che assorbe precedenti esperienze. Anche l’Italia ha la sua radio, prevista da un regio decreto del 1923 che stabilisce come le trasmissioni siano riservate allo Stato che ha la facoltà di darle in concessione. Nel 1924, un decreto fissa i contenuti delle trasmissioni: concerti musicali, audizioni teatrali, conferenze, prediche, lezioni. Pochi mesi dopo, il 10 luglio 1924, è riaffermato il principio del monopolio, sono le basi dell’Uri, poi Eiar e, infine, Rai.

«Unione radiofonica italiana. Stazione di Roma I- RO. Trasmissione del concerto inaugurale». Il 6 ottobre 1924 lo storico annuncio, si parte con Haydn e poi, a seguire, Verdi, Veracini, Cilea. Una breve pausa con il bollettino meteorologico e il notiziario di borsa, le modalità di abbonamento. Poi, via col secondo concerto.

L’avvio delle trasmissioni non è esaltante. Secondo i modelli esteri, sono trattati argomenti di cultura e varia umanità: leggende, viaggi, astronomia, moda e in più qualche trasmissione letteraria. Anche la diffusione degli apparecchi stenta a partire: una buona radio a 4 valvole costa dalle 2500 alle 4 mila lire. In più occorrono altre 160-320 lire per spese di bollo, tasse di licenza e abbonamento (90 lire). Il reddito medio annuo è di 3448 lire; per gran parte degli italiani la radio è un lusso inaccessibile. Il fenomeno è sottolineato dalla diffusione degli apparecchi a galena dal costo limitato, 100-200 lire, e dalla diffusa evasione del canone.

L’8 dicembre 1925 è inaugurata Radio Milano che si distingue per la varietà dei programmi. Nasce il Cantuccio dei bambini che trasmette giochi e fiabe. L’emittente milanese ha il privilegio di trasmettere la prima volta un discorso di Mussolini, che vince la sua avversione per la radio. Non era stato felice l’approccio del fascismo alla radio dopo la brutta figura fatta nel ’24 quando difficoltà tecniche avevano reso incomprensibile un discorso di Mussolini. Si rifarà abbondantemente in futuro e la radio diventerà la cassa di risonanza del regime.

I programmi, grazie all’impulso di Radio Milano, toccano argomenti importanti. Si allungano anche gli orari di trasmissione – finiscono tra le 23 e le 23,30 – e la domenica va in onda la musica sacra, insieme alle prime conversazioni di carattere religioso.

Nel 1926 i primi notiziari, non più i soli comunicati della «Stefani» (l’agenzia ufficiale del regime). La radio «scopre» lo sport: Italia-Ungheria è il primo incontro calcistico ad essere trasmesso in diretta, è il 25 marzo 1928. Oltre al calcio, seguiranno l’ippica, il pugilato, il ciclismo.

«Con la radio ogni finestra è una canzone», la musica avvicina la gente alla radio, aumentano le orchestre: sinfonica, addirittura due (Roma e Torino), da camera, moderna. Cinque per la musica leggera. I cantanti sono i divi del momento.

La vecchia Uri, nel frattempo, è andata in pensione, sostituita dall’Eiar (Ente italiano per le audizioni radiofoniche) al quale è concesso l’esercizio della radiodiffusione per 25 anni. Il governo si riserva di modificare programmi e orari. Inoltre, avrà «due ore al giorno per eventuali comunicazioni di interesse pubblico». Nascono nuove trasmissioni popolari e si costruiscono apparecchi a costo sempre più accessibile.

La guerra fa perdere credibilità alla radio, perché è la voce del regime, il veicolo del trionfalismo con il quale Mussolini ispira la propaganda bellica. Propaganda che contrasta con lo spirito degli italiani e l’andamento delle operazioni. Tocca alla radio dare gli annunci importanti: il 10 giugno del ’40 l’entrata in guerra, poi il 25 luglio e l’8 settembre ’43, rispettivamente, la caduta del regime fascista e l’armistizio. Seguiranno giorni bui, da una parte le emittenti in collaborazione con gli angloamericani dall’altra i tedeschi e la repubblica sociale. Per molti radio Londra diventa un appuntamento fisso quotidiano.Dopo il ’45 la ricostruzione passa attraverso la radio, si ampliano le stazioni e si costruiscono nuovi impianti.

Alcune trasmissioni diventano un appuntamento fisso per gli italiani: i programmi delle varie orchestre di musica leggera, i concerti della Martini & Rossi del lunedì, le trasmissioni sportive – il calcio domenicale con la voce inconfondibile di Nicolò Carosio, il ciclismo con le imprese di Bartali e Coppi – i radiodrammi, i programmi culturali. Il Radiocorriere supera nel ’52 le ottocentomila copie di tiratura. Il festival di San Remo, dopo un inizio in sordina, calamita l’attenzione dei radioascoltatori.

Tutto bene, per la radio sembra cominciato un momento magico finché domenica 3 gennaio 1954 arriva la televisione. Per la Rai, che ha sostituito l’Eiar, si volta pagina. Niente sarà più come prima.