Italia

Lavoro minorile: in Italia oltre 260 mila under 16, più di 1 su 20

Tra questi minori sono almeno 30mila i 14-15enni «a rischio sfruttamento che fanno un lavoro pericoloso per la loro salute, sicurezza o integrità morale – si legge nel rapporto -, lavorando di notte o in modo continuativo, con il rischio reale di compromettere gli studi, non avere neanche un piccolo spazio per il divertimento o mancare del riposo necessario». «Al di là dei numeri che descrivono un fenomeno non marginale e in continuità da un punto di vista quantitativo con gli ultimi dati che risalgono ormai al 2002 – ha osservato Raffaela Milano, direttore programmi Italia-Europa di Save the children, illustrando la ricerca alla presenza del ministro del lavoro Enrico Giovannini, del sottosegretario all‘Istruzione Marco Rossi Doria, del segretario della Cgil Susanna Camusso – l’indagine mette in evidenza come la crisi economica in atto rende ancora meno negoziabili le condizioni di lavoro dei minori, esponendoli ad ulteriori rischi».

 «Dalle voci dei ragazzi raccolte con la ricerca partecipata – ha proseguito Milano – emerge il forte legame tra lavoro minorile, disaffezione scolastica e reti familiari e sociali, che si trasforma in una vera trappola quando l’opportunità di soldi facili arriva a coinvolgere i minori in attività criminali».

Secondo l’indagine, si inizia a lavorare anche molto presto, prima degli 11 anni (0,3%), ma è col crescere dell’età che aumenta l’incidenza del fenomeno (3% dei minori 11-13enni) per raggiungere il picco di quasi 2 su 10 (18,4%) tra i 14 e 15 anni, età di passaggio dalla scuola media a quella superiore. Il lavoro minorile è più frequente al Sud; il 41° dei ragazzi lo svolge nella cerchia familiare.

Per Valerio Neri, direttore generale di Save the children Italia, «è necessario procedere tempestivamente all’adozione di un Piano nazionale sul lavoro minorile», incentrato anzitutto su «percorsi di inclusione sociale abbinati alla Carta Acquisti appena varata in via sperimentale» e che «prevedano la frequenza scolastica». Da Neri anche la richiesta di promuovere «il raccordo scuola-lavoro» e «le esperienze più professionalizzanti». Per i ragazzi in aree ad alta densità criminale la proposta di «aree ad alta densità educativa», basate sull’offerta attiva di opportunità e spazi qualificati per i più giovani, a scuola e sul territorio».