Italia

Droghe: aumentano gli ingressi in comunità

In occasione della Giornata mondiale per la lotta alla droga (26 giugno), la Comunità di recupero di San Patrignano ha reso noto, per voce del coordinatore del suo Comitato sociale, Antonio Tinelli, che nel 2015 ci sono stati 468 ingressi, con un aumento del 20% rispetto al 2014. «Quest’anno – ha aggiunto – stando ai numeri dei primi mesi, prevediamo un ulteriore 20% in più di ingressi». Tra i «nuovi arrivi» – nel 92% dei casi si tratta di poliassuntori – 77 ragazze (età media 26 anni) e 391 ragazzi (età media 29 anni). Al loro interno 30 minorenni. La sostanza più utilizzata è la cocaina ma sta tornando l’eroina, e sono 200 le nuove droghe immesse sul mercato negli ultimi due anni. Forte lo sviluppo dell’acquisto online, soprattutto da parte dei più giovani. Dati suffragati dalle organizzazioni di matrice cattolica impegnate nel contrasto alle dipendenze e nel recupero delle persone, che guardano con preoccupazione all’ipotesi di legalizzazione della cannabis, in discussione in Parlamento, per uso ricreativo. Per tutte, la lotta alla dipendenza si gioca a livello preventivo sui giovani con proposte educative, di valori, di stili di vita.

«Con l’allentamento della pressione militare in Afghanistan è aumentata la produzione di oppio – ci spiega Roberto Mineo, presidente del Centro italiano di solidarietà don Mario Picchi – e in Italia si registra un drammatico ritorno dell’eroina, madre di tutte le droghe, che arriva attraverso la rotta balcanica. A Roma si parla di + 37%». Prima si cercava l’euforia e l’iperfunzionamento da cocaina; oggi la crisi economica, le difficoltà e l’incertezza del futuro portano alla «fuga dalla realtà tramite eroina fumata e sniffata». Preoccupa anche la «diffusione pervasiva delle smart drugs, 128 delle quali ancora non identificate, smerciate su Internet attraverso siti camuffati: sostanze in una sorta di ‘limbo’, di cui non si conoscono ancora effetti e rischi e per le quali i nostri figli stanno facendo da cavia».

Molti dei 450 utenti che frequentano con le famiglie il percorso proposto dal Ceis sono poliassuntori, in buona parte figli di ex-tossici o di persone che fanno uso di cannabis senza avvertirne la gravità. «Nella cannabis odierna, geneticamente modificata – spiega Mineo – la concentrazione del principio attivo è passata dal 17% al 40-50%». Fermo il no alla sua legalizzazione: «Per il 99% dei ragazzi che ne fa uso spalanca la porta alle altre droghe». La sfida, conclude, si può vincere solo «contrastando il narcotraffico e attraverso l’informazione-prevenzione nelle scuole con gruppi di peer-educatation».

Anche per don Armando Zappolini, presidente del Coordinamento nazionale Comunità di accoglienza (Cnca), le parole chiave sono «contrasto a mafie e criminalità organizzata che si arricchiscono sulla pelle dei più deboli» e «educazione-prevenzione». «L’approccio punitivo-repressivo – avverte – aggira il problema senza risolverlo. Occorre colpire il mercato, molto più attivo ed efficiente delle risposte offerte dal sistema di cura, ma al tempo stesso bisogna agire sui modelli e gli stili di vita, riuscire a suscitare nei giovani ragioni di senso, passione per la vita vera».  E attenzione alle «dipendenze non meno insidiose da Internet, gioco d’azzardo alcol, tabacco».

Conferma l’aumento dell’eroina e dei poliassuntori, «giovani che non si rendono neppure conto di quello che prendono a causa di una mancata informazione», Luciano Squillaci, presidente della Federazione italiana comunità terapeutiche (Fict), per il quale l’incremento delle richieste di aiuto «è di per sé un fallimento perché dovremmo intercettare il disagio alle prime avvisaglie, intervenendo con una efficace prevenzione e informazione sul territorio e coinvolgendo tutte le reti sociali: servizi pubblici e privati, scuola, famiglia, istituzioni . Questi ragazzi qualche anno prima erano magari nei nostri gruppi parrocchiali, scout, nelle nostre associazioni. Occorre alzare il tiro della proposta educativa, altrimenti rischiamo di perderli».

E poi c’è un altro problema: l’esistenza di una quota di popolazione che, ritenendo erroneamente di non avere problemi di dipendenza, non chiede aiuto ai Servizi, la cosiddetta «parte sommersa». Quanto all’ipotesi di legalizzazione della cannabis, Squillaci chiarisce: «Non possiamo accettare che l’uso di sostanze venga ritenuto uno stile di vita normale, né che si metta mano ad una norma con un approccio ideologico; chiediamo un approccio integrale che metta al centro la persona e tenga conto del momento preventivo, riabilitativo, di cura». Per i 42 centri federati alla Fict «nessuno è irrecuperabile».

Nel confermare i dati di San Patrignano, Giovanni Paolo Ramonda, responsabile generale della Comunità Papa Giovanni XXIII, 21 comunità terapeutiche in tutta Italia che attualmente ospitano 450 ragazzi in terapia residenziale, assicura: «La prevenzione primaria è una famiglia solida nella quale educare i ragazzi fin da piccoli alla responsabilità e al sacrifico, ma anche alla solidarietà. Stare accanto al disabile, all’anziano, al profugo fa crescere in modo sano».

«Il 90% dei giovani ospiti delle nostre case-famiglia – prosegue – viene invece da famiglie ‘fragili’ o con almeno uno dei genitori che soffre di dipendenza da gioco, alcol o psicofarmaci». E per i ragazzi è anche «allarme dipendenza videogiochi , sottovalutata da molti genitori, ma che crea vere e proprie crisi di astinenza e per la quale ci stiamo attrezzando». Essenziale la prevenzione nelle scuole dove la Comunità porta la testimonianza peer to peer di giovani che sono usciti dalla dipendenza.