Cultura & Società

Le lettere ritrovate di don Aldo Mei, il prete coraggioso fucilato dai nazisti

Alla fine, dall’oblio, queste carte sono riemerse. E getteranno una luce nuova, più approfondita, sull’uomo e prete Aldo Mei. Un nome che a molti dirà poco, ai lucchesi invece dice molto. Non solo perché a lui sono state dedicate vie, piazze, scuole della città e in tutta la provincia. Ma perché quell’evento, la fucilazione da parte delle SS avvenuta il 4 agosto 1944, fuori le Mura urbane, nei pressi di Porta Elisa, ha segnato la memoria di chi, in lucchesia, nella guerra ha passato un fetta della propria esistenza e ne ha parlato a chi è venuto dopo.

La colpa di quel prete, parroco di Fiano, fu quella di aver aiutato un ebreo e di aver portato conforti religiosi a dei partigiani. Faceva parte degli «Oblati del Volto Santo» un’organizzazione di preti voluta dall’allora arcivescovo di Lucca, Antonio Torrini, per aiutare la popolazione e i perseguitati. Un gruppo ristretto, di cui poco si sa, forse perché un patto di silenzio evangelico, il bene si fa ma non si dice, ha racchiuso tutto in un «foucauldiano» nascondimento. Passando in via del Giardino Botanico, dove a quei tempi aveva sede il Seminario di Lucca, ancora oggi c’è una lapide che ricorda gli Oblati che lì avevano la sede operativa: ma niente di più sul chi avesse composto o cosa fosse stata questa realtà che per molti perseguitati volle dire la vita, anziché la morte.  E i frutti degli Oblati non sono mancati tanto che le loro opere hanno travalicato la diocesi di Lucca, se è vero, come è vero, che il Card. Elia Dalla Costa, arcivescovo di Firenze, scrisse al Torrini per avere informazioni su questa realtà, perché desiderava riproporla nella sua diocesi. E se è vero, come è vero, che su quel gruppo di preti, e sul clero lucchese in genere, si scatenò l’ira dei carnefici nazisti, con una caccia all’uomo che prese il via subito dopo la fucilazione del Mei.

Alcuni studiosi dicevano da tempo, e dicono tuttora, che molti documenti anche autografi dell’appena citato parroco di Fiano, sono andati persi oppure che non sono mai stati messi a disposizione degli storici. Bene ora, una cospicua parte di tutto questo materiale dovrà essere analizzato e studiato.

Il dono, la scoperta, chiamiamola come vogliamo, è arrivata nell’anno del centenario della nascita di don Aldo Mei: 1912-2012. Provincia, Diocesi e Istituto Storico della Resistenza di Lucca ne hanno ricordato l’anniversario in molte occasioni in questi mesi. Nel Convegno di studi svoltosi il 23 e 24 novembre scorsi, c’è stato l’inatteso annuncio: un corpus di 17 unità archivistiche relative a don Aldo Mei è riemerso presso l’Archivio Storico Diocesano di Pisa, faceva parte dell’archivio della Pieve di San Casciano. Lì si trovava perché il fratello di don Aldo Mei aveva affidato tutte queste carte a don Icilio Felici, pievano di S. Casciano, per farne un libro. Nessuno però le ha più consultate per quasi 70 anni. Ma il tempo le ha custodite bene. Come ha detto nell’annuncio l’arcivescovo di Lucca, Italo Castellani, a sottolineare l’importanza di ciò che è avvenuto, «in questo fondo troviamo diari, quaderni con riflessioni personali sparse: vita di parrocchia, annotazioni sul conflitto, appunti per suoi interventi, note su pastorale e liturgia, appunti su incontri del clero, assieme a un cospicuo carteggio di circa 300 lettere. Il tutto, copre il periodo che va dal 1929 sino alla vigilia della morte». Dopo un colloquio con l’arcivescovo di Pisa, Giovanni Paolo Benotto, è stato deciso che tutto questo materiale sarà donato alla Chiesa di Lucca. E ciò è stato confermato anche da don Alessandro Pierotti, direttore dell’Archivio Storico Diocesano di Pisa, intervenuto subito dopo l’annuncio dell’arcivescovo di Lucca durante il citato convegno.

Una scoperta, un dono, dicevamo, davvero eccezionale quindi, che non potrà che portare nuove indicazioni sulla vita di don Aldo Mei, su cui negli anni ’60 fu iniziata una causa di beatificazione, nonché sulla realtà del clero lucchese durante il secondo conflitto mondiale.

Elisa Carrara, autrice del ritrovamento: «Avevo letto un articolo su Toscana Oggi…»

Elisa Carrara da anni lavora negli archivi. Fa parte della cooperativa Hyperborea e adesso è in servizio presso l’Archivio diocesano di Pisa. Lei è l’archivista che per prima si è trovata di fronte a questo materiale. L’abbiamo incontrata e ci racconta tutta la vicenda. «A luglio è stato depositato presso l’archivio storico diocesano di Pisa, l’archivio parrocchiale di San Casciano, sito nel Comune di Cascina e afferente alla diocesi di Pisa. All’interno di questo archivio parrocchiale ho rilevato la presenza di numerosi documenti di don Aldo Mei: carteggi, diari, riflessioni personali, verbali di incontri parrocchiali… e ho costituito un fondo specifico per tutta questa documentazione».

Quando ha iniziato il lavoro di inventariazione?

«Dopo alcuni mesi dal deposito. Infatti mi sono resa conta di tutto tra settembre e ottobre. Ai primi di novembre, terminato il lavoro di inventariazione dell’intero archivio parrocchiale, ho avvisato anche la rete degli archivi e biblioteche di Lucca».

Come è venuta a conoscenza di informazioni su don Aldo Mei?

«Molto semplicemente mi sono ricordata di aver letto un articolo su Toscana Oggi di Lorenzo Maffei, del marzo scorso, che parlava dell’anno del centenario dalla nascita di questo prete che stava svolgendosi a Lucca e da lì, riprendendo poi anche altre fonti, mi sono resa conto dell’importanza di questo materiale».

La scheda: Un martire della carità

Il 3 marzo 1912 nasceva a Ruota, nel comune di Capannori, Aldo Mei. Ordinato sacerdote, parroco a Fiano (sulle colline di Pescaglia) dal 1935, venne qui rastrellato dai nazisti il 2 agosto 1944 e fucilato, dopo due giorni, nei pressi di Porta Elisa, sotto le mura urbane di Lucca. Le sue lettere, scritte prima di morire, sono state pubblicate (le uniche a firma di un sacerdote) tra le «Lettere dei condannati a morte della Resistenza Italiana», un classico della letteratura che ha formato alcune generazioni di giovani.

Don Aldo viene ucciso perché ha dato rifugio a un ebreo e impartito i sacramenti ai partigiani. Così come altri presbiteri della chiesa lucchese, nei mesi della guerra si schiera dalla parte degli ultimi, in un contesto sociale e culturale, ma forse anche teologico, che impone scelte chiare. Seguendo un impulso, forte, chiaro, che viene direttamente dal vescovo, mons. Torrini, non rinuncia ai contatti con i partigiani, si impegna nell’assistenza alimentare al suo popolo, si presta a collaborare con le reti clandestine di assistenza. Non sono pochi gli uomini di chiesa e di fede che nel contesto dell’occupazione tedesca optano per una resistenza civile e non violenta, operando spesso in raccordo con il CLN e le strutture clandestine della resistenza e dell’antifascismo, ben consapevoli di rischiare la vita al pari di coloro che salvano dalla persecuzione e di coloro che lottano nazismo e fascismo con le armi. Alla motivazione tutta religiosa, cristiana – la carità, e il martirio che ne può seguire – si lega anche una dimensione civile, di supplenza rispetto alla istituzioni che si sfaldano ma anche, in prospettiva, di conquista di una egemonia sociale: un disegno egemonico che troverà concreta attuazione nella Lucca del dopoguerra.

Questo straordinario insieme di impegni qualifica il contesto lucchese nel più ampio panorama nazionale. E qualifica la chiesa di Lucca – don Aldo Mei, gli Oblati del Volto Santo di Arturo Paoli e di altri sacerdoti di comunità, come don Giorgio Bigongiari – anche agli occhi dei nazisti, in particolare della 16a divisione «Reichsfuhrer-SS» del generale Simon. Di stanza a Nozzano, composta da nazisti convinti e da criminali di guerra già protagonisti di azioni di pulizia etnica e dello sterminio degli ebrei sul fronte orientale, è «lei» la protagonista di un disegno repressivo ai danni del clero lucchese che si avvia proprio con l’uccisione di don Aldo Mei del 4 agosto, e che si chiuderà con il rastrellamento della Certosa di Farneta del 2 settembre. Quest’anno ricorre il Centenario della nascita di don Aldo Mei, e l’arcidiocesi di Lucca, la Provincia di Lucca e l’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea hanno promosso una serie di iniziative volte al ricordo della sua figura, del suo «martirio della carità».

Il 23 e 24 novembre un convegno ha ricordato la figura di don Aldo e discusso di chiesa, guerra e resistenza, in Lucchesia e nelle diocesi più prossime, ed è stata inaugurata una mostra («L’Amore non muore», curata da Emmanuel Pesi per conto dell’Istituto della Resistenza) che da gennaio avrà carattere itinerante in tutta la provincia.

Gianluca FulvettiDirettore dell’Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea di Lucca