Dossier

Don Zeno e il sogno di una società fondata sul Vangelo

di Riccardo BigiI primi anni Venti: a Fossoli, piccolo paese della campagna emiliana, Zeno Saltini, giovane di buona famiglia fresco di studi passa davanti alla Casa del Popolo mentre torna a casa da una funzione religiosa. Viene circondato da un gruppo di ragazzi che urlano invettive contro i preti e i cattolici, inneggiando al comunismo e alla rivoluzione. «Voi – risponde, in mezzo ai fischi – non conoscete la religione. La religione insegna ad aiutarci e amarci come fratelli, e se ci sono dei preti e dei cattolici che non vi amano, essi sono falsi preti e falsi cattolici. Voi gridate sempre in piazza: “abbasso i preti, abbasso i cattolici”. Ma io se fossi in voi direi piuttosto: “Abbasso quei preti e quei cattolici che non vogliono fare il loro dovere, cioè abbasso i traditori di Cristo, i farisei del nostro secolo”». Ma la disputa non si ferma qui. Proseguono le urla, i cori, le accuse alla Chiesa. E il giovane Zeno riprende: «Sapete perché Cristo è stato messo in croce? Perché ha insegnato che siamo tutti uguali davanti a Dio e che è crudele chiunque sfrutti o calpesti una persona qualsiasi. Perché nel nome di Cristo gli Apostoli ed i cristiani buoni e santi dicevano che siamo tutti uomini; perché predicavano ai padroni che bisogna amare i servi come fratelli, perché predicavano che l’operaio ha diritto alla giusta mercede; perché insegnavano all’operaio a lavorare e guadagnarsi la vita senza spidocchiare all’elemosina; perché insegnavano con l’esempio, che se c’è un povero disgraziato che non può guadagnarsi la vita, tutti siamo obbligati ad assisterlo. E così voi combattete contro un’idea e una fede, contro una civiltà che, al contrario, proprio voi operai dovreste difendere ed amare con eroismo».Quel giovane studente diventerà, pochi anni dopo, don Zeno di Nomadelfia. Il suo attaccamento a Cristo e alla Chiesa, il coraggio di difendere fino in fondo le proprie convinzioni, il desiderio di essere coerente con il Vangelo, gli provocarono quel giorno «qualche scappellotto e qualche spintone». Altri scappellotti, forse più dolorosi, li prenderà più tardi, anche da parte di madre Chiesa. Accusato dalla sinistra come reazionario, per il suo voler stare ad ogni costo dentro la Chiesa e per la sua dura condanna dell’ideologia socialista; accusato in ambienti cattolici per il suo voler mettere in pratica, in un modo che ad alcuni pareva troppo radicale, gli insegnamenti del Vangelo, ha vissuto anni difficili. Ma dalle sue idee, seppure tra mille peripezie, è nata una comunità che ha nella fraternità la sua unica legge. E le sue parole forti, originali, scritte con la semplicità di chi vuol parlare «al popolo» ma anche con la maestria di uno «che ha studiato», sono ancora punto di riferimento per le 50 famiglie che vivono sulle colline della Maremma e per le tante persone che guardano con ammirazione a questa esperienza di vita cristiana.

I «Nomadelfi» hanno deciso adesso di raccogliere in un cofanetto i suoi scritti più importanti, dodici volumetti che comprendono i libri più noti, continuamente ristampati, ma anche titoli ormai introvabili come «Non siamo d’accordo», «La rivoluzione sociale di Gesù Cristo» o «Dopo venti secoli», un opuscolo del 1951 di cui la Santa Sede chiese di sospendere la distribuzione. Nel succedersi delle pagine si può seguire l’evoluzione del pensiero di don Zeno, i suoi passaggi attraverso difficoltà e traversie, i suoi rapporti travagliati con il mondo politico, con le autorità ecclesiastiche, ma anche la sua fedeltà alla Chiesa e il suo voler restare sempre, tenacemente, attaccato ad essa.

«Per capire questo mio scritto – scrive don Zeno introducendo un libro pubblicato nel 1970 – è necessario vivere la Chiesa, amarla come nessuna altra cosa al mondo, esserne penetrati in ogni nostra fibra e in ogni nostra aspirazione ed ispirazione dell’anima; che si possa e si sappia vedere sempre Cristo e la Fede in Lui attraverso la Chiesa, nonostante tutti i difetti umani di questa. Fuori dalla Chiesa, per chi crede in essa, è il buio; ché la verità è una: il resto è dialogo. Il dialogo cerca, mentre la verità è».

Solo chi ama la Chiesa, come don Zeno, può usare parole così sferzanti ma anche così sofferte per esprimere la propria delusione di fronte al fatto che, venti secoli dopo Cristo, esistono ancora nel mondo oppressione, sfruttamento, ingiustizia e che la fratellanza predicata dal Vangelo resta ancora un ideale lontano. Le parole di don Zeno sottolineano con amarezza le colpe di un «cristianesimo accomodante», spiegano la tristezza che nasce dal vedere «persino la famiglia cristiana, ultima nostra roccaforte ancora in piedi, sgretolarsi perché, fatte rarissime eccezioni, è un nido di egoismi che la rendono incapace di fraternizzarsi con le altre famiglie».

Il limite di don Zeno, ha detto qualcuno, è sempre stato quello di aver troppa fiducia nell’uomo, illudendosi che sia possibile costruire una società libera in cui non ci siano altre leggi se non quella della fraternità. Ma la sua utopia aveva radici profonde: nasceva dal desiderio di convincere «le masse», come le chiamava lui, che l’unico modo che hanno di ottenere giustizia non è la rivoluzione socialista ma la speranza che il Vangelo diventi, per tutti gli uomini, una regola di vita. Scrive, nel 1941: «Ogni secolo ha una spiccata missione per volontà di Dio: il secolo ventesimo ha la missione di combattere e superare la miseria delle masse popolari. È una causa sacrosanta, plausibilissima, degna di dare ad un secolo l’onore di secolo di grande civiltà. In fondo, o si cancella il Vangelo o si accetta e si favorisce con amore l’avvento di una più cristiana distribuzione dei frutti della terra e del lavoro».

Il sogno di Don Zeno, nato nell’agosto dell’anno millenovecento, è stato tradito da quel secolo in cui poneva tanta fiducia: fame e miseria, guerre e ingiustizie sono ancora imperanti nel duemila. E Nomadelfia non sarà più, come a un certo punto sembrava potesse diventare, un movimento politico o addirittura un partito. Ma continuerà ad essere, come negli ultimi anni la definiva don Zeno, una «proposta», un seme gettato per la costruzione di una civiltà che possa veramente dirsi cristiana.

Dodici volumi fuori commercio

Il cofanetto con i dodici volumi degli scritti di don Zeno è pubblicato dalla casa editrice di Nomadelfia, e non è in vendita: come tutte le riviste, i libri, le videocassette che raccontano la storia di don Zeno e della sua comunità, è fuori commercio ma può essere richiesto con un’offerta libera (c.c.p. N° 11938586 intestato a: Comunità di Nomadelfia). Per informazioni ci si può rivolgere allo 0564/338243, e-mail edizioni@nomadelfia.it oppure consultare il sito internet www.nomadelfia.it. Nomadelfia si trova al km. 8 della Grosseto-Siena; per visitare la comunità mettersi in contatto con Sandro, tel. 348-0160781 oppure 0564-338243.

Le tappe della sua vita30 AGOSTO 1900. Zeno Saltini nasce a Fossoli di Carpi (Modena), in una famiglia benestante.

1914 – CON I BRACCIANTI. A 14 anni e mezzo Zeno rifiuta di continuare gli studi, affermando che a scuola insegnano cose che non incidono nella vita, e va a lavorare nei poderi della famiglia. Vive in mezzo ai braccianti, conosce le loro miserie e ne condivide le giuste aspirazioni.

1920 – «CAMBIO CIVILTÀ». Soldato di leva a Firenze, ha uno scontro violento, lui cattolico, con un amico anarchico alla presenza degli altri soldati. L’anarchico sostiene che Cristo e la Chiesa sono di ostacolo al progresso umano. Zeno sostiene il contrario, pur riconoscendo che i cristiani sono in gran parte incoerenti. Ma l’anarchico è istruito e lui no. Tra i fischi degli altri soldati, Zeno si ritira da solo e decide: «Gli risponderò con la mia vita. Cambio civiltà cominciando da me stesso. Per tutta la vita non voglio più essere né servo né padrone». Decide di studiare legge e teologia, mentre continua a dedicarsi ad attività di apostolato ed al recupero di ragazzi sbandati.

1931 – SACERDOTE. Celebra la sua prima Messa nel duomo di Carpi e all’altare prende come figlio un ragazzo di 17 anni appena uscito dal carcere: Danilo.

1941 – LA PRIMA MAMMA. A S. Giacomo Roncole, vicino a Mirandola (MO), don Zeno accoglie come figli altri fanciulli abbandonati e fonda l’Opera Piccoli Apostoli. Ha giurato sull’altare che mai avrebbe fatto un collegio. Scoppia la seconda guerra mondiale. Nel 1941 una giovane studentessa, Irene, scappa da casa e si presenta a don Zeno dichiarandosi disposta a far da mamma ai Piccoli Apostoli. Don Zeno, con l’approvazione del vescovo, le affida i più piccoli e nasce con lei una maternità nuova, virginea. Altre giovani donne la seguono, sono le «mamme di vocazione». Alcuni sacerdoti si uniscono a don Zeno e danno inizio ad un clero comunitario.

1948 – NASCE NOMADELFIA. Dopo la fine della guerra, nel 1947, i Piccoli Apostoli occupano l’ex campo di concentramento di Fossoli, vicino a Carpi, per costruire la loro nuova città. Abbattono muraglie e reticolati, mentre accanto alle famiglie di mamme di vocazione si formano le prime famiglie di sposi, che chiedono a don Zeno di poter accogliere i figli abbandonati, decisi ad amarli alla pari di quelli che nasceranno dal loro matrimonio. L’Opera Piccoli Apostoli diventa così Nomadelfia, che significa dal greco: «Dove la fraternità è legge».

1950 – IL MOVIMENTO. Nel 1950 Nomadelfia propone al popolo un movimento politico chiamato «Movimento della Fraternità Umana», per abolire ogni forma di sfruttamento e per promuovere una democrazia diretta. Ma l’ostilità delle forze politiche e di alcuni ambienti ecclesiastici blocca l’iniziativa. I nomadelfi sono 1150, dei quali 800 figli accolti (molti dei quali bisognosi di cure particolari) e 150 ospiti senza casa e senza lavoro. La situazione economica diventa sempre più pesante.

1952 – LO SCIOGLIMENTO. Il 5 febbraio 1952 il Sant’Ufficio ordina a don Zeno di lasciare Nomadelfia. Don Zeno ubbidisce. Costretti ad abbandonare Fossoli, i nomadelfi si rifugiano in Maremma, su una tenuta di diverse centinaia di ettari da bonificare, donata da Maria Giovanna Albertoni Pirelli, dove vivono in gran parte sotto le tende. Pur lontano dai figli, don Zeno cerca di provvedere alle loro necessità, e sempre più spesso deve difenderne in tribunale alcuni che, strappati alle famiglie di Nomadelfia, sono ricaduti nella malavita.

1953 – LA LAICIZZAZIONE. Chiede perciò al Papa di poter rinunciare temporaneamente all’esercizio del sacerdozio per tornare alla guida dei suoi figli. Nel 1953 Pio XII gli concede la laicizzazione «pro gratia». Depone la veste, torna fra i suoi figli. I nomadelfi dopo la dispersione sono circa 400.

1962 – LA «SECONDA» PRIMA MESSA. Nel 1954 don Zeno crea i «gruppi familiari». Nel 1961 i nomadelfi si danno una nuova Costituzione come associazione civile, e don Zeno chiede alla Santa Sede di riprendere l’esercizio del sacerdozio. Nomadelfia viene eretta in parrocchia e don Zeno nominato parroco. Il 22 gennaio 1962 celebra la sua «seconda prima messa». Nel 1965 don Zeno propone ai nomadelfi una nuova forma di apostolato: le «Serate di Nomadelfia», uno spettacolo di danze. Nel 1968 i nomadelfi ottengono dal Ministero della Pubblica Istruzione di educare i figli nella propria scuola interna.

1980 – DAL PAPA. I nomadelfi presentano a Giovanni Paolo II, nella villa di Castelgandolfo, una «Serata». È presente tutta la popolazione di Nomadelfia. Il Papa dice tra l’altro: «Se siamo vocati ad essere figli di Dio e tra noi fratelli, allora la regola che si chiama Nomadelfia è un preavviso di questo mondo futuro dove siamo chiamati tutti».

1981 – LA MORTE DI DON ZENO. Pochi mesi dopo don Zeno, colpito da infarto, rivolge ai nomadelfi le ultime parole prima dell’agonia. Muore in Nomadelfia il 15 gennaio 1981.