Dossier
8 marzo, donne, donne, eterni dei!
Accanto alle regole proverbiali, la lingua mette a disposizione aggettivi o espressioni volti a creare tipologie umane nelle quali è possibile far rientrare i vari modi di essere dell’uomo e della donna, al fine di regolarsi sbrigativamente nei rapporti e nelle varie situazioni della vita: è una brava persona, è uno scavezzacollo, è un povero diavolo, è un velleitario, un buono a nulla. Sono espressioni generiche, di scarso valore scientifico: indicazioni pratiche, utili per regolarsi al momento giusto e poi dimenticarsene.
Ve ne sono altre ancora più precise: etichette, ognuna delle quali rappresenta un mondo intero, un capitolo compiuto del comportamento umano, categorie delle quali hanno fatto tesoro la letteratura e il teatro per costruire personaggi, con le relative situazioni, con i comportamenti, e gli esiti: l’avaro, il burbero benefico, il gretto, l’arrampicatore sociale, l’importuno, il dongiovanni, il fanfarone, il visionario, il borghese gentiluomo, il vitellone. Per ogni categoria si possono trovare una o più figure celebri che la rappresentano: Arpagone, Don Chisciotte, Don Abbondio
Per la donna è avvenuto altrettanto, anzi la tipologia è più fitta e dettagliata, arrivando a definire in una parola anche le sfumature. La lingua delle varie zone della Toscana è ricca anche di grandi ripartizioni, delle quali è possibile offrire qualche esempio.
Il fatto straordinario è che la parola pissera non si trova in nessun vocabolario. «È un fenomeno incredibile scrive il noto studioso di tradizioni popolari che un termine di così largo impiego, almeno in una città che ha dato la lingua all’Italia, non sia stata registrata in un dizionario se non altro vernacolare. La prima cosa che viene in mente è quella di trovarsi davanti a un vero, granitico, potente tabù sessuale. Potrebbe essere vero per quanto riguarda coloro che si sono occupati di lingua senza essere fiorentini, caduti appunto nel tranello di prendere la parola per un eufemismo del nome della donna, indicata con la parte essenziale per il tutto. La cosa non regge per i fiorentini, i toscani in genere. Il fenomeno conclude Lapucci è dunque più complesso: del resto i nomi degli organi sessuali nei vocabolari più seri si trovano registrati senza falsi pudori, quali termini linguistici come gli altri. Non pare questa la strada».