Italia

Migranti: Forti (Caritas), distruzione barconi «rischi troppo elevati in vite umane»

La missione navale per distruggere i barconi utilizzati dai trafficanti in Libia «può avere effetti collaterali» e «costi in vite umane», condannando migliaia di profughi in fuga «ad una condizione di limbo» sulle coste libiche, senza dare loro un’alternativa di salvezza: una nuova bocciatura dell’agenda europea sull’immigrazione, nel giorno delle ratifiche a Bruxelles, viene oggi da Oliviero Forti, responsabile dell’area immigrazione di Caritas italiana, che nei giorni scorsi al Migramed meeting a Tunisi con le Caritas europee, del Medio Oriente e Nord Africa aveva presentato una contro-proposta all’Ue (no all’esternalizzazione frontiere, sì a canali regolari d’immigrazione, aumento delle quote d’accoglienza e reinsediamenti). «I soldi investiti in queste azioni potrebbero essere spesi in altro modo», dichiara Forti al Sir. «Sorprende la velocità con cui l’Europa prende decisioni sugli interventi militari volti alla distruzione delle imbarcazioni, che potrebbero avere effetti collaterali che nessuno conosce – afferma -, mentre sta ancora discutendo su vicende molto più importanti come la responsabilità condivisa nell’accoglienza dei migranti». «Se si investe così generosamente su forme di contrasto all’immigrazione irregolare – afferma – vorremmo vedere altrettanta generosità nella ripartizione delle quote, sicuramente insufficienti rispetto alle persone che stanno arrivando».

Forti punta il dito contro i «rischi molto elevati» di una missione in Libia: «Non si sa bene cosa significa distruggere le imbarcazioni in luoghi in cui c’è una presenza diffusa di civili. Cosa comporterà nei fatti e quale sarà il rapporto costi-benefici, anche in vite umane? Spero siano state fatte tutte le valutazioni del caso». È di pochi minuti fa, inoltre, la notizia dell’uccisione di un migrante e un altro ferito con colpi d’arma da fuoco mentre erano in viaggio su un barcone: «Se le condizioni di sicurezza sono quelle a cui assistiamo oggi – dice – si fa fatica a pensare che queste azioni siano a costo zero. Dobbiamo ragionare più su come salvare queste vite piuttosto che su come sottrarre alle stesse la possibilità di raggiungere l’Europa. Se distruggiamo i barconi queste persone rimarranno comunque bloccate in Libia». Secondo Forti in questi giorni l’attenzione dell’opinione pubblica «è stata fortemente catalizzata su una vicenda come Ventimiglia che ha visto coinvolte poche centinaia di persone e non è stata messa invece in condizione di seguire il processo in corso: si distruggono le imbarcazioni per combattere i trafficanti senza però prevedere dei benefici di alcun tipo, condannandoli ad una condizione di limbo di Libia». Forti ribadisce il «no» della Caritas ai centri di identificazione in Libia: «Non ci sono le condizioni ambientali perché la situazione della sicurezza è fuori controllo».