Cultura & Società

Le litanie lauretane

di Carlo Lapucci

Uno dei discepoli chiede a Cristo: «Signore, insegnaci a pregare, come Giovanni insegnò ai suoi discepoli» (Luca XI, 1). Come l’amore, la preghiera non s’insegna, tanto che Cristo alla domanda risponde con una preghiera e non con una formula: il Padrenostro. Anche questa espressione per essere preghiera necessita della partecipazione di chi la recita, dell’immedesimazione del suo sentire nelle parole, in modo che lo spirito si elevi, a livello individuale o corale, verso il Signore, e la recita non rimanga formula, anche se ampliata nell’iterazione.

C’è anche il momento individuale in cui si prega senza espressioni definite: si adora Dio, lo si ringrazia, se ne accetta la volontà, si chiede aiuto, luce per le scelte. Sono momenti fondamentali che segnano soprattutto le svolte dell’esistenza, spesso generati da esperienze forti. C’è anche la preghiera quotidiana, quella che deve aprirsi un varco nell’aridità, nell’indifferenza e questa ha bisogno di una traccia, di una guida che conduca la mente fuori dalle passioni, dalle cure che impediscono l’approdo alla contemplazione.

La storiaLa liturgia presenta le preghiere della Chiesa che hanno la funzione di santificare il tempo e lo spazio della vita, mentre altre orazioni fanno parte della tradizione religiosa di tipo devozionale. Ottobre è il mese del Rosario con la festa dedicata alla Madonna del Rosario e ricorda la preghiera che è stata tra le più diffuse nella Chiesa e contiene le litanie della Vergine che si uniscono a quelle più propriamente liturgiche come le Litanie dei Santi, e alle devozionali del Sacro Cuore, di San Giuseppe, del Santo Nome di Gesù e altre non regolate come quelle dal messale e dal breviario.

Per la sua presenza anche nel mondo musulmano la corona poteva essere un punto d’incontro con quello cristiano e invece storicamente ha segnato proprio un elemento di divisione in quanto la pratica già istituita da San Domenico nel 1206 per intercedere dalla Vergine aiuto contro l’eresia albigese, fu nel momento della sua massima diffusione simbolo d’una azione dell’Occidente cristiano contrapposta all’Oriente musulmano: due mondi in collisione che si affrontarono nella Battaglia di Lepanto (7 ottobre 1571). Per la vittoria della flotta cristiana si recitava questa preghiera.

Quel giorno cadde di domenica ed era l’occasione nella quale le confraternite romane del Rosario facevano la loro solenne processione. Pio V attribuì la vittoria riportata dalla lega cattolica contro i Turchi all’intercessione della Madonna e in ringraziamento istituì il 7 ottobre la Festa della Beata Vergine della Vittoria, il cui nome cambiò poi in quello della Beata Vergine del Rosario e sempre più si attenuò il riferimento all’evento storico. Nel 1573 Gregorio XIII la dichiarò festa propria delle chiese e delle cappelle delle confraternite e nel 1716 Clemente XI la estese alla Chiesa universale. È rimasta in questo giorno la Supplica come atto devoto alla Vergine e la ricorrenza è divenuta col tempo, anche un riferimento calendariale connessa al passaggio dei pettirossi e alla partenza delle ultime rondini.

È scomparso l’uso delle confraternite del Rosario, che in questo giorno andavano in processione ed è rimasto il culto della Vergine del Rosario, alla quale sono dedicati altari e dalla quale prendono nome molte località, come El Rosario nel Messico e Rosario di Santa Fé in Argentina. È inoltre nome proprio.

Le Litanie della Beata VergineMolte religioni hanno pratiche che ricordano le litanie: guide che incanalano la mente verso la meditazione dei misteri, delle verità; segni concreti, vocali o rappresentativi come i mandala, che formano un argine alla mente che si spinge nella trascendenza. Le litanie si distinguono dalla prima parte del rosario per la loro continua variazione dell’oggetto di contemplazione, a differenza delle cinquanta avemarie che ripetono sempre gli stessi motivi, illuminati dai misteri. Se la parola rosario vuol offrire l’immagine di una successione di preghiere che si aprono come le rose di un roseto, le litanie della Vergine vogliono essere come un’aiola di fiori diversi.Le forme di rosario sono varie: quello piccolo di 33 grani, come gli anni di Cristo e 5 grani grossi come le sue piaghe; quello medio di 63 grani piccoli (che furono gli anni presunti di Maria) e 7 grossi che sono le sue gioie e dolori; quello grande con 150 grani che si vuole ripetano il numero dei Salmi.

Se questo è già un complesso strutturato come un mandala, o una grande vetrata di cattedrale che offre in sintesi un’immagine totale della storia della Salvezza, la parte litanica diviene un compendio molto più articolato e complesso sulla figura della Vergine vista soprattutto come tramite del Mistero dell’Incarnazione: un mandala vocale.

In altre religioni è la forma litanica che si unisce alla corona: grani, pietre, cordoni di nodi, sia di materiale semplice che prezioso, si associano a serie di realtà spirituali, figure di santi o d’illuminati, epiteti della divinità, diverse divinità; un ventaglio di interpretazioni che va dal rosario buddista di 108 grani che ripercorre i capitoli della manifestazione universale a quello musulmano di 99 grani che si riferisce ai nomi del divino. Tale forma compare assai presto nella nostra liturgia come invocazione, deprecazione e può derivare sia dalle liturgie pagane dove la litania non era sconosciuta, sia da preghiere sacerdotali del culto liturgico della sinagoga.

Formule simili di preghiera si ritrovano in Oriente già nel V secolo e forse in Occidente esisteva un nucleo di invocazioni e deprecazioni nell’epoca gregoriana, mentre un testo che elenca 7 nominativi di santi risale al VI secolo. Sono state trovate pallottoline infilate a modo di Rosario nel sepolcro di S. Gertude di Nivelle, morta nel 667 e in quello di San Norberto, morto nel 1174.

Tali preghiere non avevano formule fisse, ma esistevano nelle varie chiese rivolte a santi diversi spesso locali. Numerosi e vari erano i titoli della Vergine e solo alcuni sono inseriti nelle sua litanie: palma, giglio, sigillo, fonte della salvezza, cedro, fiore del campo, scala del cielo.

Le Litanie lauretane, comunemente dette della Madonna, si trovano in formulari diversi tra il XII e il XV secolo: il documento più antico è un manoscritto di Magonza risalente al XII secolo. Il santuario mariano di Loreto adottò uno di questi formulari, che fu diffuso dovunque dai flussi dei pellegrini e fu poi approvato per tutta la Chiesa da Sisto V nel 1587. Il Rosario è stato la preghiera di menti eccelse e di poveri analfabeti, rivelando con questo che può essere percepito sia a un livello semplice che a un livello altissimo: dipende da quello che la mente legge in questo mandala vocale attraverso il quale la mente capace di penetrazione può circumnavigare i misteri fondamentali dell’esperienza religiosa.

Comunque il rosario e litanie non sono una preghiera semplice, tanto meno da sempliciotti: le radici affondano in un passato molto lontano soddisfacendo esigenze spirituali di popoli molto diversi fra loro, di menti d’ogni capacità: segno che non si tratta di una devozione mnemonica, ripetitiva, arida adatta solo a pie ed ingenue vecchiette del passato.

L’apparente semplicità e l’uso devozionale al limite della superstizione ha fatto sempre più considerare il rosario come la preghiera degli umili, degli analfabeti e, in seguito, polemicamente, quella di coloro aggrappati all’abitudine o tenuti intenzionalmente nell’ignoranza e che non sanno o non devono pensare.

Fino all’ultima Guerra mondiale veniva recitato nella devozione domestica in molte famiglie, nella preghiera collettiva della sera nelle parrocchie, accompagnava i viaggi, le attese, le inerzie, le processioni, i funerali, l’insonnia, le malattie: segno che la sua pratica era molto diversa da quello che oggi s’intende, perché forse non si sa più pregare con questa guida e, inteso come pura ripetizione meccanica di formule vuote che la mente non riempie della sua meditazione e contemplazione, non ha alcun senso. Sarebbe come guardare dentro lo schema, lo scheletro metallico di una vetrata dalla quale sono caduti in frantumi tutti i vetri con i loro simboli e le loro figure.

Oggi non si può dire che il Rosario sia una pratica acclamata, anche se gode di grande prestigio da parte di molti: è stato oggetto di forti contestazioni anche da parte di religiosi, talvolta con buone ragioni, talaltra con grande semplicismo. Il fatto è che la polemica, più che volgersi contro la pratica in sé dovrebbe appuntarsi sul modo di praticarla, farla conoscere, considerarla, perché una preghiera così antica e diffusa non può essere banale e risponde certamente a esigenze profonde. Tra l’altro le litanie hanno avuto la ventura di essere musicate, tra gli altri, da due sommi artisti come Palestrina e Mozart. Nel nuovo Calendario liturgico del 1969 la festa della Beata Vergine Maria del Rosario è rimasta al 7 ottobre, non senza l’opposizione di accesi fautori della sua soppressione.

Le origini remoteRimane certamente anche in coloro per i quali la litania non è preghiera feconda, il bisogno di onorare Dio, la Vergine o la figura d’un santo con una lode, con un epiteto, una formula di onore e di devozione, come con un’invocazione, né più né meno di quello che faceva l’uomo nei tempi più remoti. I libri sacri sono pieni di queste formule e anche nei poemi omerici agli dèi sono attribuite certe formule fisse e non pochi dèi ne hanno più d’una:Apollo: dall’arco d’argento, musagete Atena: glaucopide, dagli occhi glauchi, azzurri, Aurora: dalle rosee ditaBacco: lieo, pampineoBellona: atterratrice di muraCibele: madre degli dèiDiana: trivia, per la triplice naturaGiove: adunatore di nembi, tonante, signore della folgoreGiunone: dalle bianche bracciaMercurio: dal piede alatoNettuno: scuotitore della terraAnche queste formule di Omero, sia pure piene di forza e significato se riferite a quello che gli dèi rappresentano, nel corso dei poemi divengono espressioni convenzionali che accompagnano il nome, riempiono il verso, trovando motivazione nella consuetudine piuttosto che nella necessità comunicativa. La litania, per la ripetitività e per essere spesso oggetto di recitazione meccanica, automatica o inconsapevole, ha assunto un senso negativo di lunga serie noiosa di ripetitività vuota, elencazione, lamentela insistente. Tuttavia, se si analizza ogni elemento nella sua forza rappresentativa ed evocativa, nel mistero che racchiude, nella sua storia appare in se come il capo di un filo che chiamato porta con se grappoli sempre più ricchi e densi di simboli, di significati, di immagini frutto di alte speculazioni e al tempo stesso immagini quotidiane, familiari capaci di accordare la mente con l’ordine delle realtà trascendenti.Mentre alcuni elementi delle litanie sono espressioni di omaggio come quelle che iniziano con Mater (amabilis, admirabilis, intemerataVirgo (veneranda, praedicanda, potens, clemens, fidelisRegina (Angelorum, Confessorum, Apostolorum, Virginum), altre sono sintesi di misteri, come Sancta Dei Genitrix, Mater Creatoris, Mater Salvatoris, Foederis Arca.Molti epiteti sono confluiti dalla religiosità dalla cultura e dalla letteratura antica, altri dall’Antico Testamento. Altre poi sono state aggiunte in seguito, nel corso dei secoli per iniziativa di papi:Regina sine labe originali concepta fu aggiunta da Pio IXRegina sacratissimi Rosarii fu aggiunta da Leone XIIIMater boni consilii fu aggiunta da Pio XRegina pacis da Benedetto XVRegina in coelum assumpta da Pio XII Janua coeli, una semplice formula per profondi pensieriTra le litanie forse è questa che addensa più simboli, più interpretazioni, che ha sia nel mondo pagano che in quello cristiano più speculazioni e riferimenti e dà bene l’idea della densità di pensiero che è racchiusa in queste semplici formule.Nel suo significato immediato indica che la Vergine è colei che porta la salvezza, l’esito, l’uscita dal mondo della morte, a quello della vita, dell’eternità.Procedendo si entra nel mistero per cui nella Madonna, e solo in lei tra gli esseri umani, si annodano tre dimensioni: la realtà materiale, lo spirito e il divino. Cristo è la porta divina che dice: Io sono la porta (Giovanni X, 9), Maria apre al Verbo il cammino nel mondo e all’uomo il cammino nell’eterno: è una porta, materiale e spirituale.L’espressione era comprensibile ai pagani in quanto avevano l’idea che esistesse mitologicamente la porta del cielo, attraverso la quale passavano gli dèi e gli eroi entravano nell’immortalità. Questa era situata, nel simbolismo zodiacale nel segno del Capricorno, mentre la porta degli uomini era situata nel Cancro.Ma ben altre speculazioni si trovano su questo tema in altre religioni.Nell’induismo l’altare vedico ha tre anelli, tre pietre di forma anulare che rappresentano il più basso il focolare e la realtà materiale, il mediano quella umana e il più alto l’occhio, la porta del cielo. Per questi varchi passa l’asse cosmico che unifica tutte le realtà, così come nel duomo la base delle colonne, il tamburo ottagonale e la cupola con l’apertura nel cielo indicano lo stesso processo di unificazione. Espressioni entrate nella lingua italiana di uso comuneLa grande diffusione delle litanie della Vergine ha travasato nella lingua comune diverse espressioni, sia pure stravolgendo i significati.Fare federis arca tutta una barca: mettere tutto insieme, fare d’ogni erba un fascio.Fare mater purissima: portare via tutto, non lasciare niente.Essere il refugium peccatorum: persona che accoglie tutti, luogo dove finisce quello che non si sa dove mettere Essere l’auxilium christianorum: colui che soccorre, aiuta chi viene dimenticato, cacciato.Stella mattutina: persona che guida, che consiglia che dà speranza.Chiudersi in una torre d’avorio: tenessi fuori dalla mischia, ma con sdegno e presunzione. Tutte le immagini delle invocazioniDomus aurea: è la casa perfetta, la sede senza macchia, l’abitazione che il divino ha nell’umano. Allude quindi al seno della Vergine in cui s’incarnò Cristo. Inoltre storicamente la Domus aurea fu l’edificio imperiale celebre nell’antichità: costruito da Nerone con sfarzo e ricchezza, ornata d’oro e di pietre preziose, era ritenuta il palazzo più bello mai edificato da mano umana.

Foederis arca: dall’Antico Testamento dove l’Arca dell’Alleanza era l’oggetto più sacro degli Israeliti, conteneva la manna cimeli di David e le Tavole della Legge. Era dunque il sigillo del patto d’alleanza tra Dio e l’uomo, come la Vergine è con il Verbo Incarnato il nodo della Salvezza e del riscatto divino dell’uomo.

Speculum iustitiae: compendio perfetto e riflesso della giustizia divina e umana. Lo specchio è l’elemento pulito, terso, perfetto che accoglie il modello in modo da identificarsi con quello. In tale senso è spesso considerato immagine dell’anima (Platone, Plotino, Gregorio di Nissa, Atanasio). È un’immagine simile a quella del vaso.

Vas spirituale: il vaso è l’immagine dell’essere umano che accoglie in se il divino. S. Paolo si disse vaso d’elezione, recipiente scelto, persona in cui il divino penetra, alberga e si manifesta.

Sedes sapiaentiae: la sapienza vera è l’intelligenza umana unita alla luce divina che l’attiva e la rischiara, luce senza la quale non è sapienza neppure la più grande delle conoscenze.

Rosa Mistica: Infinite sono le simbologie, le metafore che associano questo fiore a Maria e su questo rapporto spesso si appoggiano visioni mistiche e speculazioni. Basterà accennare che è assimilata alla rosa la Vergine in attesa della visita angelica ed è detta Rosa mistica, con implicazioni simboliche complesse: avendo come tutte le rosacee cinque petali, è il vaso, la coppa colei nella quale s’incarna il Verbo il cui numero simbolico è il cinque. Dante vede in Paradiso (XXXI, 1) la schiera dei beati in forma di candida rosa. Così la rosa è il fiore della Vergine Maria, preferibilmente bianca, ma anche rosa o rossa. Fiorisce nel mese di maggio che è dedicato alla Vergine.

Turris eburnea: è espressione probabilmente proveniente dal Cantico dei Cantici che si riferisce alla Sposa (VII, 5 e anche 6): «Il tuo collo è come torre d’avorio». La torre è simbolo di forza, difesa, protezione e inviolabilità: tutti attributi di Maria.

Turris davidica: è un’altra espressione del Cantico dei Cantici (IV, 4): «Come torre di Davide è il tuo collo, edificata come fortezza, mille scudi le pendono intorno, tutti scudi di valorosi». Pare che come torre di David s’intenda la cittadella di Sion che David tolse ai Gebusei; altri indicano una torre eretta dal re in vicinanza della cittadella stessa. Davidica è comunque Maria in quanto sposa di Giuseppe discendente di David.

Stella matutina: con riferimento alle tenebre della notte nelle quali la stella del mattino anticipa la luce del sole e conforta alla speranza. La stella è attributo della Vergine anche come immagine tolta dalla navigazione indicando ai naviganti la giusta rotta, apparendo nelle tenebre del mare in tempesta. Nell’Apocalisse (XXII, 16) si legge: «Io sono la stella radiosa del mattino». La simbologia cristiana vide nella stella della sera che annuncia la notte l’immagine del demonio e in quella del mattino il simbolo di Cristo e di Maria.