Dossier

Dopo 25 anni un film «riapre» il caso Moro

di Ennio CicaliL’uccisione di Aldo Moro segna lo spartiacque nella vita politica italiana. Due anni prima, il 21 giugno 1976, in un clima di forte tensione sociale, si erano svolte le elezioni politiche con una chiamata a raccolta dell’elettorato moderato per impedire il sorpasso comunista: la Dc si confermò primo partito con un 38,7 per cento, ma a spese dei partiti di centro; il Pci ottenne il 35 per cento dei voti, mentre il Psi, sotto la guida di Bettino Craxi, arretrò di nuovo sotto il 10 per cento. Data l’indisponibilità socialista a un nuovo centrosinistra – che avrebbe avuto una maggioranza parlamentare risicata – non era possibile alcuna maggioranza politica senza il Pci. Cominciava l’era della «non sfiducia»: monocolore Dc con l’astensione di Pci, Psi, Psdi, Pri e Pli. Il 14 ottobre la Dc eleggeva Aldo Moro alla presidenza del partito.L’approssimarsi del Pci all’area governativa provocò allarme nei settori atlantici, la radicalizzazione dell’estremismo neo fascista e dell’ultrasinistra, la recrudescenza della strategia della tensione. Nel 1977 in Italia si contarono oltre 2000 attentati, con 11 morti e decine di feriti.Il 1978 non si presenta sotto buoni auspici per la governabilità. Il 16 gennaio si dimette il governo andreottiano della «non sfiducia» e tre giorni dopo, il 19, Andreotti riceve l’incarico di formare un nuovo esecutivo con l’appoggio del Pci. Sono giorni frenetici per Moro per arrivare a una maggioranza programmatica comprendente il Pci; il presidente democristiano deve far ricorso a tutto il suo prestigio, esperienza e capacità per portare la Dc unita allo storico appuntamento. L’11 marzo Andreotti vara il suo quarto governo, un monocolore Dc, la cui composizione tuttavia non piace al Pci, che minaccia di non votare la fiducia. Moro riesce ad appianare i contrasti; la situazione resta incerta fino al 16 marzo, quando il governo si deve presentare alla Camera per ottenere la fiducia. Quella mattina le Br attuano la strage di via Fani e sequestrano Moro.

Il dopo Moro si presenta all’insegna dell’incertezza, abbondano le recriminazioni e le dietrologie, quelle che ancora ci portiamo dietro.

Il 31 gennaio 1979 il quarto governo Andreotti, nato nei giorni del rapimento Moro, si dimette: è venuta meno la maggioranza di solidarietà nazionale. Durano quattro mesi i tentativi di formare un nuovo governo. Il 3-4 giugno si vota ancora: Dc e Psi confermano i voti del ’76, i laici recuperano qualcosa, il Pci perde il 4% a beneficio dei radicali.

Un nuovo «partito» si affaccia sulla scena politica, è quello delle astensioni che sfiorano il 10%, più o meno i voti del Psi, terzo partito italiano. E’ il primo avvertimento del malessere dell’elettorato che assiste ai balletti inconcludenti dei partiti, i primi segnali della dissoluzione dei due maggiori soggetti popolari – cattolico e comunista – travagliati da una profonda crisi di identità che andrà rapidamente accentuandosi negli anni successivi. Anche se la tenuta elettorale della Dc non sembra essere intaccata in maniera decisiva, essa esprime sempre meno il perdurare del rapporto organico con il mondo cattolico. Con il pontificato di papa Woityla, la Chiesa assume sempre più il ruolo di soggetto politico internazionale. In Italia non si toccano gli equilibri del passato – partito di ispirazione cristiana e unità dei cattolici – ma essi diventano ogni giorno di più un solo dato formale, privo di reali contenuti. Una situazione evidenziata dal referendum che legalizza, seppure a certe condizioni, l’interruzione volontaria della gravidanza e consente che essa avvenga nelle strutture sanitarie dello Stato. Un risultato che rivela quel «vuoto etico» verso il quale i processi di secolarizzazione hanno spinto l’Italia.

Un dato nuovo caratterizza i primi anni ’80: dopo 36 anni la Dc perde la presidenza del Consiglio, il repubblicano Giovanni Spadolini succede ad Arnaldo Forlani, il cui governo è caduto nel clima arroventato delle prime rivelazioni sulla loggia massonica P2.

L’ascesa di un laico alla presidenza del Consiglio è il sintomo del progressivo logoramento di un sistema politico dove i partiti intermedi acquistano un potere superiore al loro peso elettorale (il Pri aveva avuto il 3% dei voti).Il 4 agosto 1983 nasce il governo Craxi con la partecipazione di Dc, Psi, Pri, Psdi e Pli. Un governo che ha registrato finora la più lunga durata in carica nella storia d’Italia. Non è però un sintomo di stabilità politica: sedici governi si succedono dall’11 marzo 1978 all’11 maggio 1994, data di insediamento del primo governo Berlusconi che può essere considerato il primo governo della seconda repubblica.

Si assiste, intanto, al progressivo svuotamento del significato politico delle competizioni elettorali, partiti sempre più simili si contendono il consenso degli elettori solo per la definizione del proprio potere. Un particolare che non sfugge all’elettorato e che si manifesta nel progressivo aumento dell’astensionismo nelle ripetute consultazioni elettorali.

La crisi di democrazia dei partiti ripropone il tema delle riforme che assume un aspetto singolare: da una parte le forze politiche impegnate in estenuanti, quanto inconcludenti, dibattiti; dall’altra gli italiani che non sembrano proprio interessati a progetti riformatori.Disinteressati? Sembra… Ma agli inizi degli anni ’90 i referendum elettorali danno il via alla stagione delle «grandi riforme», più volte annunciate dai partiti, ma mai affrontate concretamente.

Domenica 9 giugno 1991, quasi 30 milioni di italiani, nonostante i partiti li avessero più volte sconsigliati, vanno alle urne per votare a favore della preferenza unica, è il primo passo verso la seconda Repubblica. Il sorprendente risultato – il 95,5% degli elettori dà un voto anti-partiti – è la prima “spallata” al sistema dei partiti. La seconda sarà data il 17 febbraio 1992 con l’inizio di «mani pulite».

Un sistema, quello dei partiti, che ha subìto cambiamenti radicali. Alcuni hanno assunto identità diverse come il Pci o il Msi, altri sono scomparsi come la Dc o il Psi. Altri sono nati come la Lega. Forza Italia, la Margherita.Il quadro politico è ben lontano dall’essersi assestato, come testimoniano i fatti di questi giorni. A venticinque anni dalla morte di Aldo Moro niente è più come prima.

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