Dossier
Marasco, il ri-trovatore delle antiche laudi
«Ma è lo spirito con cui vengono eseguiti che mi interessa», spiega. «Cerco di rifarli non come cose tratte da documenti antichi, ma come se la tradizione non le avesse mai abbandonate e le avessi riascoltate dalla viva voce di artigiani o contadini appartenenti a compagnie devozionali, quelle compagnie che sorsero nel Duecento e che contribuirono a far grande non solo Firenze ma anche le altre città toscane e umbre». Ogni chiesa importante, si può dire, aveva la sua compagnia che si ritrovava a cantar laudi la sera per i vespri, talvolta davanti ai tabernacoli delle strade. Erano frequentate anche da gente colta e altolocata, e vi appartennero i più grandi uomini del rinascimento. «Lo stesso Lorenzo il Magnifico ricorda Marasco era in compagnia con il Poliziano e altri grandi personaggi, e ha lasciato una dozzina di laudi bellissime. Ma anche lui, signore di Firenze, doveva rispettare cariche interne e regole, come l’obbligo di presenza alle riunioni. Chi ne saltava una doveva confessarsi e certificare di averlo fatto. C’erano dunque a quei tempi una fede e una spiritualità veramente vissute nella vita quotidiana, così come c’era compenetrazione tra laudi e canzoni profane».
Ecco allora l’importanza, anzi la necessità di questa riscoperta; di ricantare quei canti come se la tradizione non fosse mai cessata, ma portata avanti con la stessa fede viva di allora. «Sì, perché se la tradizione fosse continuata spiega ancora Marasco i testi si sarebbero leggermente modificati per adeguarsi all’italiano parlato, le musiche ugualmente e gli strumenti in particolare, perché se nel Duecento interveniva un liuto, alla sua scomparsa sarebbe subentrato il mandoloncello e poi il mandolino, che tutti pensano sia napoletano e invece nacque ed ebbe tanta parte nella Firenze del Rinascimento. Al posto di ribeche sarebbero comparse le chitarre e via dicendo; gli stessi strumenti che noi abbiamo inserito per mantenere vitale non solo il contenuto ma anche la forma, più prossima così anche alla sensibilità moderna. Così come abbiamo leggermente adattato il linguaggio dell’epoca a quello d’oggi, sostituendo qualche parola caduta in disuso, come avrebbe fatto appunto la tradizione che è una trasmissione viva in funzione delle necessità degli uomini di epoche successive».
Le laudi di «Pace non più guerra» e del concerto riguardano quasi tutte l’annunciazione, la maternità di Maria e la nascita di Gesù Bambino. «E lo fanno sottolinea il loro interprete con dei tocchi di dolcezza infinita, come in Dolce gioia della mamma, una ninna nanna che si immagina cantata a Gesù Bambino da sua nonna Anna, la madre di Maria, che fa trapelare la profezia della croce e invita Gesù a non piangere perché fuori c’è Erode che lo vuole uccidere. È la stessa profezia del martirio che si ritrova in una ninna nanna di una sacra rappresentazione della Lucchesia, Fai la nanna Bambinello, dove il Bambino è visto come un agnellino minacciato dal lupo».
Nei secoli più vicini a noi, l’immediatezza di certe immagini si è un po’ persa ed è subentrata nei testi una qualche forma di manierismo, come del resto è avvenuto per i soggetti sacri di pittura e scultura. Come esempio, Riccardo cita un noto canto del ‘900, «Bella tu sei qual sole», noto anche come «Dell’aurora tu sorgi più bella», dal contenuto del primo verso (vedi box). «È una canzone comunque meravigliosa, che fa riferimento a un analogo canto quattrocentesco, Maria diana stella.
Le immagini sono le stesse, prese dalla Bibbia. Riesco a cantarla in una maniera tale che la gente si commuove, eppure si sente che il testo del ‘900 ha più formalismo rispetto all’altro; è, per così dire, più oleografico mentre il primo è più immediato».
Oggi, poi, in chiesa si sente di tutto e Marasco non è certo tenero con certe influenze della musica rock americana, «non certo cristiana, brutta, ripetitiva e straniera», né con testi «spesso stiracchiati, vuoti e ripetitivi», anche se salva «alcuni canti indubbiamente belli, comunque più per le parole che per le musiche». Perché allora non recuperare le laudi più antiche, non solo da parte dei cori più sensibili ma anche come proposta più generale? «Sarebbe conclude il cantautore una cosa senza dubbio auspicabile, dai risvolti anche catechetici e che potrebbe coinvolgere gli stessi giovani in una pratica devozionale più attraente rispetto ad altre. Quanti ai cori, potrebbero cimentarsi sul recupero della tradizione attraverso rassegne o anche concorsi per la rielaborazione del miglior testo su una o più musiche dei laudari. A beneficio loro e anche di tutti quelli che non condividono l’omologazione alla cultura musicale americana».
Bella tu sei qual sole…
Bella tu sei qual sole…