Cultura & Società

Il bosco sulla tavola

di Carlo LapucciPur in tempi di recessione, quello che consola è che, stando a quello che mostra la televisione, in Italia non mancano i cuochi. A frotte e a legioni si affacciano ai teleschermi armati di turbanti e mestoli, con smaglianti sorrisi di chi ha fede incrollabile nella propria cucina creativa. È consolante pensare che, se anche si dovesse mai saltare qualche pasto, ci sarà sempre qualcuno che ne parla in maniera tale che ci passi anche la voglia di mangiare, perché quelle creazioni estemporanee dei Beppi, Ciccilli, e Totonni, fatte espresse sul teleschermo, non stimolano l’appetito.

Capita invece l’opposto a chi apra il consistente volume di Luciano Cassioli: 500 ricette di selvaggina, Editoriale Olimpia, Sesto Fiorentino, 2005, pp. 478, euro 26,00. Si tratta di un libro nuovo e questa per un libro di cucina è una dote rara, se non rarissima, in quanto si sa che questo genere di libri è una grande famiglia nella quale sono tutti o fratelli o discendenti, comunque sempre parenti stretti e si somigliano come gocce d’acqua.

Le 500 ricette derivano da una lunga esperienza personale di Luciano Cassioli, cultore dell’ambiente (ricordiamo di lui Il mio angolo di Val d’Orcia, Editrice Don Chisciotte, San Quirico d’Orcia, 2000), amante della vita della campagna e di quanto attiene alle sue tradizioni. Le ricette partono da una verifica della vita della natura e degli animali, per passare all’esame della tradizione e quindi alla parte prescrittiva, che deriva sempre da una personale esperienza sui fornelli.

Ma l’interesse di questo volume non finisce qui, anzi direi quasi che comincia, dal momento che la ricognizione non si limita alla selvaggina da penna e da pelo, ma si allarga a tutto quello che interagisce come ingredienti naturali, nella preparazione di una vera, comprovata e sperimentata ricetta. Ecco allora che quasi metà del libro è dedicato a: Erbe e bacche selvatiche, I funghi, I contorni, I salumi e accostamenti ai vini.

Le straordinarie conoscenze in tutta la materia, e anche nelle zone confinanti, hanno consentito al Cassioli di fare un’opera veramente innovativa in questo campo, creando una mappa dei sapori, degli aromi, dei condimenti, delle infinite risorse offerte dalla natura, soprattutto nei boschi, nei campi, nelle macchie, nelle maggesi, per trasformare, arricchire, rendere prezioso qualunque piatto. Bacche d’alloro, nespole, cicorie, strigoli, ovoli, agarici, scarnige, prugnole, ginepro, uva sultanina, castagne, biancospino, cardi, carline, borragine, tarassaco, corbezzoli, more di gelso, finocchio selvatico, luppoli: ecco solo alcune delle piante chiamate ad accompagnare i vari piatti, i contorni, oppure addirittura a connotarli, con una infinità di sapienti consigli sulle dosi, la preparazione e il trattamento.

Non bastasse, siccome l’uso di queste piante si è perso oltre l’orizzonte della civiltà agricola, l’autore provvede con circostanziate indicazioni per quanto riguarda il reperimento delle piante, i tempi di raccolta, la conservazione, il riconoscimento, corredando con propri disegni chiari e di ottimo gusto le pagine dai titoli invitanti.

Direi che più che andare a cercare la nuova cucina in cervellotici o casuali accostamenti, che di buono a volte hanno solo il nome, sia il caso di seguire la strada di Luciano Cassioli, vale a dire: andare a riscoprire i veri tesori delle millenarie esperienze che si sono accumulati nelle varie tradizioni locali o diffuse e sono ancora nella pratica delle nostre cucine, soprattutto nelle campagne.Ci siamo occupati di questo volume perché lo riteniamo ben di più di un libro di cucina, vale a dire un vero compendio degli antichi, e oggi nuovi, sapori; che rimarrà come un punto di riferimento, anche per lo studio della storia dell’alimentazione. Infatti viene in luce che il nostro mondo alimentare, per varie ragioni, ma soprattutto per la perdita di contatto col mondo naturale, ha ridotto le piante alimentari a un numero misero, quando invece le macchie, i campi e le selve sono veri magazzini di aromi, sapori che si possono combinare con la selvaggina, ma anche coniugare in insalate, frittate, marmellate, e altri manicaretti. I nostri antenati, proprio per la loro povertà, avevano le porte aperte su questa grande dispensa naturale e assimilavano una quantità di principi, oggi per noi ignoti, che avevano forse anche positive ripercussioni sull’organismo variando la dieta ciclica.

Ci fa dunque piacere segnalare qui un libro vero, che contiene molto di nuovo, perché ci ha riportato molte cose perdute. Non deve essere costata poca fatica mettere insieme tutto quel che riguarda questo interessante settore: l’autore ci si era preparato da molto tempo (Dal bosco alla cucina, Wafra 1980; poi ampliato con l’Editoriale Olimpia nel 1997). Ne valeva sicuramente la pena.