Dossier

Marasco, il ri-trovatore delle antiche laudi

di Marco Lapi«Mi lusinga molto poter presentare ai lettori di Toscanaoggi, nel concerto del 2 gennaio, questi canti del periodo natalizio che ho inciso su un disco alcuni anni fa». Non sono certo parole di circostanza, queste pronunciate da Riccardo Marasco all’inizio della nostra chiacchierata per presentare l’evento. Basta guardare come si infervora e come gli brillano gli occhi quando parla di riscoperta della tradizione, cioè del lavoro che da sempre più lo appassiona, sia come ricercatore che come artista. Così è stato per questa raccolta, «Pace e non più guerra», una selezione di laudi che vanno dal Duecento al Sei-Settecento, con brani più noti agli studiosi e inseriti anche nel repertorio di alcuni cori e altri riscoperti proprio da lui.

«Ma è lo spirito con cui vengono eseguiti che mi interessa», spiega. «Cerco di rifarli non come cose tratte da documenti antichi, ma come se la tradizione non le avesse mai abbandonate e le avessi riascoltate dalla viva voce di artigiani o contadini appartenenti a compagnie devozionali, quelle compagnie che sorsero nel Duecento e che contribuirono a far grande non solo Firenze ma anche le altre città toscane e umbre». Ogni chiesa importante, si può dire, aveva la sua compagnia che si ritrovava a cantar laudi la sera per i vespri, talvolta davanti ai tabernacoli delle strade. Erano frequentate anche da gente colta e altolocata, e vi appartennero i più grandi uomini del rinascimento. «Lo stesso Lorenzo il Magnifico – ricorda Marasco – era in compagnia con il Poliziano e altri grandi personaggi, e ha lasciato una dozzina di laudi bellissime. Ma anche lui, signore di Firenze, doveva rispettare cariche interne e regole, come l’obbligo di presenza alle riunioni. Chi ne saltava una doveva confessarsi e certificare di averlo fatto. C’erano dunque a quei tempi una fede e una spiritualità veramente vissute nella vita quotidiana, così come c’era compenetrazione tra laudi e canzoni profane».

Parole che dipingevano immagini carnali, tutt’altro che «distanti» od olegrafiche, ma dalla profondità teologica enorme, come gli affreschi che popolavano le chiese e che erano per i fedeli di allora catechesi quotidiana.Non è la prima volta che ne parliamo insieme, ma è sempre sorprendente riscoprire il cantautore dell’«Alluvione» come un vero e proprio fiume in piena su questi argomenti, di cui è indiscusso maestro. «Prendi ad esempio – dice – due tra i laudari più antichi che hanno più o meno lo stesso repertorio, quello di Cortona e il Codice Magliabechiano. Quest’ultimo, un po’ posteriore e più “ricco”, apparteneva però a una confraternita anteriore, detta “del Piccione”, che altri non era che lo Spirito Santo. Ma ti rendi conto che bellezza e autenticità ha una fede che ha il coraggio di vivere la devozione chiamando ufficialmente Piccione lo Spirito Santo, come se fosse l’amico artigiano con cui scherzare? È la grandezza di una cultura eccezionale, capace non solo di trasmettere attraverso il canto una vera e propria educazione teologica, ma anche di creare, con le compagnie, tutto un senso di solidarietà e di vita in comune, di ravvivare le chiese e i tabernacoli. Eppure non è che nel medioevo o nel ‘400 ci fosse più pace, tutt’altro. C’erano, anche qui in Toscana, guerre e assedi tremendi, ma invece che raccontare le malefatte, i canti di allora dicevano “pace non più guerra”. Erano tempi tremendi, eppure più santi. Oggi invece il sacro praticamente non c’è più, non esiste. Oggi un canto con la strofa “pace non più guerra” non si sente più, si è come perso per strada».

Ecco allora l’importanza, anzi la necessità di questa riscoperta; di ricantare quei canti come se la tradizione non fosse mai cessata, ma portata avanti con la stessa fede viva di allora. «Sì, perché se la tradizione fosse continuata – spiega ancora Marasco – i testi si sarebbero leggermente modificati per adeguarsi all’italiano parlato, le musiche ugualmente e gli strumenti in particolare, perché se nel Duecento interveniva un liuto, alla sua scomparsa sarebbe subentrato il mandoloncello e poi il mandolino, che tutti pensano sia napoletano e invece nacque ed ebbe tanta parte nella Firenze del Rinascimento. Al posto di ribeche sarebbero comparse le chitarre e via dicendo; gli stessi strumenti che noi abbiamo inserito per mantenere vitale non solo il contenuto ma anche la forma, più prossima così anche alla sensibilità moderna. Così come abbiamo leggermente adattato il linguaggio dell’epoca a quello d’oggi, sostituendo qualche parola caduta in disuso, come avrebbe fatto appunto la tradizione che è una trasmissione viva in funzione delle necessità degli uomini di epoche successive».

Le laudi di «Pace non più guerra» e del concerto riguardano quasi tutte l’annunciazione, la maternità di Maria e la nascita di Gesù Bambino. «E lo fanno – sottolinea il loro interprete – con dei tocchi di dolcezza infinita, come in “Dolce gioia della mamma”, una ninna nanna che si immagina cantata a Gesù Bambino da sua nonna Anna, la madre di Maria, che fa trapelare la profezia della croce e invita Gesù a non piangere perché fuori c’è Erode che lo vuole uccidere. È la stessa profezia del martirio che si ritrova in una ninna nanna di una sacra rappresentazione della Lucchesia, “Fai la nanna Bambinello”, dove il Bambino è visto come un agnellino minacciato dal lupo».

Nei secoli più vicini a noi, l’immediatezza di certe immagini si è un po’ persa ed è subentrata nei testi una qualche forma di manierismo, come del resto è avvenuto per i soggetti sacri di pittura e scultura. Come esempio, Riccardo cita un noto canto del ‘900, «Bella tu sei qual sole», noto anche come «Dell’aurora tu sorgi più bella», dal contenuto del primo verso (vedi box). «È una canzone comunque meravigliosa, che fa riferimento a un analogo canto quattrocentesco, “Maria diana stella”.

Le immagini sono le stesse, prese dalla Bibbia. Riesco a cantarla in una maniera tale che la gente si commuove, eppure si sente che il testo del ‘900 ha più formalismo rispetto all’altro; è, per così dire, più oleografico mentre il primo è più immediato».

Oggi, poi, in chiesa si sente di tutto e Marasco non è certo tenero con certe influenze della musica rock americana, «non certo cristiana, brutta, ripetitiva e straniera», né con testi «spesso stiracchiati, vuoti e ripetitivi», anche se salva «alcuni canti indubbiamente belli, comunque più per le parole che per le musiche». Perché allora non recuperare le laudi più antiche, non solo da parte dei cori più sensibili ma anche come proposta più generale? «Sarebbe – conclude il cantautore – una cosa senza dubbio auspicabile, dai risvolti anche catechetici e che potrebbe coinvolgere gli stessi giovani in una pratica devozionale più attraente rispetto ad altre. Quanti ai cori, potrebbero cimentarsi sul recupero della tradizione attraverso rassegne o anche concorsi per la rielaborazione del miglior testo su una o più musiche dei laudari. A beneficio loro e anche di tutti quelli che non condividono l’omologazione alla cultura musicale americana».

Antologia da «pace non piu’ guerra»Altissima luce con grande splendore,in te dolce amore abbiam consolanza.Ave Regina, pulzella amorosa,stella marina che non stai nascosa,luce divina virtù graziosa,bellezza formosa, di Dio se’ sembianza (…)Verginitade a Dio inpromettesti,humanitade con lui congiungesti,con puritade tu sì parturisti,di lui avesti ogne gran dilectanza. (…)(Altissima luce, manoscritto cortonese – manoscritto fiorentino) Bambino divino nell’ombra apparì;fra grotte di notte più chiara che il dì.Maria la pia sul fieno posòil nato portato che cieli creò.Nel gelo col velo le membra coprìE il figlio, qual giglio tra spine vagì. (…)(Bambino divino, stampa anonima e senza note tipografiche) (…) Lascia la patria cara chi andar vuole a Gesù,e per la strada amara convien camminar sù.Si lasciano i parenti e i pravi sentimenti:per monti per ponti per valli per callidiretti ben stretti cammino si fa. (…)(Chi per la strada retta, Canzonette Spirituali 1657) (…) Se tu piangi il cor mio langue.Verrà tempo e spargerainon più lacrime ma sangue.Chiudi al pianto gli occhi ormaisù col sonno il tempo inganna,o trastullo di Sant’Anna!O coruccio della nonna,il più caro ed il più belloche nascesse mai da donna,tu che sei di Dio l’Agnellohai per casa una capanna;fai la ninna, fai la nanna! (…)(Ninna nanna al Bambin Gesù, Canzonette Spirituali 1657) Fa’ la nanna bambinello / che ti canto uno stornellodi un bellissimo agnellino / bianco liscio ricciolinose ne andava ritto e snello / bere l’acqua di un ruscello.Ma da un buco cupo cupo / Esce fuori un grosso lupo,che alla morte lo condanna. / Bambinello, fai la nanna.Bambinello, fai la nanna.(Fa’ la nanna bambinello, tradizione orale) (…) Pargoletto ti miro,e so che vuoi dir tu:«Ricorre a me chi peccator già fue ancor che indegno siadella clemenza mianon stia l’alma sospettach’io son fanciullo e non so far vendetta!». (…)(Cantar vorrei la nanna, Corona di Sacre Canzoni… 1710) (…) Gloria ‘n cielo e pace ‘n terranato è il nostro Salvatore. (…)Pace ‘n terra sia cantata,gloria in ciel desideratala donzella consacrataparturito ha il Salvatore.(Gloria in cielo e pace in terra, manoscritto cortonese – manoscritto fiorentino) (…) Giubilate tutti quantipoiché giunto è il lieto dìnello qual fra suoni e cantimentre Vergin partorìscesi son gli Angeli in terracantar: «Pace, non più guerra!».(Festa, festa, peccatore, Canzonette Spirituali 1657) Quattrocento e Novecento,due canti mariani a confronto MARIA DIANA STELLAO Maria, diana stella, / che riluci più del solela mia lingua dir non pole / o Maria quanto sei bella.O Maria quanto sei bella! O Maria di sol vestita / delle stelle incoronatadella luna sei calzata / specchio sei di nostra vita.O Maria quanto sei bella! O Maria quel tuo bel manto / che tu porti in santo corocampo azzurro e stelle d’oro / e fiorito è tutto d’oro.O Maria quanto sei bella! O Maria quel tuo bel viso / con quegli occhi onesti e santiper te gli angeli tutti quanti / sempre stanno in canto e riso.O Maria quanto sei bella! O Maria del ciel regina, / madre del nostro Signore,Speranza del peccatore / tutto il cielo a te s’inchina.O Maria quanto sei bella! BELLA TU SEI QUAL SOLEDell’aurora tu sorgi più bellacoi tuoi raggi a far lieta la terrae fra gli astri che il cielo rinserranon v’è stella più bella di te. Bella tu sei qual sole bianca più che la luna e le stelle le più belle non son belle al par di te. T’incoronano dodici stelleai tuoi piedi hai le ali del ventoe la luna si curva di argentoil tuo manto ha i colori del ciel.

Bella tu sei qual sole…

Gli occhi tuoi son più belli del mare,la tua fronte ha il colore del giglio,le tue gote, baciate dal Figlio,son due rose e le labbra son fior.

Bella tu sei qual sole…

Il sito di Riccardo Marasco