Italia

Progetto per i bambini palestinesi ed ebrei

di Mauro Banchini«Che la malattia della Terra Santa vi si attacchi e possiate attaccarla a tanti altri». Ibrahim Faltas, parroco a Gerusalemme, saluta così un gruppo di pellegrini toscani che – guidati dal vescovo Rodolfo Cetoloni – hanno passato i primi giorni dell’anno nei luoghi di Gesù. Vengono da Bonistallo (Poggio a Caiano), ma anche da Fiesole, Prato, Montepulciano. Il viaggio – spiega il parroco, don Cristiano D’Angelo – avrebbe dovuto svolgersi in agosto, ma fu annullato per la guerra.

Le giornate sono più corte, le visite sotto la pioggia, c’è pure una mezza bufera sul lago di Tiberiade (compreso un incredibile arrembaggio della polizia, a centro lago, per verificare i documenti della barca. «La prima volta che mi capita», sorride padre Rodolfo) ma vuoi mettere il fascino di Betlemme con le Messe che, nella notte dei Magi, segnano ogni mezzora sull’altare della Mangiatoia?

Nella complessa situazione di questi luoghi – bene espressa dal muro armato ma anche dai fucili che vedi fra le mani di giovanissimi soldati israeliani («costa meno di una pistola e spara meglio», spiega una ragazza che ti trovi accanto, armata di fucile, sulla funivia in discesa da Masada) – in quel contesto, i pellegrinaggi sono una importante valvola per la debole economia locale. Anche da qui l’invito di padre Ibrahim che – com’era accaduto due giorni prima con Amjad Sabbara, parroco di Betlemme – offre spunti per capire il contesto.

Fede e cronaca vanno a braccetto, da queste parti. La Natività la trovi certo nella Grotta bloccata dalle vicende dello «statu quo» (dal 1870 le pareti annerite di quella grotta sono ricoperte da pannelli di amianto, peraltro deteriorati. Un materiale di morte che riveste la roccia della vita). Ma c’è Natività anche nelle vicine strutture di accoglienza, tenute da suore, per bambini abbandonati o malati: l’asilo e l’ospedale pediatrico. Colpisce sapere che ogni venerdì, dopo aver curato a prescindere dalla fede, le suore recitano il rosario proprio davanti al muro in cemento armato che avrà pure ridotto gli attentati, ma ha anche incattivito il rancore di chi ne subisce l’umiliazione. E colpisce sapere che sono state proprio infermiere musulmane a chiedere alle suore che venisse realizzato il presepio.

«La diversità è una ricchezza», commenta suor Ileana, di Grosseto ma con un chiaro accento veneto.Gli spazi della sofferenza li trovi nel Getsemani o sul Golgota, ma come dimenticare i bambini scalzi che a Gerico ti si affollano attorno per venderti chincaglierie? O le notizie sulla diffusione di droghe? O sapere che molti di quei bambini sono ricoverati proprio perché denutriti?«Attenzione – avverte padre Rodolfo – qui le cose hanno una complessità tale che più ti sembra di conoscerle e meno le conosci». Si resta sempre turbati dal constatare come nella terra di Cristo siano proprio i cristiani ad essere minoranza (a Gerusalemme, su un milione di abitanti, i cattolici sono 5 mila e altrettanti i cristiani delle altre confessioni). Pesanti i problemi. Lavoro e casa su tutti. Importanti le opere che francescani e altre comunità cattoliche stanno facendo in termini di promozione umana (il problema che adesso turba padre Ibrahim è come distribuire fra gli 800 richiedenti i 72 appartamenti realizzati a Gerusalemme dalla Custodia).

Tornano in Toscana, i pellegrini di Bonistallo, rafforzati nella fede e con voglia di fare. Padre Ibrahim ha un progetto di pace – dare ospitalità estiva a bambini palestinesi ed ebrei – che potrebbe risultare il frutto del pellegrinaggio. Lontano da casa, i più piccoli si rendono conto che possono anche parlarsi. Che il rancore non è l’unica strada su cui camminare. Che la fede può abbattere perfino i muri.