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Festival Dottrina sociale: i cattolici tornino ad essere «popolo»

Partendo da uno dei quattro «primati», quello del «tempo» sullo «spazio», che papa Francesco ha inserito nella sorta di sua prima sostanziale enciclica, la quarta edizione di questo festival è una occasione interessante per riflettere sulle potenzialità concrete di quella che è stata definita «una carezza di Dio alle periferie umane»: la dottrina sociale, appunto, della Chiesa cattolica.

Ed è stato papa Francesco, in un certo non formale videomessaggio introduttivo, a invitare tutti sulla strada dell’andare «oltre», del «prendere l’iniziativa», del «liberare il bene» senza «lasciarsi imprigionare dal denaro» in un sistema «che tende a omologare tutto» perché il denaro «la fa da padrone». Denaro – ha proseguito Francesco – che non manca mai per armi e per guerre ma manca troppo spesso quando si devono creare occasioni di lavoro, investimenti in conoscenza, salvaguardie per un ambiente ferito». Soldi – ha aggiunto il papa – che da soli non creano lo sviluppo se mancano le persone capaci di creare iniziative agevolando la crescita dei famosi «talenti».

Ed è su questo che in una sala della Gran Guardia», a due passi dall’Arena, si è sviluppato il primo dei tanti appuntamenti previsti fino a domenica mattina. Un confronto a tre – con un vescovo, un rettore, un ministro – dove il compito … morettiano di dire «qualcosa di sinistra» è stato pienamente assunto non dal ministro Giuliano Poletti, pure proveniente da una storia di «sinistra» e pezzo forte in un governo di «centrosinistra», ma direttamente da mons. Mario Toso che di professione fa il segretario al Pontificio Consiglio di Giustizia, in Vaticano.

Alla netta e convinta difesa di politiche, per qualcuno neoliberiste, che ad esempio su lavoro e occupazione sta interpretando il governo Renzi – difesa ovviamente portata avanti da un Giuliano Poletti molto determinato a buttar giù dalla torre il lavoro a tempo indeterminato – il vescovo Toso ha invece ricordato l’obbligo di tornare a far prevalere la «politica» sulla «finanza». Ha strigliato i politici, compresi i cosiddetti nuovi («finora abbiamo visto solo un grande mostrare di muscoli»).

Ha invitato il disperso mondo cattolico a tornare a «essere popolo», puntando a «superare la staticità e la diaspora attuale» per ridiventare «nuovo movimento sociale» che – ha aggiunto – di per sé «non è peccato» anche perché «oggi non abbiamo più nessuno che ci rappresenti come dovrebbe». Un invito, quello di mons. Toso, a «diventare popolo» anche «per poter portare quell’umanesimo cristiano di cui il mondo ha oggi estremo bisogno». Parole dolci per qualcuno, ad esempio per mons. Gastone Simoni, vescovo emerito di Prato, presente a Verona con una pattuglia toscana del Collegamento Sociale Cristiano.

E parole cui Toso – nello specifico della disoccupazione giovanile – ha aggiunto uno sferzante appello per «riappropriarsi della democrazia» in una fase in cui «la finanza continua a vincere sulla politica con il consenso dei politici, magari riuniti in Australia» e mentre la democrazia, «dimenticando i cittadini è lasciata nelle mani di populismi e oligarchie».

Una spinta al riformismo, attraverso una «nuova evangelizzazione del sociale», che la Chiesa cattolica sta lanciando nello scenario globale ferito dalla cattiva finanza ormai da tempo. A questo proposito il vescovo Toso ha ricordato come grandi organizzazioni mondiali (Onu e Banca mondiale) abbiano da tempo riconosciuto questo ruolo alla Chiesa cattolica. Tanto che, ai tempi di papa Benedetto, si pensò addirittura di attribuire un Nobel proprio al pontefice. A quel pontefice.