Cultura & Società

La comunità di Nomadelfia: «Buono il don Zeno tv»

di Sara D’Oriano

«Un buon padre che muore e che lascia alle spalle un figlio con i suoi stessi valori, non muore, ma vive e rimane in esso». Con questa dolce immagine, Pietro, presidente della comunità di Nomadelfia, ricorda Don Zeno Saltini, fondatore della «famiglia», ricordato in questi giorni su Rai Uno con la fiction in due puntate in prima serata: «Don Zeno, l’uomo di Nomadelfia». «La differenza, continua Pietro, è che Don Zeno non ha lasciato solo un figlio, ma un’intera famiglia, un popolo che prosegue il suo messaggio».

La soddisfazione per questo prodotto, di cui si parlava da tanti anni, è stata molto grande, fin dall’inizio: «Immaginavamo che prima o poi si sarebbe fatto un film su Don Zeno, eppure, nel momento in cui si stava realizzando per davvero, la sorpresa e l’emozione sono state ugualmente grandi».

«Siamo molto contenti della fiction e di come è stata realizzata – spiega Pietro. Di tutta la complessa storia di Don Zeno, sia il regista che gli attori hanno saputo cogliere gli eventi di maggior risalto, e hanno saputo ben impostare e presentare il personaggio “Zeno”».

Anche Francesco, uno dei responsabili della comunità, concorda con questa opinione e aggiunge: «La fiction non può e non deve essere una verità storica assoluta, ma senz’altro, in quella realizzata dalla Rai, la fedeltà al personaggio e in particolare la visione della sua paternità nei confronti di ognuno e soprattutto dei più deboli, emergono rendendo giustizia alla persona che Don Zeno è stato in vita».

Molte le scene tagliate, per questioni tecniche, ma sono comunque di rilievo, a giudizio di entrambi, quelle che sottolineano la particolarità della sua vocazione adulta, non usuale all’epoca, e la sua forte spinta all’accoglienza.

«Per noi è importante – fa notare Pietro – che un prodotto di questo genere sottolinei i messaggi rivoluzionari che Don Zeno ci ha lasciato: primo fra tutti la sua volontà di creare non una comunità, ma una famiglia, una fraternità evangelica, un popolo che vive ancorato al messaggio del Vangelo. Nomadelfia, a distanza di anni, è proprio questo, e questo vuole continuare ad essere. E la fiction, in questo, è riuscita in pieno».Molto forte anche il legame che si è instaurato tra i nomadelfi e il regista della fiction, Gian Luigi Calderone, e Giulio Scarpati («Un medico in Famiglia») volto di Don Zeno: «Il contatto è stato forte fin da subito. Spiega Francesco. Si è immediatamente instaurata una bella amicizia, sia con Gian Luigi che con Giulio. Entrambi ci hanno molto coinvolto mentre realizzavano le scene del film, alcuni di noi hanno persino fatto le comparse, mentre i nostri bambini hanno doppiato con le loro voci i bambini bulgari che si vedono in alcune scene. Lo stesso Giulio ci ha confidato la sua emozione nel recitare accanto a persone che hanno conosciuto Don Zeno. Sicuramente è stata per tutti un’esperienza di vita importante».

E ora? Cosa si aspetta Nomadelfia da questo successo televisivo? «Sicuramente molte persone in più verranno a trovarci, si augura Pietro. Anche solo per la curiosità di sapere chi siamo davvero e confrontarsi con la nostra realtà. Noi siamo qui ad aprire le porte a chi ci vorrà conoscere e anche per chi vorrà conoscere Don Zeno, che oltre ad essere il nostro fondatore, è un bell’esempio per tutti noi». Un po’ diverso l’augurio di Francesco: «Più che un riscontro sulla nostra vita di tutti i giorni, spero che passino i messaggi di Don Zeno, primi fra tutti la condivisione e la solidarietà, che in tempi difficili come i nostri, con profonde difficoltà sul piano economico, si stanno perdendo a favore di un egoismo imperante che ci spinge a cercare il nostro utile a discapito degli altri».