Cultura & Società

Lucca e il Volto Santo

di Rita Camilla MandoliLa grande statua-reliquiario che si conserva nel Duomo di Lucca, raffigurante il Cristo vivo sulla croce vestito di colobium (la tunica con le maniche corte), comunemente nota come il Volto Santo o la Santa Croce, può ben considerarsi un unicum nella storia artistica e religiosa del nostro paese.

Questa reliquia, scolpita almeno nel volto per diretto intervento divino, e perciò verace simulacro dei lineamenti di Cristo, ha avuto nel Medioevo una fama e una tradizione di culto paragonabili solo al richiamo della Terra Santa. In essa Lucca si è a lungo identificata, eleggendola a suo emblema e simbolo, divenendo a tutti gli effetti «la città del Volto Santo». E il simulacro si compenetrò con la città a tal punto che vi assunse il ruolo di re, tanto da comparire sulla moneta cittadina; non a caso la devozione a lui tributata diveniva intanto la misura dell’obbedienza e del rispetto tributati al governo.

La tradizione fa risalire l’opera dell’immagine del Volto Santo all’epoca apostolica. Due sarebbero gli autori: la mano di Dio e la mano umana. In quasi tutti i libri che raccolgono le tradizioni, le leggende e la storia del Volto Santo di Lucca, si parla di un certo Nicodemo, fedele amico e discepolo di Gesù. La Leggenda leobiniana parla appunto dell’ «ebreo della notte», che, desideroso di scolpire il Volto del Signore, si trovò sgomento perché tale opera gli rimaneva impossibile. Per poter eseguire plasticamente il dolce volto del Divin Maestro, l’umile e pio Nicodemo pregò affinché il Signore gli desse l’aiuto per compiere una bella opera. Così, mentre meditava sulla Passione e Morte del Redentore, il discepolo Nicodemo si assopì in un profondo sonno; al mattino, quando si svegliò, si accorse che era accaduto un grande prodigio: il Volto del Signore come lo aveva veduto e desiderato era apparso per incanto sul legno. La mano di Dio aveva prodotto perfettamente ciò che la mano umana non avrebbe mai potuto realizzare.

Ripercorriamo alcune pagine di libri che narrano l’origine di questa stupenda Croce. Il Simulacro del Volto Santo fu scolpito in Ramla, tra Ioppe e Gerusalemme, da Nicodemo, il quale, dopo la morte del Salvatore, riconosciuto per discepolo di Gesù Cristo e privato perciò di tutti i suoi beni, si era ritirato in quella città. È fama che Nicodemo, dopo aver scolpito in cedro del Libano il corpo del Redentore, meno la testa, trovò quest’ultima fatta da mano angelica. L’antichissimo scrittore Leobino dice che Nicodemo scolpì il Volto Santo non con l’arte propria, ma con arte divina, volendo forse alludere alla rara perfezione con cui fu compiuta quest’opera. Sappiamo che prima di morire, Nicodemo affidò il Simulacro della Croce ad un suo amico di nome Isaccar affinché tale opera non venisse distrutta dai nemici della religione cristiana e dai barbari iconoclasti. A sua volta il fedele amico di Nicodemo affidò la Croce ad altri buoni cristiani che la posero in un luogo segreto e ben custodito.

Così il Volto Santo rimase per qualche secolo nascosto e conservato, almeno stando alla storia del ritrovamento, fino all’anno 742, epoca in cui un vescovo piemontese di nome Gualfredo, trovandosi pellegrino in Terra Santa, ebbe una visione celeste: gli fu chiesto da un angelo di cercare nella casa o nei pressi dell’abitazione di un certo Seleuco un simulacro del Redentore.

L’impresa non fu facile, ma fu risolta. Il Vescovo Gualfredo decise di mettere il Volto Santo sopra una nave senza vele e senza nocchiero, affinché il Signore la guidasse in un luogo sicuro. Il Simulacro fu portato segretamente a Ioppe e collocato sopra una nave, la quale si diresse verso l’occidente e giunse dinanzi al porto di Luni. Gli abitanti di questa città, meravigliati di vedere una nave senza equipaggio, si dettero ad inseguirla, ma non poterono mai raggiungerla, perché essa «sempre si allontanava da loro». L’approdo misterioso di quella nave autorizzò gli abitanti di Luni a prendere il possesso sia della nave che del contenuto. In quel tempo il famoso vescovo di Lucca ebbe per voce di un angelo l’avviso a recarsi a Luni.

Secondo il pio diacono Leobino, l’arrivo del Volto Santo nella terra di Lucca avvenne nell’anno 742; secondo altri scrittori la data non è certa.

In quell’epoca il Simulacro del Volto Santo fu chiamato «Rex Regum Dominus Dominantium». Il Cristo Re che da secoli è venerato a Lucca caratterizza il dolore della Crocifissione e della Regalità del Dio-Fatto-Uomo. Alcuni storici hanno giustamente definito il Volto Santo come il «signum sacrum et tremendum» di fronte al quale ogni popolo e nazione si sono inchinati in rispettoso ed ossequiante omaggio.Per Leobino quindi la traslazione del Volto Santo da Gerusalemme a Luni e da Luni a Lucca avvenne in «anno ab incarnatione Domini Nostri Jesu Christi septuagesimo quadrigesimo secundo tempore Caroli et Pipini Serenissimorum Regum anni secundo regni eorum». Può essere certo che il Volto Santo fosse giunto a Lucca nell’anno 742, come afferma la «Leggenda Leobiana», ma il copista o il traduttore di questa opera, scritta in latino, può avere ingenuamente sbagliato la data mettendo l’anno 782.Non appena giunto a Lucca, il Simulacro fu posto nella Basilica di S. Frediano e, per miracolo e stupore di tutti i fedeli, fu trovato poi in un orto incolto presso la Chiesa di S. Martino. In quel luogo il Vescovo Giovanni lo fece porre in una cappella costruita in onore di S. Pietro. La luminariaIn molti libri della storia ecclesiastica di Lucca troviamo frasi che alludono alla plebiscitaria manifestazione processionale e alla illuminazione di ceri: si tratta sempre di tempi immemorabili che ricordano la Consuetudine antica della processione e della luminara. Circa la processione, già il famoso Leobino ne parla con entusiasmo e dice che il clero, il popolo religioso di Lucca, le pie donne, i giovanetti e le fanciulle, come gli ebrei che ricevettero Gesù nella città di Gerusalemme, ricevettero a Lucca il Cristo Glorioso, raffigurato nel Volto Santo. Tutto veniva fatto con esultanza e gioia cristiana. E quando il Volto Santo fu trasportato da Luni a Lucca tutti i fedeli andarono processionando ad onorare il Cristo Redentore, portando ciascuno un cero acceso.

Da queste notizie appare certo che l’origine della processione e della luminara abbia avuto luogo quando la Croce fu trainata dai buoi a Lucca. La luminara risalirebbe al secolo ottavo o per lo meno agli inizi del secolo nono.

La presenza alla processione e la oblazione del cero erano considerate come una dimostrazione di obbedienza e di sudditanza del popolo lucchese a Cristo Re. La Repubblica di Lucca non mancò di dare il suo fervoroso apporto affinché processione e luminara ogni anno avessero il loro religioso effetto. Da questo deduciamo che Lucca divenne «Città Sacra» perché consacrata al «Santo dei Santi», che è il suo «Rex Dominantium et Protector Divinus». Ogni processionante, passando, deponeva il suo cero ai piedi del Volto Santo. Un piccolo cartello, detto «breve» (imposto dalla legge), era appeso al cero, diceva il nome del comune (o della persona o parrocchia) offerente e il peso del cero. Il cumulo dei candeli era enorme… da tre a quattromila libbre di cera!

Dire processione o luminara per i lucchesi è la medesima cosa. In essa venivano portati i rispettivi labari comunali o degli enti ecclesiastici. Vi partecipavano con gaudio le bande di molti comuni. I valletti dei Comuni, vestiti nei costumi medioevali, portavano pifferi, tamburi, ceri, fiori. Un tempo si partecipava alla solenne processione, facendo quasi a gara a chi faceva più chiasso con gli strumenti musicali o chi portava il cero più grosso al Volto Santo. Alcuni ceri erano così pesanti che dovevano essere portati a spalla. Più tardi venne la consuetudine, che esiste anche oggi, di impegnare tutte le parrocchie della Diocesi a portare un cero votivo alla processione per poi porlo davanti alla Cappella del Civitali.

La leggendaEra le tante belle leggende che forse tutti conoscono vi è quella famosa della «ciabatta e del calice d’argento». L’antica «narratio» che parla di un «miracolo strepitoso» compiuto dal Volto Santo, racconta, in forma di poetica immaginazione, il fatto che un giorno un povero pellegrino della Alemagna voleva fare «l’elemosina al Cristo Nero», ma, frugando nelle sue tasche non trovò nessuna moneta; allora, avendo con sé uno strumento a corda volle improvvisare una «laude» in onore al Volto Santo: Laude che molti vogliono dire sia quella di «Evviva la Croce» che i lucchesi da secoli cantano. Commosso da tanta pietà e devozione, il Volto Santo gettò al povero mendicante la sua ciabatta, il «calciamentum» d’argento. Il povero, quando se ne stava per uscire dalla Cattedrale di S. Martino fu trovato in possesso del ricco oggetto e fu accusato di furto. Ma lui disse che quella ciabatta gliel’aveva regalata il Volto Santo. Per provare la sua innocenza a guardie e fedeli, il poveretto si inginocchiò con fervore davanti al Santo Simulacro che poco dopo, alla presenza di tutti, gettò nuovamente il «calciamentum» al mendicante.

Il calice famoso, posto ai piedi del Volto Santo, anticamente era usato per raccogliere le varie offerte che cadevano nel forziere dietro l’altare. Era usanza medioevale porre ai piedi del Cristo Crocifisso un calice per ricordare il sangue versato nella sua passione.

Due giorni di celebrazioni• 13 settembre: Luminara di Santa Croce: tutti gli edifici sacri e profani vengono illuminati da piccole candele, mentre la città, spente le luci elettriche, partecipa, osserva e segue la Processione del Volto Santo. Dopo la Processione, concerto sacro nella Cattedrale di San Martino: il Mottettone, forma di composizione dapprima di carattere profano, poi passata al genere religioso, usato particolarmente dai polifonisti.Il percorso è dalla Basilica di S.Frediano sino al Duomo, attraverso il centro storico. • 14 Settembre: Solennità della Santa CroceSolenne Pontificale, durante il quale viene dato il fuoco alla stoppa L’antico rito di forte valenza spirituale, oltre che scenicamente efficace, viene celebrato «ab immemorabili». Per l’intera giornata il Volto Santo, rivestito di abiti preziosi, è oggetto di venerazione da parte dei fedeli, che trovano per l’occasione la Cappellina aperta appositamente.