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Corruzione: Istat, un terzo degli italiani ritiene inutile denunciarla

In Italia, un quarto degli over 14 considera la corruzione un fatto naturale e inevitabile (il 25,8% si dichiara molto o abbastanza d’accordo con tale affermazione); sei persone su dieci ritengono pericoloso denunciare fatti di corruzione e oltre un terzo (36,1%) lo ritiene inutile. È quanto emerge dal report su «Senso civico: atteggiamenti e comportamenti dei cittadini nella vita quotidiana» diffuso oggi dall’Istat.

Stando ai dati del report, la percezione dell’inevitabilità della corruzione è di poco più elevata al Sud (27,9%) mentre nei confronti della denuncia i residenti del Nord ritengono in misura maggiore che sia pericolosa (66,7% degli abitanti del Nord-ovest e 64,7% di quelli del Nord-est) o inutile (37,2% e 38,6%).

«I giovani – spiega l’Istat – esprimono un atteggiamento leggermente meno negativo di adulti e anziani nei confronti della utilità della denuncia».

Per alcuni comportamenti, il livello di istruzione fa la differenza nella percezione di gravità e nell’atteggiamento di conseguente condanna. Gli scarti maggiori a favore dei più istruiti si osservano rispetto ai giudizi di massima gravità attribuiti ai comportamenti corruttivi e al voto di scambio (con scarti a favore dei più istruiti di 6-8 punti percentuali). Tra i più giovani, la disponibilità di maggiori risorse culturali favorisce gli atteggiamenti di condanna. Il 76,1% dei cittadini assegna un giudizio di gravità massimo al voto di scambio.

In Italia, l’84% delle persone di 18 anni e più nel 2018 riporta di non gettare carte per strada (in aumento rispetto al 2014), il 74,4% degli automobilisti di non parcheggiare in doppia fila e poco più della metà di questi dichiara di prestare abitualmente attenzione a non adottare comportamenti rumorosi alla guida.

Rispetto al decoro degli spazi pubblici, le donne si mostrano più attente alle regole di comportamento: non getta carte in terra l’87,3% delle intervistate rispetto all’80,4% degli uomini mentre i giovani sono meno rispettosi degli anziani: il 72,5% dei 18-24enni a fronte del 90% delle persone di 75 anni e più.

Per quanto riguarda la guida, il 54,8% degli italiani fa abitualmente attenzione a non adottare comportamenti fastidiosi come suonare inutilmente il clacson. Anche in questo caso le donne sono più attente degli uomini (rispettivamente 77,9% contro 71,8% e 57,8% contro 52,4%). Nei grandi centri urbani l’abitudine a parcheggiare in doppia fila sembra molto consolidata: scende al 58% la quota degli automobilisti che dichiara di non farlo. I giovani sono più inclini degli anziani alla sosta in doppia fila mentre i comportamenti rumorosi alla guida interessano più gli adulti nelle età centrali rispetto a giovani e anziani.

Dal lato dei giudizi di ammissibilità dei comportamenti, rilevati nel 2016, il 23,4% degli intervistati ritiene, in determinate condizioni, accettabile parcheggiare in sosta vietata, il 18,5% concede deroghe all’uso del cellulare alla guida. Guidare dopo aver bevuto, passare con il rosso, non indossare il casco sono giudicati gravi rispettivamente dall’87,2%, dal 79,0% e dal 78,2% dei rispondenti. Una quota decisamente più bassa (52,6%) giudica grave usare il cellulare alla guida.

In Italia, l’area della fedeltà fiscale si conferma come problematica per i cittadini anche in situazioni concrete. A fronte di una richiesta di erogazione di una prestazione professionale in nero, il 56,1% degli intervistati insisterebbe per avere la ricevuta, il 27,5% accetterebbe se conviene e il 13,8% pagherebbe per evitare discussioni. Analogamente, nel caso della mancata emissione di uno scontrino da parte di un esercente di un servizio commerciale, sei persone su 10 (61,6%) insisterebbero per avere lo scontrino, il 19,4% non ci farebbe caso e il 16,5% non direbbe alcunché per evitare discussioni.

«Nel Sud – spiega l’Istat – è diffuso un atteggiamento di accettazione (pagherebbe per evitare discussioni il 18,7% una prestazione in nero e il 20,3% un bene o servizio senza scontrino) mentre nel Nord-est un atteggiamento di convenienza (il 32,1% pagherebbe in nero una prestazione se convenisse). Nel Centro-nord più del 20% ammette di non far caso alla mancata emissione dello scontrino».

Se si considerano i comportamenti in situazioni concrete, si assottigliano a pochi punti percentuali le differenze per età nel caso del pagamento di una prestazione in nero, situazione che i più giovani sperimentano più raramente. Nel caso del pagamento di un bene o servizio, il 45-46% dei giovani (14-24 anni) ammette di pagare senza ricevuta fiscale perché non ci fa caso o per evitare discussioni, contro il 31,5% degli adulti di 45-54 anni e il 35,4% degli anziani di 65 anni e più.

Rispetto alla ricerca del lavoro, in Italia è particolarmente rilevante la quota di persone di over 14 che ritengono giusto in alcuni casi farsi raccomandare (28,3%). La giustificazione più diffusa è la mancanza di alternative per ottenere un posto di lavoro (19,6%) mentre l’8,7% lo valuta un comportamento ammissibile se lo si merita.

Dal punto di vista territoriale, la pratica clientelare nella ricerca del lavoro è leggermente più accettata al Nord che al Sud e nelle Isole: la differenza è riconducibile soprattutto alle quote più elevate di coloro che ritengono ammissibile la raccomandazione in presenza di merito (10,1% contro circa il 7%). La distanza territoriale è ancora meno evidente per chi ammette la raccomandazione come estrema ratio (se non c’è altro modo, 19-20%). La raccomandazione è valutata con maggiore indulgenza tra i 18 e i 34 anni, una fascia di età in cui generalmente ci si affaccia nel mondo del lavoro; tra questi il 63% circa approva la pratica clientelare; più intransigenti giovanissimi (68%) e anziani (74%).

Tra i giovani, la minore intransigenza si associa a sentimenti di rassegnazione o a ragioni di merito: il 22,6% dei 18-24enni ritiene che sia giusto ricorrere alle raccomandazioni se non c’è altro modo per avere un lavoro e il 12% circa quando si è convinti di meritarlo (16,5% e 6,8% tra i più anziani). Quote più elevate di persone che considerano giusto farsi raccomandare per ottenere un posto di lavoro si rilevano poi tra i disoccupati (34,9%).

Tra i comportamenti esaminati dall’Istat anche il copiare a scuola. Quasi il 70% degli over 14 lo giudica un atto molto grave o abbastanza grave. Il giudizio di gravità è largamente condiviso sul territorio. Copiare a scuola è ritenuto soprattutto un danno a scapito di chi copia (34% circa) e in generale un comportamento che danneggia tutti, perché contro le regole (29% circa). Appena l’8% circa ritiene che si tratta di un comportamento che lede il ruolo istituzionale dell’insegnante. Poco più di una persona su dieci, invece, pensa che il copiare a scuola non danneggi alcuno, ritenendolo un comportamento ammissibile.