Cultura & Società

Marcello Scuffi, la pittura della memoria: mostra alla Florence Art Gallery

La sua prima personale fu allestita nel 1972, a Poggio a Caiano, in provincia di Firenze, da allora è stato un susseguirsi di mostre anche all’estero. Quest’ultima, curata da Giovanni Faccenda, ha un titolo che sintetizza lo spirito dell’artista: “Marcello Scuffi. Attimi infiniti che sanno di eterno”. Nelle opere esposte, valorizzate dalle raffinate cornici di Franco Ristori, si vedono chiaramente i maestri da cui Scuffi ha tratto ispirazione: da Rosai a Casorati, ma anche Carrà e Morandi, senza dimenticare colori e temi di Piero della Francesca. I paesaggi e le nature morte ti colpiscono per il cromatismo e la curata tecnica pittorica. Splendidi sono i quadri con le barche, i vasi dei colori delle tintorie ed i paesaggi toscani, con i cipressi e quelle case che tanto assomigliano a  quelle di Rosai nelle due grandi opere alla Stazione di S. Maria Novella, concepite per il ristorante e ora visibili nella libreria Feltrinelli, all’entrata principale, dove ci sono le casse.In assoluto i dipinti che preferisco sono i paesi con i tendoni da circo, ben sei quelli esposti, a partire dal primo del catalogo “Il circo e le Apuane”, color rosso pompeiano, del 1982 ed il sesto con il tendone giallo ocra: “Il circo in fondo al paese”, datato 2014. È evidente il richiamo a Piero della Francesca e alla tenda dell’affresco “Il sogno di Costantino”, che fa parte del ciclo “Storia della vera Croce”, nella basilica di San Francesco ad Arezzo. Nella curata Antologia critica del catalogo, concordo con quanto scritto nel 2012 da Cristina Acidini, ora Presidente della prestigiosa Accademia delle Arti del Disegno: “Nei suoi quarant’anni di pittura, Marcello Scuffi si è visto accostare a grandi e grandissimi del passato, da Masaccio a Piero della Francesca (ma io comincerei ancor prima, da Maso di Banco, in pieno XIV secolo) a de Chirico, Carrà, Rosai, Morandi, Casorati. Ma non mi sentirei di definire Scuffi un artista che cita: piuttosto, uno che appartiene (…)”. È vero lui è un artista che ha studiato sui solchi lasciati da tutti questi Maestri, ma poi ha seguito il percorso della memoria ed è giunto alla sua arte, dove non c’è traccia di volti e figure umane. Rappresenta i ricordi, con quadri che sembrano le scene di rappresentazioni teatrali dove devono arrivare i personaggi che animano il circo, i pescatori che si accingono a partire per gettare le reti, i tintori con i grembiuli, le braccia e le mani imbrattate di colori, i ferrovieri che per una giornata speciale daranno vita alle vecchie locomotive, i compagni della sua personale esperienza in seminario, con cui giocava a calcio… Davvero attimi infiniti che sanno di eterno, danzando sul filo della memoria.