Dossier

Buon Natale, presepe!

Lettera aperta al Presepedi Rodolfo CetoloniVescovo di Montepulciano-Chiusi-PienzaCaro presepe, sei l’immagine bella, la foto di un amore antico. Quando Francesco d’Assisi, tornato dalla Terra dove è nato Gesù, ti inventò, lo fece perché dicono che non gli riusciva di pensare ad altro che all’umiltà dell’Incarnazione del Figlio di Dio e a quella della dolcissima Donna che avvolse in pannicelli il Re della Maestà. Sei la foto di un animo preso dall’incanto: vorrebbe che tutti si innamorassero del suo Signore. Racconta il Celano che nel cuore di molti di coloro, che erano a Greccio in quella notte di Natale del 1223, prese a rivivere quel Bambinello da tanti dimenticato. Siamo molto occupati e forse distratti, ma tutto ciò che sa di amore ancora un po’ ci attrae. Ci difendiamo un poco, specie se quanto ci sta dinanzi è molto coinvolgente e ci fa un po’ paura manifestarlo, siamo così controllati in certe cose…. E poi, a proposito di te, presepe, c’è da essere politicamente corretti, rispettare l’aria che tira… inventarsi problemi da equilibristi su trapezi inesistenti…Ma tu ancora ci meravigli e ci fai oltrepassare queste storie piccine di cronaca. Se mettiamo a fuoco la tua immagine, vediamo che vai ben oltre i nostri giorni e anche il cuore di Francesco… Anche se sei solo lo spazio povero, scelto da una famiglia povera perché non c’era posto altrove, in te la storia trova il suo centro, la sua pienezza.

La tua povertà è diventata bella, si è fatta splendore prendendo, nel tempo, mille forme e colori perché la Luce ha posto in te la sua dimora fra noi: La luce che illumina ogni uomo che viene nel mondo, la Sapienza, il Logos… Gesù, il figlio di Maria che l’Altissimo ha scelto perché fosse la madre del Figlio suo, dell’Atteso dall’eternità, del Salvatore.

Una storia intima e naturalissima di attesa e di nascita, come di un bimbo qualsiasi, ma attorno al quale pare muoversi il mondo: un censimento dell’imperatore, la città di Davide, i pastori, dei re dall’Oriente, e gli angeli e Erode e le stelle e le valli, le pecore, le colline… In quella istantanea che tu sei, si accumula tutto e a ognuno di noi pare di avervi un posto.

La storia di quei personaggi è la nostra.

Presepe, guardandoti ci aiuti a pensarci.

Pensarci davanti a Gesù e quasi sorretti da quella umanità piccolina che è sempre il tuo centro, il punto di sguardo. Alleviàti da lui che ci porta, responsabilizzati perché in lui ci è stato dato un figlio! Guardandoti, presepe, riusciamo un po’ a capire la dolcezza di Francesco che si leccava le labbra, nominando il Bambino Gesù o le parole d’infanzia dei canti di S. Alfonso: tu scendi dalle stelle o re del cielo… o bambino mio divino!…

E poi quella donna che è mamma, che è stata dimora e contempla il frutto del suo grembo, trepida e abbandonata a una storia più grande di lei e del mondo. Ed è specchio di ogni maternità. Di tutto ciò che nasce da noi, dai «figli di mamma», ai pensieri che abbiamo concepito o alle cose che costruiamo e custodiamo e vorremmo che sempre crescessero, migliorassero e non finissero mai. In casa, tra noi, al lavoro, in chiesa e nel mondo… dalla cura di un malato ai progetti di una politica giusta… Maria, come l’umanità di ognuno e di tutti, insieme feconda e custode, felice e tremante.

E quel padre, Giuseppe, attore non protagonista, ma responsabile di tutto. Capofamiglia, custode silenzioso di Maria e del Bambino. Legame con la dinastia di David, sposo fedele e giusto di una donna divenuta madre del Mistero fattosi storia.

E ognuno di noi, tante volte messo in campo in un ruolo inatteso. Chiamati a custodire e far crescere persone ed eventi, comunità e relazioni incontrate, non scelte o forse scoperte diverse da quanto avevamo pensato. Lui e noi pensosi e sorretti, espropriati e arricchiti.

E poi i pastori, i primi ad andare, i primi ad arrivare. Svegliàti, chiamati ed attratti. Qualcuno perfino rapito, appena lo sguardo ha sfiorato il Bambino. E tra loro quanti ultimi diventati i primi, giudicati lontani, ma pronti a svegliarsi e ad andare! E le notti di ognuno, luoghi del riposo e del tormento, della solitudine e dei sogni. E della voglia di uscire dal sopore che difende ma ottunde e non fa più vibrare. Risvégliati o tu che dormi, mettiti in cammino, vai verso…

E poi i Magi, paludati e importanti, ma resi umili cercatori da un astro, in oriente, capaci di chiedere a chi doveva sapere, pronti a seguire la Parola che riaccende la sua e la loro stella. Non si scandalizzarono se gli altri restavano nella reggia o nel tempio, andarono, andarono di persona.Come tanti cercatori di Dio che anche oggi chiedono: Dov’è il nato Re dei Giudei? Chiedono… anche a noi! E viene un sussulto: Che dire? L’abbiamo incontrato? Sappiamo dov’è? Narriamo di Lui o soltanto sappiamo qualcosa? Le nostre parole possono balbettare frammenti, ma v’è dentro la gioia dei pastori che han visto o il vecchio sapere di sempre che non muove nessuno? E poi tutto: le case, i ruscelli, i ponti, gli oggetti, i mestieri oppure le oche sul lago o le vie e i palazzi lontani con le luci… o il giocattolo che un bimbo vi lascia, o un dono, o una scritta o le stelle che tramutano in giorno o il suono di cantilene che fanno la nanna al Bambino e cullano il cuore di tutti… Tutto, tutti nel presepe.Grazie Presepe, immagine di un amore, di quello che viene da sempre ed è apparso in Gesù, di quello che cerchiamo di avere e che vorremmo annunciare.

Buon Natale, Presepe.

L’imam: «I simboli cristianinon offendono l’islam»La comunità islamica non ha niente contro il presepe: è un’espressione della fede dei nostri amici cristiani, che non ci offende e che noi rispettiamo.

Togliere il presepe o altri simboli cristiani, come il crocifisso, dalle scuole e dagli ambienti pubblici, come forma di rispetto per la presenza di alunni o di persone musulmane, è un gesto che viene fatto con buona intenzione dagli insegnanti, ma non tiene conto del rispetto che l’Islam ha per le altre religioni. Da parte nostra non c’è nessun fastidio nel vedere il presepe nelle scuole frequentate dai nostri bambini, negli ospedali o negli uffici pubblici: piuttosto anche noi chiediamo, questo sì, che ci sia lo stesso rispetto verso i simboli della nostra religione.

Accettare l’altro non vuol dire cancellare se stessi e la propria identità; la libertà religiosa non si costruisce cancellando le religioni ma accettando le differenze. La pace si costruisce nel rispetto reciproco, imparando a conoscere le tradizioni e i simboli degli altri, senza per questo rinunciare ai propri.Izzedin ElzirPresidente della Comunità Islamica di Firenze e della Toscana

La vita di mille paesi nelle figure del Presepe (di Carlo Lapucci)

Guida ai Presepi in Toscana