Italia

ELUANA ENGLARO, DDL DEL GOVERNO; GAMBINO (UNIV. EUROPEA),  «DIGA CONTRO EUTANASIA»

“Se configura il reato dell’interruzione dell’alimentazione e dell’idratazione, dal momento in cui sarà operativo tale azione non potrà più essere posta in essere. Chiunque si dovesse imbattere in futuro in un reato del genere, ha il dovere di recarne comunicazione e di denunciare”. Alberto Gambino, ordinario di diritto privato all’Università europea di Roma, commenta in questi termini al Sir l’approvazione di un decreto legge sulla vicenda di Eluana Englaro, dopo una lunga discussione svoltasi nel corso del Consiglio dei Ministri di oggi. Quello sancito dal ddl governativo, spiega Gambino, è “un principio importante”, perché “non si tratta tanto di un’ordinanza contro la sentenza della Corte di Appello di Milano, ma della conferma di un principio che è nel nostro ordinamento, e che talune ordinanze giurisprudenziali hanno disatteso, senza essere però ritenuti diritti prevalenti”. Siamo in presenza, dunque, per il giurista, “non di discontinuità con il contenuto di altre sentenze, ma di un’armonia con la maggior parte delle sentenze dei nostri giudici”.“Una diga contro l’introduzione dell’eutanasia del nostro Paese, e una conferma dei nostri principi ordina mentali”: questo, in sintesi, il giudizio di Gambino sul ddl, il cui varo dimostra che “in Italia la legge è sovrana, non i singoli pareri dei magistrati. La legge prevale sempre sulla giurisprudenza, sugli orientamenti dei giudici”. “La civiltà giuridica è per la persona, non contro la persona – ricorda il giurista – ed il diritto alla salute è un diritto collettivo, sancito e tutelato dalla nostra Costituzione”. Per quanto riguarda Eluana, l’auspicio è che “prosegua il sostentamento nelle modalità più coerenti per la somministrazione dell’alimentazione e dell’idratazione artificiali”, e che “continui la sua degenza, che in questi casi può essere molto lunga, visto che si tratta di una condizione di disabilità che non ha una cura”. Per questo, ricorda Gambino, “Eluana non poteva essere ricoverata: il suo luogo naturale era una struttura come quella dove si trovava a Lecco, o analoga, dove qualcuno – come le suore che l’hanno accudita – se ne può far carico. Non una casa di cura che funge da albergo, con una associazione di medici privati”.Sir