Italia

Famiglia e Paese possono (devono) crescere insieme

«Coraggio, avanti su questa strada con le famiglie!». È il saluto, pieno di slancio e di affetto, che Papa Francesco, dopo l’Angelus, ha rivolto ai milletrecento partecipanti alla 47ª Settimana Sociale di Torino, che era iniziata con un suo messaggio e proseguita con la prolusione del cardinale Bagnasco. A conclusione dell’appuntamento domenicale con i fedeli in piazza San Pietro, il Papa si è unito idealmente alla platea torinese citando il tema della Settimana e rallegrandosi «per il grande impegno che c’è nella Chiesa in Italia con le famiglie e per le famiglie e che è un forte stimolo anche per le istituzioni e per tutto il Paese». Famiglie e Paese: un binomio che dal Teatro Regio, subito prima di ascoltare le parole di Francesco, si è sentito vibrare con forza: «La famiglia non è un affare privato». È «la prima conclusione, il punto di non ritorno del nostro cammino», ha detto tracciando le fila dei lavori Luca Diotallevi, vicepresidente del Comitato scientifico e organizzatore. Ma, soprattutto, «ci costringe a inserire nel dibattito pubblico italiano un elemento scandalosamente scorretto». L’appuntamento è al 2017 – ha annunciato monsignor Arrigo Miglio, arcivescovo di Cagliari e presidente delle Settimane Sociali – per continuare un cammino iniziato più di un secolo fa e che ha visto nella figura di Toniolo e nella città di Torino un significativo avamposto. Protagonisti, oggi come allora, i laici, chiamati a «combattere», soprattutto in ambito politico, la «buona battaglia» con «l’agonismo della libertà».

Un «new deal» sulla famiglia. «La famiglia non è un affare privato», e l’architettura della famiglia «è una parte essenziale, ineliminabile, dell’architettura della civitas». Nelle conclusioni di Diotallevi è risuonata, dall’inizio, la prolusione del cardinale Bagnasco, che fin dalle prime battute ha esortato la platea a «provare ad ascoltare l’uomo e la donna di oggi, senza pregiudizi o filtri ideologici». L’obiettivo: un «new deal» sulla famiglia, auspicato anche da Franco Pasquali, coordinatore di Retinopera. Prima mossa: un esame di coscienza. Diotallevi è volutamente provocatorio: «Cosa abbiamo fatto noi laici cattolici italiani, in questi tre anni nella civitas e nella ecclesia, anni così difficili e talvolta drammatici. E ancora: «È inutile, o ipocrita, che i laici cattolici italiani si pongano la questione della famiglia senza porsi anche con schiettezza lo Stato in cui versa oggi il cattolicesimo politico in Italia».

I laici in prima fila. «Se è vero che la famiglia non è un affare privato, ma pubblico, ciò significa che il caso della famiglia ha molti profili, e sicuramente uno anche politico». È una vera e propria «chiamata alle armi», nella direzione pacifica di chi accetta il dialogo e il confronto, quella di Diotallevi. «Bisogna combattere», e la partita si gioca sul piano politico, è lì che vanno pensate con creatività le «azioni collettive», che rimandano a una parola che è ricorsa molto di frequente nella Settimana Sociale: «Alleanza». Quello dei laici cattolici si profila come «un impegno pesante e protratto nel tempo». Inutile nascondersi, del resto, che «sono decenni che agli italiani viene negato di avere un voto pesante almeno quanto quello che hanno i cittadini delle grandi democrazie». Vogliamo essere noi, invece, a decidere chi ci rappresenta, ne abbiamo il diritto e il dovere.

L’agonismo della libertà. «Bisogna combattere», con «l’agonismo della libertà» di sturziana memoria e con la capacità di «convergere». E la prima battaglia è quella di «continuare ad affermare lo spirito e la lettera con cui la nostra Costituzione riconosce i diritti e i doveri di quella particolare formazione sociale che è la famiglia fondata sul matrimonio. Non possiamo spaventarci né tacere di fronte a chi propone o minaccia di trasformare un diritto in un reato di opinione». Ma sono tanti i temi sul tappeto, come «la valenza pubblica dell’impegno educativo, la contestazione radicale che va portata alla pretesa dello Stato di farsi educatore, la crisi dell’educazione alla laboriosità e all’intraprendere, il carattere ingiusto e inefficiente della pressione fiscale che oggi debbono sopportare i contribuenti italiani e le loro famiglie, la onerosità e gli aspetti sperequativi del modello di welfare State tuttora imperante». Senza contare lo «sfruttamento» delle famiglie immigrate e il degrado degli spazi urbani che incide sulla qualità della vita, non solo delle periferie. Le Settimane Sociali, ha detto il Papa all’apertura di questa edizione, «sono state provvidenziali e preziose, e lo sono ancora oggi». Anche per la loro capacità di «affrontare, e se possibile anticipare, gli interrogativi e le sfide talvolta radicali posti dall’attuale evoluzione della società». «Coraggio, avanti», il suo invito all’Angelus. Appuntamento, allora, nel 2017.

*inviata Sir a Torino