Italia

Francesco con parenti vittime della mafia. Don Ciotti (Libera): «I protagonisti sono i loro nomi»

Sono circa un migliaio i familiari delle vittime delle mafie che lo accolgono, in rappresentanza dei circa 15mila che hanno subito la perdita di un loro caro per mano della violenza mafiosa. Tra di loro, i parenti di don Pino Puglisi, la famiglia di don Giuseppe Diana, Rosaria Costa, vedova di Vito Schifani, uno dei tre ragazzi della scorta di Giovanni Falcone, e Maria Falcone, sorella del magistrato ucciso. È la prima volta che un Papa partecipa ad un raduno di «Libera», l’associazione fondata da don Luigi Ciotti: oggi sono qui i rappresentanti territoriali e di alcune delle 1.600 associazioni che la compongono, e siedono accanto ai rappresentanti istituzionali che hanno aderito all’iniziativa. La veglia di preghiera di oggi, durante la quale verranno letti i nomi delle vittime di tutte le mafie, si tiene alla vigilia della XIX Giornata della memoria e dell’impegno, che si svolgerà domani a Latina, dove si ritroveranno migliaia di persone, soprattutto giovani, provenienti da tutta Italia per partecipare a seminari, laboratori e spettacoli sui temi della legalità e dell’impegno civile contro le mafie.

«Non ci sono vittime di serie A e vittime di serie B, parenti di serie A e parenti di serie B», ha precisato don Luigi Ciotti, aprendo la veglia di preghiera per le vittime di tutte le mafie. Tra le personalità istituzionali presenti, il presidente del Senato Pietro Grasso e la presidente della Commissione nazionale antimafia, Rosy Bindi. In prima fila, però, ci sono i circa 1.000 familiari delle vittime della criminalità organizzata, in tutte le sue forme. «I veri protagonisti oggi sono i loro nomi», ha detto il fondatore di «Libera» riferendosi all’ossatura portante della veglia: la lettura del lungo elenco delle vittime che hanno insanguinato l’Italia. «Vivere questo momento così intenso è già un grande dono che possiamo condividere insieme», ha detto don Ciotti. Alla veglia è presenta anche mons. Mariano Crociata, vescovo di Latina, dove domani si svolgerà la diciannovesima edizione della «Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie», promossa dall’associazione Libera e Avviso Pubblico.

“Il problema della mafia non è solo un problema criminale, è un problema sociale e culturale, che chiama in causa responsabilità pubbliche, spesso degenerate in poteri privati, e responsabilità sociali accantonate in nome dell’individualismo”. Un discorso dai forti toni di denuncia, quello pronunciato da don Ciotti salutando il Papa, al quale ha presentato un volto di “una Chiesa che interferisce, denunciando senza remore l’incompatibilità tra mafie e Vangelo. E che non dimentica che la denuncia seria, attenta, documentata è annuncio di salvezza, anche a costo della vita”. Come per don Pino Puglisi e don Peppino Diana, ma anche come Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. O come don Cesare Boschin, ucciso a Borgo Montello, nel Comune di Latina, dove si svolgerà la Giornata di domani. Don Ciotti ha letto gli ultimi nomi del lunghissimo elenco delle vittime, salutato da molti applausi, come quello tributato a Rosaria Schifani quando ha letto il nome di suo marito e degli altri agenti della scorta di Giovanni Falcone. “A tutte le vittime della violenza mafiosa, la nostra promessa d’impegno”, ha concluso il fondatore di Libera, accolto da un’ovazione dei presenti, tutti in piedi, che lo hanno lungamente applaudito.

“Amici, i vostri cari sono vivi!”. Con queste parole don Luigi Ciotti ha preceduto la lettura dell’elenco delle vittime di tutte le mafie, al centro della veglia di questo pomeriggio con il Papa. “Sono tutte vittime innocenti e di tutte vogliamo ricordare il nome”, ha esordito, ricordando che nell’elenco “ci sono anche 80 bambini, come Domenico Gabriele, Cocò e Domenico, ci sono persone che si sono trovate casualmente in mezzo a un conflitto a fuoco. Ci sono tanti giusti. Persone dalla parte di chi cerca e aiuta a cercare la libertà. Persone libere e leali, che non si sono lasciate piegare dalle difficoltà. In Italia, in Europa e nel mondo, come testimoniano oggi i familiari delle vittime dell’America Latina, che sono qui con noi. Le ricordiamo tutte perché lo spirito di giustizia e di verità che ha animato la loro esistenza è ancora vivo. Come tutte le vittime del terrorismo e del dovere, a cui stasera va il nostro pensiero”. Don Ciotti ha ricordato anche le vittime del lavoro, “perché un lavoro non tutelato, svolto senza le necessarie garanzie di sicurezza, è una violazione della dignità umana”. L’elenco continua con le “vittime degli affari sporchi delle mafie, le persone colpite da tumori in territori avvelenati dai rifiuti tossici”.

Vittime sono anche “quelle che hanno perso la vita per l’uso di droghe spacciate dai mercanti di morte, le migliaia di immigrati annegati nei mari o caduti nei deserti, le donne vittime della tratta e della prostituzione”. Ma “vittime sono anche i morti vivi”, ha ammonito don Ciotti, che ha esclamato: “Quante persone uccise dentro! Quante persone a cui la mafia ha tolto la dignità e la libertà, persone ricattate, impaurite, svuotate”. Perché “le mafie, la corruzione, l’illegalità, assassinano la speranza”. “Sono queste speranze che oggi vogliamo condividere”, ha assicurato il fondatore di Libera, denunciando come “in passato, e purtroppo accade ancora oggi, non sempre la Chiesa ha prestato attenzione a un problema di così enormi risvolti umani e sociali”, con “silenzi, resistenze, sottovalutazioni, eccessi di prudenza, parole di circostanza”. Ma, “per fortuna, anche tanta luce, tanta positività”: dal “grido profetico di Giovanni Paolo II dalla Valle dei Templi alle parole di Benedetto XVI rivolte ai giovani a Palermo: ‘Non cedete alle suggestioni della mafia, strada di morte’. Ma non basta”.

Per contrastare la mafia, «è necessario uno scatto da parte di tutti», per «ridare alle persone speranza, dignità e virtù», ha detto ancora don Luigi Ciotti, nella parte finale del suo saluto al Papa. Servono, ha detto, «politiche sociali, posti di lavoro, investimenti sulla scuola». Soprattutto, serve «una politica veramente al servizio del bene comune», ha affermato, salutato da un applauso. Oltre al «rafforzamento della confisca e all’uso sociale dei beni della mafia», per don Ciotti «occorre tutelare, incentivare il percorso coraggioso dei testimoni di giustizia, che antepongono la voce della coscienza ai rischi della denuncia». «Non si può essere cittadini a intermittenza», ha ammonito il sacerdote, «non si può essere cristiani da salotto, come ci dice Papa Francesco». Poi don Ciotti ha citato una frase di Saveria Antiochia, madre di una delle vittime del «martirologio» di oggi: «Quando ti uccidono un figlio, sparano anche su di te. Oggi hanno sparato su di me». «È come se avessero sparato su di noi, sentiamo che hanno sparato su di noi», ha commentato don Ciotti. «Il 21 marzo, primo giorno di primavera – il suo auspicio – si apra una primavera di giustizia, di speranza e di perdono». «Grazie di essere venuto!», ha detto al Papa.